Tuttavia, sussiste una differenza sostanziale tra i casi menzionati. Infatti, l'INPS copre l'indennità di malattia, garantendo al lavoratore una retribuzione durante l'assenza, mentre l'INAIL si occupa dell’indennizzo a favore del lavoratore in caso di infortunio o malattia professionale.
Esiste però un limite temporale per queste assenze, oltre il quale la legge consente al datore di lavoro di risolvere il contratto. Infatti, sia l'INPS che l'INAIL hanno fissato il tempo massimo per le assenze, superato il quale il lavoratore perde il diritto all'indennità, garantendosi così all’azienda la possibilità di procedere al licenziamento.
Di norma, il lavoratore conserva il diritto al posto di lavoro durante la malattia: però, se le assenze superano un certo numero di giorni, non solo cessa l'erogazione dell'indennità, ma il datore di lavoro può procedere con il licenziamento.
Precisamente, quando scatta questo limite?
Secondo la normativa dell’INPS e dell’INAIL, l'indennità di malattia è erogata per:
- il 50% della retribuzione media giornaliera dal quarto al ventesimo giorno;
- il 66,66% dal ventunesimo al centottantesimo giorno.
L'indennità di malattia si interrompe decorsi 180 giorni nell'arco di un anno. Pertanto, il lavoratore ha diritto a 6 mesi all’anno di indennizzo; decorso tale termine, lo stesso non potrà più beneficiare di alcun sostegno economico.
Relativamente, invece, al periodo di conservazione del posto di lavoro, anche noto come periodo di comporto, è anch'esso determinato dai contratti collettivi e, generalmente, coincide con il limite di 180 giorni nell’arco di un anno previsto per le indennità INPS: esso vale sia per le assenze continuative che per quelle frammentate.
Per quanto riguarda l'infortunio sul lavoro, l'INAIL garantisce un'indennità pari al:
- 60% della retribuzione dal quarto al novantesimo giorno di infortunio;
- 75% della retribuzione dal novantunesimo giorno fino alla guarigione completa.
Tuttavia, il periodo di comporto per la conservazione del posto di lavoro è simile a quello della malattia, come confermato anche dalla Corte di Cassazione.
I giudici di legittimità, infatti, con l’ordinanza n. 11136 del 2023, hanno stabilito che le assenze dovute a infortunio sul lavoro o malattia professionale rientrano comunque nella definizione di infortunio o malattia prevista dall’art. 2110 del c.c..
Pertanto, se le assenze per infortunio o malattia superano i 180 giorni, il datore di lavoro può legittimamente risolvere il contratto, a meno che l'infortunio non sia stato causato dalla mancata adozione delle misure di sicurezza da parte del medesimo datore di lavoro: in questo caso, infatti, l’infortunio non è conteggiato nel periodo di comporto. Rimane comunque la possibilità, per il datore di lavoro, di provare l’effettiva applicazione di tutte le normative in materia di sicurezza sul lavoro.