Nel caso esaminato dalla Cassazione, la Corte d'Appello di Catanzaro, aveva accolto l'appello proposto dall'INAIL avverso la sentenza del tribunale di Crotone che aveva, a sua volta, accolto la domanda di un lavoratore, condannando l’INAIL “ad erogargli la rendita per inabilità permanente nella percentuale del 50%, a seguito di infortunio in itinere” (vale a dire, di infortunio occorso mentre il dipendente era al lavoro).
La Corte d’appello, in particolare, riteneva che non sussistessero gli estremi per procedere all’indennizzo del fatto, in quanto mancava “il requisito dell'occasione del lavoro, in quanto il sinistro stradale in oggetto si era verificato (…) mentre il lavoratore si trovava in permesso sindacale retribuito ed a seguito della sua partecipazione ad una riunione relativa ad attività sindacale, da egli svolta in modo episodico ed occasionale quale rappresentante sindacale”.
Secondo la Corte, in particolare, non poteva attribuirsi rilievo al fatto che la riunione cui aveva partecipato il sindacalista era “funzionale all'organizzazione dell'attività lavorativa da parte del datore di lavoro", in quanto, in tal modo, si finirebbe “per allargare impropriamente il concetto di ricollegabilità allo svolgimento dell'attività lavorativa estendendola a momenti ed occasioni in cui il collegamento non è diretto o indiretto, ma si rapporti solo ad una certa affinità di argomenti; affinità che non concretizza l'occasione di lavoro voluta dalla legge, che richiede un legame stretto, un'occasione materiale non limitata ad una somiglianza dei discorsi”.
Il lavoratore, ritenendo la sentenza ingiusta, proponeva ricorso per Cassazione, denunciando la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 1124/1965, “laddove la sentenza aveva negato la ricorrenza dell'occasione di lavoro in ipotesi di svolgimento di attività sindacale da parte del lavoratore, anche non in aspettativa, ma in permesso sindacale; male interpretando l'ordinanza n. 136/2003 della Corte Costituzionale”.
Inoltre, secondo il ricorrente, la Corte d’appello non avrebbe adeguatamente tenuto in considerazione che il lavoratore era “sicurista, incaricato di attuare le misure di pronto soccorso, prevenzione incendi, evacuazione dei lavoratori, gestione dell'emergenza nel cantiere ai sensi del D.Lgs. 19 settembre 2004, n. 626, art. 4, comma 5, lett. A” e che, pertanto, “si fosse recato alla riunione sindacale anche per conto dell'azienda in qualità di addetto alla sicurezza”, dal momento che “nel corso dell'incontro dovevano essere discusse anche problematiche attinenti alla sicurezza delle gallerie e dei cantieri”.
La Corte di Cassazione riteneva, in effetti, di dover aderire alle argomentazioni svolte dal ricorrente, accogliendo il relativo ricorso.
Secondo la Cassazione, infatti, “una volta accertato che la riunione fosse stata promossa dal datore di lavoro, presso la propria sede, ed avesse ad oggetto l'organizzazione dell'attività lavorativa”, la Corte d’appello avrebbe “errato nel negare la riferibilità della funzione espletata come sindacalista all'attività lavorativa; posto che la partecipazione di un lavoratore, ancorché in qualità di sindacalista ed in permesso sindacale, ad una riunione che attiene all'attività dell'impresa, non può certamente dirsi attinente ad interessi diversi, estranei o immeritevoli di tutela rispetto a quelli presidiati dalla tutela assicurativa”.
Di conseguenza, “la presenza del lavoratore lungo il percorso necessario per recarsi alla stessa riunione dal cantiere dove egli alloggiava, e viceversa”, doveva “ritenersi riferibile al lavoro” e “le lesioni riportate in conseguenza dell'incidente stradale” costituivano “infortunio in itinere, avvenuto in occasione del lavoro”.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso proposto dal ricorrente, annullando la sentenza di secondo grado e rinviando la causa alla Corte d’appello, affinché la medesima decidesse nuovamente sulla questione, in base ai principi sopra enunciati.