L'art. 572 del c.p. si fonda infatti sulla centralità che assume lo stabile vincolo affettivo ed umano volto a proteggere il minore da fenomeni di sopraffazione. È un reato abituale proprio, caratterizzato cioè da condotte di per sé lecite, ma che assumono carattere illecito in ragione del loro protrarsi. Le condotte lesive dell’integrità fisica, della libertà o del decoro, oppure degradanti, fisicamente o moralmente devono essere realizzate nei confronti di una persona della famiglia, di un convivente, ma anche di una persona che sia sottoposta all’autorità del soggetto agente o sia a lui affidata.
Con la pronuncia 22 giugno 2021, n. 24462, in relazione all'inattendibilità della dichiarazione della teste, gli Ermellini hanno evidenziato l'esigenza che la valutazione non debba mai sconfinare in osservazioni di carattere soggettivo. In particolare la Corte d'Appello aveva descritto la denunciante come teste astioso e calunniante verso il maestro, fornendo una interpretazione personale dei gesti violenti attuati dallo stesso nei confronti del figlio di 4 anni. I giudici non avevano, tuttavia, tenuto conto della valutazione sulla genuinità e spontaneità della narrazione. La Corte, quindi, ribadisce che la valutazione della prova testimoniale non può fondarsi su criteri esclusivamente soggettivi, così come il presunto astio della denunciante non può decretare l'inattendibilità delle dichiarazioni della denunciante.
La Corte di Cassazione si è poi opposta alla ricostruzione logico-giuridica proposta dalla stessa Corte d'Appello: le condotte contestate all'imputato potevano integrare il delitto ex art. 572 del c.p., anche se prive di abitualità, e quindi sporadiche, oltre che motivate da finalità educative. La manifesta illogicità della sentenza impugnata emerge proprio dalle registrazioni audiovisive documentano gesti di intollerabile violenza e gratuite vessazioni psicologiche che si reiteravano nella classe del maestro, se non quotidianamente, con cadenza costante.
Sul tema della cadenza, gli Ermellini hanno altresì ritenuto sussistente la violazione di legge poiché, pur essendo richiesta l'abitualità della condotta ovvero una serialità o una forma di reiterazione di comportamenti, non è legittimo negare tale nesso nel caso in cui vi sia una minima porzione quantitativa tra condotte maltrattanti e condotte lecite. Ciò in particolare nel caso in cui il reato potrebbe realizzarsi attraverso la ripetizione di gesti violenti o umilianti, ciascuno in sé di durata istantanea.
Tale tesi risulta del tutto infondata in diritto, proprio nell'ottica della funzione propria dell'educatore, non compatibile con la necessità di una comunicazione fisica e in ogni caso non scusabile per suddetti motivi. È stato, quindi, condannato l'uso della comunicazione fisica, tanto più nell'accudimento di bambini piccoli. Al contrario, un educatore, in situazioni in cui vi siano delle difficoltà di ambientamento dei bambini, ha il dovere di creare un ambiente il più possibile sereno e favorevole all'apprendimento e all'armonico sviluppo psico-fisico dei soggetti affidati alla sua cura.
La Corte così conferma e ribadisce la configurabilità del delitto di cui all'art. art. 572 del c.p., anche nei casi in cui non vi sia una manifesta abitualità, operando una valutazione più qualitativa che quantitativa del tempo e delle azioni. Sono, inoltre, state nettamente condannate le tesi relative alla necessità di una comunicazione fisica in luogo di quella verbale.