È stato, in primo luogo, premesso che, anche alla luce di univoca giurisprudenza di legittimità (Cass., n. 5111/2011) è riconosciuta azione diretta nei confronti dell’assicuratore alla vittima di un incidente, (solo) allorquando il sinistro si sia verificato su strade pubbliche o ad esse equiparate. Devono, inoltre, ricondursi a tale categoria le “aree private dove sia consentita la circolazione a un numero indeterminato di persone”.
La nozione di numero indeterminato di persone è integrata anche se, ai sensi della Cass. n. 10717/2018, le suddette persone appartengano a peculiari categorie e tale accesso avvenga per circoscritte finalità e a determinate condizioni. La pronuncia poc'anzi richiamata aveva ad oggetto una fattispecie relativa ad un cantiere, in cui l’acceso era “limitato” a coloro che vi lavoravano e a chi intratteneva rapporti commerciali con l’impresa. Va, in quest’ottica, presa in considerazione la c.d. “prima direttiva auto” (72/166/CE del Consiglio), il cui art. 3, paragrafo 1, deve essere interpretato nel senso che “rientra nella sua nozione di circolazione dei veicoli qualunque uso di un veicolo che sia conforme alla funzione abituale dello stesso” (Corte di Giustizia, 04/09/2014, causa C-162/13). Il controricorrente aveva sostenuto, appellandosi a tale precedente, che con tale decisione la giurisprudenza comunitaria intendesse circoscrivere la nozione di “uso del veicolo” e non dell’area in cui tale uso avviene.
La Corte di Cassazione, tuttavia, ha ricordato che “la nozione di circolazione, proprio perché oggetto della normativa comunitaria di settore, non può essere nella disponibilità dei singoli Stati membri, posto che né l’art. 1, né l’art. 3, paragrafo 1, della prima direttiva, né nessun’altra disposizione di questa o delle altre direttive in materia di assicurazione obbligatoria rinvia al diritto degli Stati membri per quanto concerne detta nozione. Ne deriva che, stante il mancato rinvio agli ordinamenti interni ed il riconoscimento del principio del primato del diritto comunitario, tale nozione deve essere oggetto in tutta l’Unione di una interpretazione coerente ed uniforme, frutto della ratio della normativa di cui è parte. La portata della nozione di cui si discorre può essere evinta sia dal tenore letterale del testo multilingue della suddetta norma, allorquando si richiami l’obbligo di assicurare la responsabilità civile risultante dall’uso o dal funzionamento del veicolo, a prescindere se tale uso o tale funzionamento intervengano in un contesto di circolazione stradale” (sebbene sussistano traduzioni letterali che sembrano implicare un obbligo assicurativo solo per gli incidenti avvenuti con circolazione su strada).
La ratio della norma richiamata (punto 49), desumibile anche dalla seconda direttiva “auto”, si muove nella direzione poc’anzi prospettata, perché l’intervento normativo è finalizzato alla tutela delle vittime d’incidenti causati da autoveicoli. Il precedente di cui sopra, dunque, è teso a perimetrare il concetto stesso di circolazione in funzione dell’uso del veicolo, e non meramente ad individuare quale uso del veicolo sia rilevante per la sussistenza dell’obbligo di una RCA.
La lettura della giurisprudenza sovranazionale da ultimo evidenziata, ha ricordato la Corte, è stata avallata dalle successive pronunce della Corte di Giustizia. Tra queste si ricorda Corte di Giust., grande sezione, 28/11/2017, causa C-514/16), secondo cui “la nozione di circolazione dei veicoli (art. 3, par. 1, prima direttiva) non è limitata ad ipotesi di circolazione stradale, ma che in tale nozione rientra qualunque uso di un veicolo che sia conforme alla funzione abituale dello stesso”.
I numerosi arresti comunitari, dunque, assurgerebbero ad una posizione di “acte clair”, non sussistendo alcun ragionevole dubbio circa il significato della disposizione da applicare, ciò anche alla luce dell’adozione della direttiva 2009/103/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, il cui testo risulta sovrapponibile alla “lettera” di cui sopra. Sembrerebbe che l’obbligo di assicurazione civile auto sia legato all’uso del veicolo quale mezzo di trasporto e non “al tipo di accessibilità della strada su cui questo avvenga”. Da qui deriverebbe, secondo quanto osservato dal Supremo Consesso, una “rivisitazione ermeneutica” dell’art. 122 del codice delle assicurazioni private e la disapplicazione della norma regolamentare di cui all’art. 3, co. 2, lettera a), del d.m. n. 86/2008. Ciò stante il dato che implica un obbligo assicurativo correlato “ad ogni uso del veicolo conforme alla sua funzione abituale”.