Nel caso esaminato dalla Cassazione, la Corte d’Appello di Messina, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva condannato l’imputato per il reato di violenza privata, di cui all’art. 610 del c.p., “perché, con violenza consistita nel mettere il piede in mezzo alla porta di ingresso dell’abitazione” della ex moglie, “le impediva di chiuderla”.
Avverso tale sentenza, l’imputato proponeva ricorso in Cassazione, osservando come non sussistessero gli elementi costitutivi del reato di violenza privata.
L’imputato, in particolare, osservava di essersi limitato a frapporre “un ostacolo nel momento in cui la ex moglie aveva cercato di chiudere la porta dell’abitazione, avendo egli manifestato di voler trattare questioni concernenti il figlio e, come tali, di interesse comune”.
La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di dover aderire alle argomentazioni svolte dal ricorrente.
Precisava la Corte, infatti, come il giudice di secondo grado avesse adeguatamente motivato la propria decisione, “ritenendo integrato il reato di violenza privata dalla condotta costituita dall’avere ostacolato la persona offesa – dato di fatto non smentito dall’appellante, mentre la predetta cercava di chiudere l’ingresso della propria abitazione”.
Tale condotta, infatti, secondo la Cassazione, integrava la fattispecie della violenza privata, di cui all’art. 610 c.p., in quanto risultava leso il bene giuridico protetto da tale norma, in considerazione della “coazione della libera volontà della persona offesa, dato che – ai fini della sussistenza del reato – il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l’offeso della libertà di determinazione e di azione, ben potendo trattarsi di violenza fisica propria, che si esplica direttamente nei confronti della vittima o di violenza impropria che si attua attraverso l’uso di mezzi anomali diretti ad esercitare pressioni sulla volontà altrui, impedendone la libera determinazione”.
Ribaditi tali principi, la Corte di Cassazione, tuttavia, si trovava costretta ad annullare ugualmente la sentenza di secondo grado, dal momento che il reato in questione risultava estinto per prescrizione.