Secondo il Tribunale, infatti, il lavoratore, “nell'eseguire le operazioni di revisione del gruppo leveraggio cambio di un automezzo aziendale, era stato colpito da un bullone che si accingeva ad estrarre, riportando una cecità assoluta all'occhio sinistro e uno stress cronico moderato post-traumatico, con conseguente inabilità permanente del 37%”.
Avverso tale decisione, proponeva ricorso per Cassazione Poste Italiane, denunciando la violazione e falsa applicazione dell'art. 2087 codice civile, in quanto la sentenza impugnata aveva “ravvisato la responsabilità della società pur essendosi accertato che l'infortunio si era verificato sol perchè il lavoratore - operaio tecnico non aveva inforcato gli occhiali protettivi regolarmente fornitigli dall'azienda”.
In sostanza, secondo la ricorrente, il risarcimento non era dovuto, poiché il danno subito dal lavoratore doveva ricondursi all’esclusiva responsabilità di quest’ultimo, il quale non aveva indossato gli occhiali protettivi fornitigli.
Poste Italiane, dunque, appariva aver rispettato “sotto ogni aspetto il debito di sicurezza di cui all'art. 2087 codice civile”, dal momento che non era necessaria, nel caso di specie, “una particolare vigilanza del lavoratore durante l'operazione svolta (lo svitamento d'un bullone), di estrema semplicità”.
La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter aderire alle argomentazioni svolte dalla società ricorrente, rigettando il relativo ricorso.
Secondo la Cassazione, infatti, “la sorveglianza dovuta da datori di lavoro, dirigenti e preposti non deve essere ininterrotta e con costante presenza fisica del controllore accanto al lavoratore, ma può anche sostanziarsi in una discreta, seppure continua ed efficace, vigilanza generica, intesa ad assicurarsi, nei limiti dell'umana efficienza, che i lavoratori seguano le disposizioni di sicurezza impartite e utilizzino gli strumenti di protezione prescritti”.
Inoltre, la Cassazione evidenziava come tale obbligo di vigilanza subisca una “ulteriore attenuazione, in base ad un principio di ragionevole affidamento nelle accertate qualità del dipendente, in ipotesi di provata specializzazione dell'operaio munito di approfondita conoscenza d'una determinata lavorazione cui sia addetto da lungo tempo”.
Tuttavia, chiariva la Cassazione “tale mera attenuazione (…) non si identifica con la totale omissione di controllo (…) circa l'uso di lampade mobili e occhiali protettivi, controllo ancor più necessario viste le condizioni di insufficiente illuminazione dell'ambiente di lavoro”.
In sostanza, secondo la Cassazione, la società datrice di lavoro doveva ritenersi responsabile per il danno subito dal lavoratore, in quanto la medesima non aveva adeguatamente vigilato circa l’utilizzo degli occhiali protettivi da parte del lavoratore, a maggior ragione in considerazione del fatto che l’ambiente di lavoro era buio.
Alla luce di tali considerazioni, la Cassazione rigettava il ricorso, confermando la sentenza impugnata e condannando Poste Italiane al pagamento delle spese processuali.