Nel caso esaminato dalla Cassazione, la Corte d’appello di Bari, in riforma della decisione di primo grado, aveva confermato la condanna di un imputato per il reato sopra citato, condannandolo anche al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile nel primo grado di giudizio.
Nello specifico, l’imputato era stato dichiarato responsabile del reato di abuso d’ufficio “per aver più volte, nello svolgimento delle funzioni di ausiliario del traffico (…), in violazione delle norme di legge e/o di regolamento, elevato alcuni avvisi di accertamento attestanti la sosta dell'autovettura di V.V., in zona blu a pagamento senza l'esposizione del relativo "grattino", mentre invece detta vettura era munita di un regolare pass per disabili visibilmente esposto, procurando al V. un danno ingiusto”.
Ritenendo la decisione ingiusta, l’imputato decideva di rivolgersi alla Corte di Cassazione, al fine di ottenere l’annullamento della sentenza impugnata.
Secondo il ricorrente, in particolare, al momento dei fatti contestati, non era previsto da nessun atto del Comune che i portatori di handicap fossero esonerati dal pagamento del parcheggio, con la conseguenza che le multe comminate dovevano ritenersi pienamente legittime e nessun abuso poteva essergli addebitato.
La Corte di Cassazione riteneva, in effetti di aderire alle argomentazioni svolte dal ricorrente, accogliendo il relativo ricorso, in quanto fondato.
Osservava la Cassazione, infatti, la Corte d’appello, nel confermare la condanna dell’imputato, aveva fatto leva “sulla introduzione successiva ai fatti della norma che avrebbe equiparato i possessori di contrassegno per invalidi agli altri utenti per le soste al di fuori degli stalli a loro riservati” e “sulla nota del Comando di P.M. secondo la quale il contrassegno esonera nel Comune di (…) dal pagamento del tributo da parte dei possessori”.
Evidenziava la Corte, tuttavia, come, in effetti, al momento dei fatti contestati non fosse stata in vigore alcuna norma comunale che esonerasse i portatori di handicap dal pagamento del ticket per il parcheggio sulle strisce blu e come la sola attestazione della Polizia Municipale non fosse sufficiente “a fondare la violazione regolamentare a base dell' ipotizzato reato di abuso di ufficio ascritto al ricorrente”.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso proposto dall’imputato, annullando la sentenza impugnata.