Come noto, il provvedimento con cui il giudice pone a carico del coniuge “economicamente più forte” l’obbligo di corrispondere all’altro un assegno mensile a titolo di contributo nel mantenimento del coniuge stesso e/o dei figli minorenni (o maggiorenni ma economicamente non autosufficienti), non è immodificabile in via assoluta, dal momento che possono sopraggiungere delle circostanze che suggeriscono una modifica in aumento o in diminuzione del suddetto assegno o, addirittura, la sua revoca.
In questo caso, il coniuge potrà agire per la “modifica delle condizioni di separazione”, ai sensi dell’art. 710 codice di procedura civile e il giudice dovrà valutare le condizioni economico-patrimoniali dei coniugi siano mutate e se tale mutamento giustifichi una revisione dell’assegno.
Occorre, tuttavia, prestare attenzione, perché può accadere che il coniuge cessi la propria attività lavorativa, o si liberi di parte del proprio patrimonio, proprio allo scopo di apparire meno abbiente e sottrarsi ai propri obblighi di coniuge e di genitore.
Nel caso esaminato dalla Corte, con la sentenza sopra citata, il marito aveva chiesto una riduzione dell’assegno di mantenimento da corrispondere alla moglie, in quanto era cessata l’impresa individuale di cui egli era titolare, con la conseguenza che le sue capacità economiche e lavorative dovevano ritenersi ridotte.
Mentre il Tribunale, in primo grado, accoglieva la domanda, la Corte d’Appello riformava la sentenza, ritenendo che il marito dovesse continuare a pagare l’importo a suo tempo stabilito.
Veniva quindi proposto ricorso per Cassazione.
La Corte di Cassazione, tuttavia, non ritiene di dover accogliere le istanze e infatti rigetta il ricorso e conferma la sentenza resa dalla Corte d’Appello.
La Cassazione ricorda che ai fini di ottenere una modifica delle condizioni di separazione, è necessario allegare e provare una “sopravvenuta modifica delle condizioni economiche dei genitori, tali da mutare il pregresso assetto patrimoniale tra essi e da incidere sul contenuto dell’obbligo di mantenimento, che deve essere proporzionale alle loro sostanze e capacità di lavoro”.
Tuttavia, nel caso di specie. Secondo la Cassazione, la Corte d’Appello aveva, del tutto correttamente, ritenuto e motivato che non vi era stata alcuna modifica nell’assetto patrimoniale tra i coniugi.
Infatti, dalle risultanze processuali, era emerso che il padre aveva effettivamente cessato la propria impresa individuale ma, contemporaneamente, la nuova compagna e convivente dello stesso, aveva “aperto una ditta individuale con lo stesso oggetto sociale di quella cessata”.
Inoltre, risultava anche che il marito aveva "venduto" alla propria nuova compagna, “un immobile di pregio”, costituito da un abitazione con giardino e piscina.
In sostanza, secondo la Corte, era palese che il marito avesse fatto far cessare la propria ditta individuale e che avesse venduto la villa con piscina, al solo scopo di sottrarsi al proprio obbligo di mantenimento.
Alla luce di tali circostanze, dunque, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso proposto dall'uomo, confermando la sentenza della Corte d’Appello che l’aveva condannato a continuare a corrispondere l’importo dell’assegno di mantenimento previsto, a suo tempo, in sede di separazione, in quanto le condizioni economico-patrimoniali dello stesso, non potevano dirsi mutate.