Il Tribunale di Como, con la sentenza n. 75 del 18 gennaio 2016, ha fornito alcune interessanti precisazioni sul punto.
Nel caso esaminato dal Tribunale, una donna agiva in giudizio nei confronti di una società e della relativa compagnia assicurativa, al fine di vedersi risarciti i danni subiti a seguito della caduta dalle scale, poste all’interno dell’edificio in cui la società aveva sede.
L’attrice riferiva di essere rimasta “incastrata con il tacco in un rialzo della banda antiscivolo, cadendo rovinosamente e cagionandosi danni”.
Il Tribunale ricordava come la controversia rientri nell’ambito di applicazione dell’art. 2051 del c.c. (responsabilità da cosa in custodia), che configura un tipo di responsabilità di natura oggettiva o, comunque, per colpa presunta, “in quanto prescinde dall’accertamento dell’elemento soggettivo, salva la prova liberatoria del caso fortuito, che deve essere fornita dal custode”.
Ricordava il Tribunale, inoltre, come per “caso fortuito”, debba intendersi “non solo l’accadimento assolutamente eccezionale, imprevisto e imprevedibile, ma anche la stessa condotta del danneggiato, la quale, incidendo sul nesso di causalità, elidendolo, vale ad escludere la responsabilità ex art. 2051 c.c.”.
In altri termini, ciò significa che il custode è sempre responsabile dei danni cagionati dalla cosa che ha in custodia, salvo che questi riesca a dimostrare che il danno non è stato causato dalla cosa stessa ma da un mero “caso fortuito”, vale a dire, un evento imprevisto e imprevedibile, che sfugge alla sfera di controllo del custode; la stessa condotta del danneggiato può, in astratto, essere da sola idonea a causare il danno.
Precisava il giudice che, tale tipo di responsabilità ha la funzione “di far ricadere sul custode i danni causati dalla cosa, allorché tali danni scaturiscano da una concreta mala gestio del custode, con la conseguenza che una responsabilità ex art. 2051 c.c. non può essere invocata allorché la cosa rappresenti la mera occasione del danno”.
Ebbene, nel caso di specie, secondo il giudice doveva escludersi la responsabilità della società ex art. 2051 c.c..
L’attrice, infatti, aveva riferito di “aver trascinato il piede di riporto, inciampando con il tacco in un piccolo rialzo non visibile della banda antiscivolo, posta sulla parte terminale del gradino”.
Era stata, dunque, l’attrice stessa “a fornire la prova del caso fortuito, ex art. 2051 c.c., gravante sul custode”, in quanto “l’incedere per trascinamento del piede di riporto costituisce un atto estraneo alla cosa e interruttivo del nesso eziologico, perché da solo idoneo a provocare l’evento ed estraneo alla normale utilizzazione della scala”.
Alla luce di tali considerazioni, il Tribunale riteneva di dover rigettare la domanda risarcitoria proposta dall’attrice, condannando la medesima al pagamento delle spese di lite.