Le Sezioni Unite della suprema Corte di Cassazione, con la pronuncia n. 8236/2020, hanno contribuito ad acuire il contrasto con la giurisprudenza amministrativa in tema di
natura giuridica della responsabilità della pubblica amministrazione per lesione del diritto all'affidamento del privato. Sul punto, prima di analizzare nel merito l'articolato impianto argomentativo degli Ermellini, appare opportuno premettere un breve
excursus di carattere generale sul sistema delle fonti delle obbligazioni. Contrariamente al codice civile de 1965, il nuovo testo del 1942 si è ispirato in materia di fonti delle
obbligazione alle c.d
institutiones di Gaio. Nel dettaglio, le obbligazioni discendono dal
contratto, ex
art. 1321 del c.c., da fatto illecito, ex
art. 2043 del c.c. e da ogni altro
atto o fatto idoneo a produrle in conformità all'ordinamento giuridico (
art. 1173 del c.c.). Secondo l'opinione della dottrina, all'interno di tale categoria generale (ispirata alle c.d. varie causarum figurae di Gaio) rientrerebbero tutte quelle fattispecie non espressamente codificate ma idonee a produrre un rapporto obbligatorio tra i paciscienti. All'interno di tale
genus, la giurisprudenza ormai maggioritaria colloca anche il c.d.
contatto sociale qualificato; si tratta in particolare di un rapporto qualificato tra due soggetti (es. medico e paziente) che si caratterizza per l'affidamento di un soggetto più debole alle "cure" di un soggetto altamente qualificato tale che sorge, per effetto di tale contatto, un vero e proprio
rapporto giuridico parificabile ad una obbligazione. Sulla natura giuridica della obbligazione derivante da contatto sociale si è a lungo discusso e, alla fine, la giurisprudenza sembra aver aderito a quell'orientamento che ritiene inquadrabile il rapporto qualificato nell'alveo della responsabilità contrattuale, ex
art. 1218 del c.c., con tutto ciò che ne consegue in punto di
prescrizione ed
onere probatorio.
Ciò premesso, è possibile soffermarsi
decisum delle Sezioni Unite che calano la problematica del "contatto sociale qualificato" all'interno del rapporto tra il privato e la Pubblica Amministrazione. A tale uopo, le S.U. hanno stabilito che spetta al
giudice ordinario la giurisdizione in ordine alla domanda di risarcimento del danno derivante da lesione dell'
affidamento nella correttezza del mero comportamento della P.A., precisando che la natura giuridica della responsabilità della P.A. è
contrattuale da contatto sociale. Segnatamente,
le S.U. hanno ritenuto che la P.A. nello svolgimento della propria attività amministrativa e dunque nel perseguimento del pubblico interesse deve comportarsi non solo conformemente alle norme di dirittu pubblico ma anche a quelle generali dell'ordinamento civile, che impongono agli attori di diritto privato di agire con
correttezza ex art. 1175 del c.c.. La violazione di tali regole, cui anche la P.A. è tenuta ad obbligarsi, non da vita ad una invalidità provvedimentale ma alla responsabilità per la regola di condotta violata. Tale responsabilità, però, non può essere ricondotta nel paradigma
extracontrattuale in quanto la c.d.
responsabilità del passante non è idonea a leggere intimamente il rapporto tra P.A. e privato che invece rappresenta una fattispecie complessa idonea a fondare l'obbligazione della P.A. a comportarsi correttamente ed il corrispondente diritto di credito del privato a pretendere tale comportamento.
In punto di giurisdizione, l'inevitabile conclusione del ragionamento delle S.U. è la giurisdizione del giudice ordinario nel caso in cui il privato lamenti la lesione dell'affidamento serbato sulla correttezza della P.A. atteso che si tratta di un comportamento "mero" a cui non è riconducibile neanche l'ombra di un potere pubblicistico.