A tali quesiti, ha di recente fornito risposta il Consiglio di Stato, con sentenza n. 2615/2022.
Nel corso della motivazione del citato provvedimento, nello specifico, i Giudici di Palazzo Spada hanno
- chiarito che clausole di questo genere sono legittime e possono essere inserite nel bando;
- ricordato il consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr. ex multis Cons. St. n. 7920/2020) secondo cui, per escludere un candidato dalle procedure selettive del tipo in questione, ritiene sufficiente la visibilità di un tatuaggio;
- precisato che è un fatto notorio, invero, che l'abbigliamento indossato segue i movimenti del corpo nello spazio e che con l’uniforme ‘corta' (come, ad esempio, è il completo con pantaloncino, destinato a scopi ginnici ovvero ad essere indossato a bordo di natanti) è più facile che parti scoperte del corpo possano scoprirsi ancora di più, rendendo visibili tratti di pelle non coperti.
Tutto ciò premesso, il Collegio ha chiarito che la commissione medica giudicatrice, nel corso della visita per l’idoneità psicofisica del candidato, deve verificare l’oggettiva visibilità di un tatuaggio, anche con riferimento all’ipotesi in cui si indossi l’abbigliamento d'ordinanza di misura ridotta e anche mediante il compimento di alcuni specifici movimenti da parte del candidato (come flessioni sulle gambe ovvero sedersi).
Nel trarre le conclusioni circa la visibilità del tatuaggio all’esito di questa prova, in particolare, la commissione – precisa il Consiglio di Stato – non compie alcuna ‘valutazione', limitandosi ad un “oggettivo giudizio d'ordine strettamente ‘tecnico'”, del tutto legittimo.
Il caso di specie, in particolare, vedeva protagonista un soggetto che aveva provato ad entrane nell’Arma dei Carabinieri ma era stato ritenuto non idoneo dal punto di vista psico-fisico in quanto presentava un grosso tatuaggio sulla coscia che fuoriusciva dai pantaloncini della tuta durante i movimenti.
L’interessato, dunque, si era rivolto al TAR chiedendo l’annullamento del provvedimento con il quale la commissione per lo svolgimento degli accertamenti psicofisici lo aveva ritenuto non idoneo nonché dei provvedimenti connessi, compreso il bando di concorso nella parte in cui prevedeva la non idoneità per il candidato che presenta tatuaggi visibili con ogni tipo di uniforme. Il ricorso, tuttavia, era stato rigettato.
Il candidato aveva dunque proposto appello innanzi al Consiglio di Stato, dolendosi – per quanto in questa sede di rilievo – dell’erroneità della sentenza di prime cure, che sarebbe violativa dell'art. 66 c.p.a nella parte in cui non considera che la commissione medica aveva fornito un parere non meramente ‘tecnico' ma ‘valutativo' e, come tale, non di sua competenza.
Ritenendo tale impugnazione infondata, il Consiglio di Stato ha dunque chiarito i principi sopra riportati.