La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1750 del 24 gennaio 2018, si è occupata proprio di questa questione, fornendo alcune interessanti precisazioni sul punto.
Nel caso sottoposto all’esame della Cassazione, il Tribunale di Termini Imerese aveva dichiarato l’avvenuta risoluzione di un contratto preliminare di compravendita, condannando i promittenti venditori al rimborso dell’acconto percepito e delle migliorie effettuate.
Il Tribunale, in particolare, aveva ritenuto che il preliminare in questione avesse avuto ad oggetto, oltre che un terreno, anche l’immobile sullo stesso edificato, nonostante quest’ultimo non fosse stato espressamente menzionato nel contratto.
La Corte d’appello di Palermo, tuttavia, aveva riformato tale decisione, evidenziando che la promessa di vendita aveva avuto ad oggetto solamente “un terreno agricolo con annessa vasca di irrigazione” e che non sussisteva nessuna prova che la stessa avesse ricompreso, altresì, l’immobile oggetto di contestazione.
Ritenendo la decisione ingiusta, i promittenti acquirenti avevano deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.
Secondo i ricorrenti, in particolare, la Corte d’appello non avrebbe dato corretta applicazione all’art. 934 c.c., in quanto, in base a tale disposizione, “il contratto che non specifichi che con il suolo siano trasferiti anche manufatti comunque comprende anche questi”.
La Corte di Cassazione riteneva di dover aderire alle considerazioni svolte dai ricorrenti, annullando la sentenza impugnata.
Precisava la Cassazione, infatti, che la compravendita di un terreno su cui sia stata edificata una costruzione, per il principio dell’accessione, comporta il trasferimento anche di quest’ultima, a prescindere dal fatto che la stessa sia stata o meno menzionata nell’atto (a meno che il venditore, contestualmente alla vendita, non abbia costituito su di essa un diritto di superficie a favore proprio o di terzi).
Di conseguenza, secondo la Cassazione, una volta che si sia verificata l’incorporazione dell’immobile al terreno, laddove si proceda alla vendita del suolo, “il venditore può riservare a sè stesso o ad altri la proprietà del fabbricato soltanto costituendo formalmente sul terreno alienato un diritto di proprietà superficiaria ai sensi dell'art. 952 c.c.”.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso proposto dai promittenti acquirenti, annullando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte d’appello di Palermo, affinchè la medesima procedesse alle dovute valutazioni dei fatti.