A tale proposito, occorre infatti ricordare che la norma di riferimento è l’art. 9 L. n. 898/1970, il quale al comma primo dispone che, qualora sopravvengano giustificati motivi dopo la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale in camera di consiglio può, su istanza di parte, disporre la revisione delle disposizioni relative alla misura e alle modalità dei contributi da corrispondere.
Tanto premesso, si può dar conto di quanto di recente precisato dalla giurisprudenza di legittimità circa i presupposti per la revisione dell’assegno. Ebbene, la Suprema Corte ha chiarito che ai sensi del citato art. 9 “il mutamento sopravvenuto delle condizioni patrimoniali delle parti attiene agli elementi di fatto e rappresenta il presupposto necessario che deve essere accertato dal giudice perchè possa procedersi al giudizio di revisione dell’assegno”.
Ciò chiarito, gli Ermellini hanno altresì aggiunto che non può costituire un elemento di fatto valorizzabile ai fini della revisione un sopravvenuto mutamento giurisprudenziale. Per la Corte, infatti, attribuire alla formula dei “giustificati motivi” un significato che includa anche una diversa interpretazione delle norme applicabili avvallata dal diritto vivente giurisprudenziale è un’operazione esegetica non percorribile.
I giustificati motivi sopravvenuti possono consistere, pertanto, soltanto in oggettivi mutamenti delle situazioni patrimoniali delle parti.
Il caso di specie, in particolare, aveva ad oggetto l’assegno divorzile (di €980,00) che era stato disposto a favore di una donna a seguito della cessazione degli effetti civili del matrimonio con l’obbligato. A seguito di una nuova convivenza instaurata dall’ex moglie, quest’ultimo aveva dunque presentato istanza di modifica delle condizioni di divorzio e di revoca dell’assegno.
Il Tribunale, tuttavia, aveva rigettato tale domanda e l’ex marito aveva proposto reclamo.
La Corte d’appello, dunque, aveva accolto il suddetto reclamo, ritenendo a) irrilevante che la convivenza della donna fosse già nota al reclamante alla data del precedente giudizio di revisione; b) non necessaria, in ossequio ad un nuovo orientamento giurisprudenziale, la prova della modifica in melius delle condizioni economiche dell’avente diritto per effetto della convivenza more uxorio stabile e continuativa.
L’ex moglie, pertanto, aveva proposto ricorso in Cassazione dolendosi, per quanto qui di interesse, della violazione dell’art. 9 L. n. 898/1970. Ritenendo fondato tale profilo dell’impugnazione, dunque, la Suprema Corte ha chiarito i confini della nozione di giustificati profili sopravvenuti.