Per tale ragione, giova esaminare i profili di responsabilità ravvisabili in capo a tali soggetti.
Dal punto di vista civilistico, il gestore del parco giochi è responsabile per eventuali danni che possono essere diretta conseguenza dell’uso dei giochi. La circostanza che i bambini siano sorvegliati dai genitori non è sufficiente, infatti, a escludere la responsabilità del gestore.
La responsabilità sarà esclusa solo se il danno sia imputabile:
a. esclusivamente all’omessa sorveglianza da parte dei genitori;
b. ad un fatto del tutto eccezionale tale da escludere il nesso di causalità.
Qualora il danno sia derivato dall’utilizzo del gioco (es. il gioco si rompe e ferisce il bambino) il gestore dell’area giochi è invece responsabile civilmente sensi dell'art. 2051 c.c.
Tale norma disciplina, infatti, la responsabilità da cose in custodia, stabilendo che ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.
La funzione della citata previsione, segnatamente, è quella di imputare la responsabilità a chi si trova nelle condizioni di controllare i rischi ad essa inerenti.
Sul punto è opportuno ricordare l’importante principio espresso dalla Suprema Corte con la sentenza n. 20415/2009 per cui “per escludere la responsabilità da cosa in custodia a norma dell’art. 2051 c.c., il custode ha l’onere di provare che l’evento è stato cagionato da fatto estraneo ad essa - che può dipendere anche dalla condotta colpevole di un terzo o della stessa vittima (c.d. fortuito incidentale) - del tutto eccezionale, sì da essere imprevedibile e perciò inevitabile”.
Secondo siffatto orientamento della Cassazione, pertanto, non qualsiasi uso improprio o anomalo della cosa in custodia configura il caso fortuito, perché, se la condotta concorrente del terzo nella causazione dell’evento non è assolutamente imprevedibile ex ante, persiste il nesso di causalità e pertanto la responsabilità del gestore, salva la limitazione ex art. 1227 c.c.
Il caso che nel 2009 era stato all’attenzione della Suprema Corte, in particolare, riguardava l’infortunio provocato ad un soggetto dallo scivolo sito in un parco giochi comunale. La vittima aveva convenuto in giudizio il Comune, custode, deducendo che, mentre aiutava il figlio a scendere dallo scivolo, a causa della mancanza di una vite, un dito della mano sinistra era rimasto impigliato nella lamiera e, conseguentemente, le era stato amputato.
Il Tribunale aveva dato ragione all’attore e aveva condannato il Comune a risarcirlo.
Tale sentenza era stata poi riformata dalla Corte d’appello in quanto non solo non era stata fornita la prova della mancanza della vita, ma anche si era accertato che la vittima si fosse inavvertitamente aggrappata ai tubolari sottostanti il piano in lamiera predisposto per la discesa: considerando raggiunta la prova dell’uso improprio, il Collegio aveva quindi escluso la responsabilità del Comune.
Avverso questo provvedimento era stato proposto ricorso in Cassazione, il cui esito è stato favorevole al ricorrente. La Suprema Corte ha infatti ritenuto che per escludere la responsabilità del custode del parco giochi non è sufficiente che questo provi le buone condizioni di manutenzione dello stesso e l'uso improprio del predetto gioco, essendo altresì necessario che il custode dimostri un utilizzo assolutamente inusuale e imprevedibile, tale da interrompere il nesso causale.
Sul punto, ci si chiede inoltre se il gestore del parco giochi possa tutelarsi consentendo l’accesso all’area solo a soggetti tesserati, dopo la sottoscrizione di un regolamento e di una manleva per il caso di danni.
Ebbene, va chiarito che la sottoscrizione di una simile clausola da parte degli utenti non consente al gestore di andare esente da responsabilità. L’art. 1229 c.c., infatti, stabilisce espressamente che è nullo qualsiasi patto che esclude o limita preventivamente la responsabilità del debitore per dolo o per colpa grave nonché qualsiasi patto preventivo di esonero o di limitazione di responsabilità per i casi in cui il fatto del debitore e dei suoi ausiliari costituisca violazione di obblighi derivanti da norme di ordine pubblico. Posto che un parco giochi ben può incidere anche sull’incolumità fisica degli utenti, può ritenersi che un’eventuale clausola di manleva violi norme di ordine pubblico.
Inoltre, art. 5 c.c., in materia di atti di disposizione del proprio corpo, va interpretato nel senso che è nulla qualunque pattuizione volta a limitare la responsabilità di chi incida sull’integrità fisica altrui.
Resta da chiarire, in conclusione, quali sono i profili di responsabilità penale connessi alla gestione di un parco giochi.
Sinteticamente, può sottolinearsi che il gestore di un parco, pur rudimentale che sia, assume una posizione di garanzia ex art. 40 comma 2 c.p. rispetto ai soggetti che lo frequentano. Ciò significa che questi è responsabile per ogni fatto di rilevanza penale che si verifichi a meno che non dimostri di aver adottato tutte le cautele per impedire il verificarsi di particolari eventi lesivi.
In particolare, va sottolineato che nel caso in cui il parco giochi non rispetti le normative di sicurezza UNI, non potrà ritenersi rispettata la diligenza richiesta per la prova liberatoria.
Circa l’eventuale operare della scriminante ex art. 50 c.p., infine, occorre segnalare che il consenso dell’avente diritto non può, per giurisprudenza costante, avere ad oggetto interessi giuridici di rilievo come integrità fisica o salute: eventuali lesioni, pertanto, non sarebbero sotto questo profilo scriminate.