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Incendi in Sicilia, ipotesi origine dolosa: quali conseguenze per chi appicca volontariamente un incendio?

Incendi in Sicilia, ipotesi origine dolosa: quali conseguenze per chi appicca volontariamente un incendio?
In questi giorni ci sono stati continui incendi dolosi nel sud Italia. Quali sono le conseguenze per chi appicca volontariamente un incendio?
La Sicilia continua a bruciare e, per le autorità locali, la molteplicità degli incendi divampati negli ultimi giorni lascia pensare che siano atti di origine dolosa.

Se questa ipotesi fosse confermata, saremmo dinanzi ad un vero e proprio reato.

Infatti, l’art. 423, comma 1 c.p. punisce colui che volontariamente provoca un incendio.

Occorre precisare che “causare un incendio” è punito, a prescindere dalla prova dell’esistenza di un pericolo in concreto per la collettività. Ciò perché il delitto di incendio è un reato di pericolo astratto: cioè, la legge presume che il pericolo sia già nel comportamento incriminato. Pertanto, affinché la minaccia all’incolumità pubblica si consideri realizzata, è sufficiente provocare un incendio.

In tal caso, l’autore del reato va incontro ad una pena che va dai tre ai sette anni di reclusione.

Ai sensi del comma 2 dell’art. 423 c.p., la stessa pena si applica anche nel caso di incendio della cosa propria, se dal fatto deriva pericolo per l’incolumità pubblica.
C’è da dire che, in questa ipotesi, il reato è di pericolo concreto: significa che l’esistenza del pericolo deve essere specificamente dimostrata nella vicenda concreta.

Peraltro, l’autore del fatto risponde anche civilmente della propria condotta colposa o dolosa, per i danneggiamenti causati dall’incendio. Infatti, l’art. 2043 c.c. obbliga al risarcimento colui che, intenzionalmente o solo per colpa, cagiona ad altri un danno ingiusto.
Si tratta di un’ipotesi di responsabilità extracontrattuale.
Colui che ha provocato l’incendio (anche involontariamente) è responsabile e dovrà risarcire i danni subiti dal danneggiato. Ciò a meno che egli non dimostri il caso fortuito: cioè, deve dare la prova che le fiamme derivano da un evento del tutto eccezionale ed imprevedibile.

Ancora, l’art. 423 bis c.p. punisce anche l’incendio boschivo, doloso o colposo.
Il comma 1 punisce chi provoca un incendio in boschi, selve o foreste. È prevista la pena della reclusione da quattro a dieci anni.
Il comma 2 punisce anche l’ipotesi in cui l’incendio boschivo è stato causato per colpa: cioè, non rispettando le regole di diligenza e cautela che chiunque dovrebbe osservare nei boschi per evitare che si provochino incendi. In tal caso, la pena va da uno a cinque anni di reclusione.
Ancora, le pene appena viste sono aumentate se dall’incendio deriva pericolo per edifici o danno su aree o specie animali o vegetali protette o su animali domestici o di allevamento, nonché un danno grave, esteso e persistente all’ambiente.

Pure in tal caso, l’autore dell’incendio risponderà del proprio comportamento anche civilmente: infatti, dovrà esserci il risarcimento non solo dei danni subiti e sofferti da terze persone, ma anche dei danni patiti dall’ente pubblico titolare del bosco.
Infatti, l’art. 826 c.c. precisa che i boschi e le foreste, se appartengono allo Stato o alle Regioni, fanno parte del patrimonio indisponibile dell’uno o delle altre. Invece, se i boschi e le foreste appartengono ai Comuni, essi fanno parte del loro patrimonio disponibile.
Il risarcimento nei confronti degli enti pubblici consiste nel pagamento delle spese di spegnimento e del danno al suolo e al sottosuolo, nonché i costi di rimboschimento nei luoghi in cui il danno non è persistente.


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