Le normative in esame introducono il principio di presunzione di responsabilità del vettore aereo per le ipotesi di mancato imbarco, cancellazione del volo o ritardo.
Da queste situazioni ben può prodursi un danno riconosciuto dall’ordinamento e risarcibile, qualificato come danno da ritardo o da mancato imbarco, per il cui ristoro è sufficiente che il passeggero provi l’esistenza di un valido contratto di trasporto, quindi, del titolo, o del biglietto di viaggio, o altro documento equipollente, e solamente alleghi l’inadempimento del vettore.
Quest’ultimo, di contro, si presume responsabile, salvo che riesca a fornire la prova di aver esattamente adempiuto la propria prestazione, ovvero che l’inadempimento è dipeso da cause eccezionali e assolutamente imprevedibili: il cosiddetto caso fortuito o la forza maggiore, cui non è possibile resistere.
La presunzione di responsabilità stabilita dalla legge è relativa, in quanto ammette la prova contraria che dovrà essere fornita, appunto, dal vettore.
Quest'ultimo ha a disposizione elementi quali l’orario ufficiale, i dati concernenti il volo e/o relativi alla sussistenza di alcuni problemi imprevedibili e inevitabili che si fossero verificati (es.: limiti imposti dalla torre di controllo all'atterraggio immediato per ragioni varie), informazioni che, invece, per ovvi motivi, non risultano nella disponibilità del passeggero (Corte di Cassazione, ordinanza n. 1584/2018).
Il vettore potrebbe liberarsi da responsabilità e, quindi, dai relativi obblighi risarcitori anche se dimostrasse che il ritardo in, quel determinato caso, è contenuto entro le soglie di rilevanza stabilite dall’art. 6, co. 1 del Regolamento CE n. 261/2004.
Peraltro, in assenza di ulteriori specifiche previsioni sull’onere della prova da parte della citata normativa, sarà necessario fare applicazione delle regole generali di diritto interno.
L’art. 1218 c.c. in tema di responsabilità contrattuale, prevede, allora, che sia sufficiente che il creditore alleghi l’esistenza del contratto adducendo l’inadempimento di controparte e che il debitore provi o di aver esattamente adempiuto la prestazione o che l’inadempimento, pur sussistente, è derivato da causa a sé non imputabile.
Ciò detto in tema di presunzione di imputabilità dell’inadempimento, prevista dalla legge a carico del vettore, preme evidenziare come ben possa accadere che, a seguito del ritardo, il passeggero subisca ulteriori danni.
Se, ad esempio, si tratta di professionista che abbia già fissato in determinati orari degli appuntamenti di lavoro, venuti meno proprio a causa del lamentato ritardo, questi potrebbe lamentare un danno alla propria immagine professionale e da perdita di occasioni di lavoro.
Come precisato dalla giurisprudenza (Corte di Cassazione, sent. n. 24547/2018) di recente, tali pregiudizi, in quanto danni-conseguenza, dovranno costituire oggetto di prova in ordine alla loro concreta esistenza, non essendo sufficienti delle allegazioni puramente generiche.
Qualora, dunque, gli impegni professionali che vengono meno a causa del ritardo del volo siano indicati in maniera generale, la prova dei danni lamentati, compreso anche il diritto alla lesione della propria immagine, non potrà ragionevolmente considerarsi raggiunta.