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La Regione è responsabile dei danni provocati da animali selvatici

La Regione è responsabile dei danni provocati da animali selvatici
La Regione è responsabile dei danni provocati dalla fauna selvatica, a meno che non dimostri il caso fortuito.
La Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7969/2020, di fronte al crescente problema degli incidenti stradali causati dallo scontro tra auto e animali selvatici, è tornata a pronunciarsi in ordine ai criteri di imputazione della relativa responsabilità, nonché all’individuazione dei soggetti, pubblici o privati, tenuti a risarcire i danni che ne derivino.

La questione sottoposta agli Ermellini nasceva dalla vicenda che aveva visto come protagonista un automobilista, il quale aveva citato in giudizio, dinanzi al Giudice di Pace, la Regione Abruzzo, al fine di ottenere il risarcimento dei danni riportati dal proprio veicolo a seguito della collisione con un cinghiale, avvenuta sulla strada pubblica.

Di fronte all’accoglimento delle istanze attoree in entrambi i giudizi di merito, la Regione convenuta ricorreva dinanzi alla Corte di Cassazione, eccependo la violazione e falsa applicazione degli articoli 1 e 9 della l. n. 157/1992, in materia di protezione della fauna selvatica e prelievo venatorio, nonché dell’art. 2043 del c.c., ritenendo che la sentenza impugnata avesse errato nell’individuarla come ente passivamente legittimato, sul piano sostanziale, a rispondere dei danni riportati dalla vettura dell’attore.

La Suprema Corte ha, tuttavia, rigettato il ricorso, confermando quanto statuito dalla sentenza impugnata.

Gli Ermellini, dopo aver evidenziato la sussistenza di diversi indirizzi giurisprudenziali in materia, hanno ritenuto opportuno affermare il principio di diritto per cui “ai fini del risarcimento dei danni cagionati dagli animali selvatici appartenenti alle specie protette e che rientrano, ai sensi della l. n. 157 del 1992, nel patrimonio indisponibile dello Stato, va applicato il criterio di imputazione della responsabilità di cui all'art. 2052 del c.c. e il soggetto pubblico responsabile va individuato nella Regione, in quanto ente al quale spetta in materia la funzione normativa, nonché le funzioni amministrative di programmazione, coordinamento, controllo delle attività eventualmente svolte - per delega o in base a poteri di cui sono direttamente titolari - da altri enti, ivi inclusi i poteri sostitutivi per i casi di eventuali omissioni (e che dunque rappresenta l'ente che "si serve", in senso pubblicistico, del patrimonio faunistico protetto), al fine di perseguire l'utilità collettiva di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema; la Regione potrà eventualmente rivalersi (anche chiamandoli in causa nel giudizio promosso dal danneggiato) nei confronti degli altri enti ai quali sarebbe spettato di porre in essere in concreto le misure che avrebbero dovuto impedire il danno, in quanto a tanto delegati, ovvero trattandosi di competenze di loro diretta titolarità”.

Sulla base, infatti, dell’art. 2052 del c.c., ricade sul danneggiato l’onere di allegare e provare che il danno subito sia stato causato da un animale selvatico. Egli deve, quindi, allegare di aver subito un danno e che lo stesso sia stato causato da un animale selvatico appartenente ad una specie protetta rientrante nel patrimonio indisponibile dello Stato. Lo stesso è, poi, tenuto a provare la dinamica del sinistro, il nesso causale tra il comportamento dell’animale e l’evento dannoso subito, nonché l’appartenenza dell’animale ad una delle specie tutelate dalla l. n. 157/1992 o, quantomeno, che si tratti di un animale rientrante nel patrimonio indisponibile dello Stato.

Al contrario, la prova liberatoria non può che gravare in capo alla Regione, la quale, ai sensi dell’art. 2052 del c.c., deve dimostrare che il fatto sia avvenuto in seguito ad un caso fortuito. L’ente, per liberarsi dalla responsabilità del danno cagionato dal comportamento dell’animale selvatico, deve, pertanto, dimostrare che la condotta di quest’ultimo si sia posta del tutto al di fuori della sua sfera di possibile controllo, come causa autonoma, eccezionale, imprevedibile ed inevitabile del danno e, dunque, che abbia avuto un’efficacia causale esclusiva nella produzione del danno.

Si dovrà, quindi, provare, concordemente al costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, che si sia trattato di un fatto che non era ragionevolmente prevedibile o, comunque, non evitabile, anche mediante l’adozione delle più adeguate e diligenti misure di gestione e controllo della fauna, concretamente esigibili in relazione alla situazione di fatto, purché sempre compatibili con la funzione di protezione dell’ambiente e dell’ecosistema, a cui la stessa tutela della fauna è diretta (cfr. ex multis Cass. Civ., n.6326/2019).

Ciò significa che la Regione sarà esente da responsabilità soltanto nel caso in cui dimostri che la condotta dell’animale, che sia stata provata dall’attore essere la causa del danno, non fosse ragionevolmente prevedibile o, quantomeno, che, anche se prevedibile, essa non avrebbe potuto essere evitata neanche attraverso le più efficaci misure di gestione e controllo della fauna selvatica e di cautela per i terzi.


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