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L’obbligo di assicurazione auto va esteso ad ogni spazio, anche al di fuori delle strade pubbliche o ad essere equiparate?

L’obbligo di assicurazione auto va esteso ad ogni spazio, anche al di fuori delle strade pubbliche o ad essere equiparate?
La Cassazione sull’obbligo RCA alla luce del principio comunitario “dell’utilizzo del veicolo in modo conforme alla sua funzione abituale”.
La Cassazione, terza sez. civile, con ordinanza interlocutoria n. 33675/2019, si è pronunciata in tema di obbligo RCA.
Nel caso di specie si era registrata la morte di un fanciullo, figlio degli originari attori. Il piccolo aveva perso la vita a causa della condotta imprudente del nonno, il quale lo investiva nell’area di pertinenza del proprio immobile, alla guida della vettura di proprietà della di lui figlia, zia del malcapitato. I genitori convenivano allora in giudizio la società assicuratrice del veicolo per il risarcimento dei danni sofferti a causa della morte del figlio. Il Tribunale respingeva le pretese attoree, sancendo che l’azione diretta nei confronti dell’assicuratore, prevista dal nostro ordinamento, non poteva esercitarsi nel caso concreto. Il sinistro, infatti, si era verificato non “in una via pubblica o ad essa equiparata per avervi accesso un numero indeterminato di persone”, ma in un cortile privato. La sentenza era, peraltro, confermata in secondo grado.
Ricorrevano in Cassazione i genitori del piccolo, deducendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 122, 144 del Codice delle assicurazioni private, del d.m. attuativo 1 aprile 2008, n. 86, nonché dell’art. 2054 del c.c., atteso che il Giudice di merito non avrebbe interpretato tali norme in un’ottica costituzionalmente orientata; ciò alla luce, in particolare, dell’interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia all’”acquis communitaire” relativo alla prima, seconda, terza e quarta direttiva comunitaria sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di assicurazione della responsabilità civile. Il Supremo Consesso, investito della cognizione di tale questione, ha ritenuto necessario una rimessione alle Sezioni Unite della Cassazione sulla base di un’articolata disamina; disamina frutto di un inevitabile approccio sistematico.

È stato, in primo luogo, premesso che, anche alla luce di univoca giurisprudenza di legittimità (Cass., n. 5111/2011) è riconosciuta azione diretta nei confronti dell’assicuratore alla vittima di un incidente, (solo) allorquando il sinistro si sia verificato su strade pubbliche o ad esse equiparate. Devono, inoltre, ricondursi a tale categoria le “aree private dove sia consentita la circolazione a un numero indeterminato di persone”.
La nozione di numero indeterminato di persone è integrata anche se, ai sensi della Cass. n. 10717/2018, le suddette persone appartengano a peculiari categorie e tale accesso avvenga per circoscritte finalità e a determinate condizioni. La pronuncia poc'anzi richiamata aveva ad oggetto una fattispecie relativa ad un cantiere, in cui l’acceso era “limitato” a coloro che vi lavoravano e a chi intratteneva rapporti commerciali con l’impresa. Va, in quest’ottica, presa in considerazione la c.d. “prima direttiva auto” (72/166/CE del Consiglio), il cui art. 3, paragrafo 1, deve essere interpretato nel senso che “rientra nella sua nozione di circolazione dei veicoli qualunque uso di un veicolo che sia conforme alla funzione abituale dello stesso” (Corte di Giustizia, 04/09/2014, causa C-162/13). Il controricorrente aveva sostenuto, appellandosi a tale precedente, che con tale decisione la giurisprudenza comunitaria intendesse circoscrivere la nozione di “uso del veicolo” e non dell’area in cui tale uso avviene.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha ricordato che “la nozione di circolazione, proprio perché oggetto della normativa comunitaria di settore, non può essere nella disponibilità dei singoli Stati membri, posto che né l’art. 1, né l’art. 3, paragrafo 1, della prima direttiva, né nessun’altra disposizione di questa o delle altre direttive in materia di assicurazione obbligatoria rinvia al diritto degli Stati membri per quanto concerne detta nozione. Ne deriva che, stante il mancato rinvio agli ordinamenti interni ed il riconoscimento del principio del primato del diritto comunitario, tale nozione deve essere oggetto in tutta l’Unione di una interpretazione coerente ed uniforme, frutto della ratio della normativa di cui è parte. La portata della nozione di cui si discorre può essere evinta sia dal tenore letterale del testo multilingue della suddetta norma, allorquando si richiami l’obbligo di assicurare la responsabilità civile risultante dall’uso o dal funzionamento del veicolo, a prescindere se tale uso o tale funzionamento intervengano in un contesto di circolazione stradale” (sebbene sussistano traduzioni letterali che sembrano implicare un obbligo assicurativo solo per gli incidenti avvenuti con circolazione su strada).

La ratio della norma richiamata (punto 49), desumibile anche dalla seconda direttiva “auto”, si muove nella direzione poc’anzi prospettata, perché l’intervento normativo è finalizzato alla tutela delle vittime d’incidenti causati da autoveicoli. Il precedente di cui sopra, dunque, è teso a perimetrare il concetto stesso di circolazione in funzione dell’uso del veicolo, e non meramente ad individuare quale uso del veicolo sia rilevante per la sussistenza dell’obbligo di una RCA.
La lettura della giurisprudenza sovranazionale da ultimo evidenziata, ha ricordato la Corte, è stata avallata dalle successive pronunce della Corte di Giustizia. Tra queste si ricorda Corte di Giust., grande sezione, 28/11/2017, causa C-514/16), secondo cui “la nozione di circolazione dei veicoli (art. 3, par. 1, prima direttiva) non è limitata ad ipotesi di circolazione stradale, ma che in tale nozione rientra qualunque uso di un veicolo che sia conforme alla funzione abituale dello stesso”.

I numerosi arresti comunitari, dunque, assurgerebbero ad una posizione di “acte clair”, non sussistendo alcun ragionevole dubbio circa il significato della disposizione da applicare, ciò anche alla luce dell’adozione della direttiva 2009/103/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, il cui testo risulta sovrapponibile alla “lettera” di cui sopra. Sembrerebbe che l’obbligo di assicurazione civile auto sia legato all’uso del veicolo quale mezzo di trasporto e non “al tipo di accessibilità della strada su cui questo avvenga”. Da qui deriverebbe, secondo quanto osservato dal Supremo Consesso, una “rivisitazione ermeneutica” dell’art. 122 del codice delle assicurazioni private e la disapplicazione della norma regolamentare di cui all’art. 3, co. 2, lettera a), del d.m. n. 86/2008. Ciò stante il dato che implica un obbligo assicurativo correlato “ad ogni uso del veicolo conforme alla sua funzione abituale”.
Il Supremo Consesso ha concluso la propria disamina, con contestuale interrogazione delle Sezioni Unite, chiedendo: “se l’art. 122 del codice delle assicurazioni private debba interpretarsi, alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, nel senso che la nozione di circolazione su aree equiparate alle strade di uso pubblico comprenda e sia riferita a quella su ogni spazio in cui il veicolo possa essere utilizzato in modo conforme alla sua funzione abituale”.


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