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Chi è il legittimo proprietario delle opere e dei manufatti mobili realizzati su suolo demaniale dato in concessione?

Chi è il legittimo proprietario delle opere e dei manufatti mobili realizzati su suolo demaniale dato in concessione?
Il Consiglio di Stato chiarisce che i soggetti beneficiari della concessione del suolo demaniale restano proprietari dei manufatti ivi realizzati, stante la proprietà superficiaria sul suolo da questi vantata.
La sesta sezione del Consiglio di Stato, con sentenza n. 229 del 13 gennaio 2022, ha affrontato incidenter tantum la quesitone relativa al diritto di proprietà dei manufatti prodotti dal soggetto privato concessionario sul suolo demaniale: in altri termini, ci si chiedeva se questi fossero di proprietà dello Stato, in quanto apposti su suolo demaniale, ovvero se questi restavano di proprietà del privato concessore, il quale li aveva, a proprie spese, realizzati.

La questione non ha solo rilevanza teorica, considerando che spesso la pubblica amministrazione concede ai privati cittadini beni di natura demaniale (si pensi, ad esempio, alla concessione delle spiagge ai fini turistico ricreativi). In suddette zone i privati realizzano opere private, funzionali al corretto utilizzo del bene pubblico: dunque, necessario è definire a chi appartiene la proprietà dei suddetti manufatti, i quali, sebbene di matrice privata, restano comunque funzionali allo sfruttamento di un bene pubblico.

Si ricorda che, per l’occupazione del suolo demaniale, il privato devolve all’amministrazione un canone, commisurato secondo le disposizioni di cui all’art. 1, comma 251, punto 1, lett. b), L. 27 dicembre 2006, n. 296: quest’ultimo ricomprende, oltre alla concessione del suolo demaniale, anche la possibilità per il privato di costruire impianti di facile/difficile rimozione (per i quali, dunque, non sarà prevista la devoluzione di un canone ad hoc).

Tuttavia, in materia di proprietà dei manufatti costruiti dal privato sul bene demaniale, due erano gli orientamenti presenti in giurisprudenza.

Secondo un primo orientamento, alla scadenza della concessione demaniale, i beni ivi realizzati divenivano, ipso iure, di proprietà dello Stato (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 28 settembre 2012, n. 5123). Ciò in base al generale principio di accessione (art. 934 del c.c.), quale modo di acquisto della proprietà a titolo originario, in base al quale il proprietario della res immobile (in questo caso, lo Stato), incorpora ed acquisisce la proprietà di tutte le cose mobili ivi presenti, ovvero su questo realizzate e costruite. Si trattava, in particolare, di accessione gratuita (art. 49, R.D. 30 marzo 1942 n. 327), non essendo riconosciuto al privato alcuna tipologia di corrispettivo, ovvero indennizzo per le opere realizzate in via funzionale allo sfruttamento del bene demaniale concesso da parte della Pubblica Amministrazione.

Un secondo orientamento della giurisprudenza, invece, affermava che i beni mobili, realizzati dal privato sul bene immobile demaniale, restavano di proprietà di quest’ultimo sino alla effettiva cessazione del rapporto concessorio, e non, dunque, fino alla mera scadenza della concessione, la quale è soggetta (solitamente) ad automatico rinnovo. L’orientamento in esame, dunque, conferma il principio dell’accessione gratuita delle opere mobili a favore della Pubblica amministrazione come principio generale: tuttavia, suddetto fenomeno di acquisto della proprietà si verifica, secondo il suddetto filone, non al momento della scadenza del rapporto concessorio, bensì a partire dall’effettivo momento di cessazione del rapporto tra soggetto pubblico e privato cittadino beneficiario della concessione.

Ciò alla luce del fatto che le concessioni demaniali (specie quelle marittime) nella prassi vengono, oramai, tacitamente rinnovate prima della data di naturale scadenza della concessione (cfr., Cons. Stato, sez. VI, 2 settembre 2019, n. 6043): così che, il tacito rinnovo della concessione esclude, de facto, la configurabilità del fenomeno dell’ accessione gratuita del manufatto privato da parte della Pubblica Amministrazione, essendo che i manufatti in esame restano funzionali all’esercizio della attività privata sul bene demaniale (cfr., Cons. Stato, sez. VI, 17 febbraio 2017, n. 729; Cons. Stato, sez. IV, 13 febbraio 2020, n. 1146).
La sentenza in esame, sulla scia del suddetto secondo filone giurisprudenziale, enfatizza la penalizzazione che il fenomeno dell’accessione gratuita ha sulla posizione giuridica dei privati: questi ultimi, al fine di sfruttare il bene demaniale concesso dall’amministrazione, hanno effettuato ingenti investimenti economici, i quali non meritano di essere vanificati per la mera circostanza della scadenza del termine della concessione stessa. Di tal guisa, al fine di tutelare l’affidamento nutrito dal privato verso l’operato della Pubblica amministrazione, il fenomeno dell’accessione gratuita viene dal Consiglio di Stato fatto salvo (in quanto previsto e regolato dalla legge), ma tuttavia la sua decorrenza viene fatta partire dal momento della effettiva e reale cessazione del rapporto concessorio tra privato e pubblica amministrazione, e non a partire dalla mera scadenza.
Pertanto, secondo la pronunzia in esame, i manufatti “non amovibili” e le opere realizzate dai privati concessionari sulla superficie demaniale restano, per tutto il periodo della concessione (ossia, fino alla effettiva cessazione del rapporto), ai sensi dell’ art. 952 del c.c., di proprietà del privato, il quale vanta una proprietà di stampo superficiario


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