L'imputata proponeva ricorso per cassazione articolando tre motivi: 1) violazione di legge in relazione agli artt. 624 e 625, comma 1, n. 7, c.p., perché non sarebbe stata ravvisabile l'aggravante della pubblica fede per essere stata posta in essere una sorveglianza specifica da parte degli addetti alla sicurezza; 2) violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo all'art. 54 del c.p., poiché l'"imprescindibile esigenza di alimentarsi" dell’imputata avrebbe integrato la scriminante dello stato di necessità; 3) violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 56, 624 e 625, comma 1, n. 7 c.p., in quanto il monitoraggio dell'azione furtiva, esercitato sia mediante sistemi di videosorveglianza sia attraverso la diretta osservazione da parte del personale, avrebbe escluso la consumazione del delitto di furto, che sarebbe dunque rimasto allo stadio del tentativo, come affermato peraltro dalle Sezioni Unite.
Riguardo al primo motivo, infatti, ha ricordato il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui sussiste l'aggravante dell’esposizione alla pubblica fede “nel caso in cui il soggetto attivo si impossessi della merce sottratta dai banchi di un supermercato, considerato che nei supermercati - in cui la scelta delle merci avviene con il sistema del self service - la vigilanza praticata dagli addetti è priva di carattere continuativo e si connota come occasionale e/o a campione, mentre l'esclusione dell'aggravante in questione richiede che sulla cosa sia esercitata una custodia continua e diretta”, che però era mancata nel caso in esame.