L’argomento questa volta riguarda l’eventuale risarcimento del danno al condomino (art. 2043 del c.c., art. 2051 del c.c.) che abbia subito delle lesioni cadendo accidentalmente dalle scale condominiali, le quali, a detta del danneggiato, non sarebbero state adeguatamente illuminate.
Il problema che si pone nel momento in cui venga avanzata una pretesa risarcitoria da parte di un soggetto danneggiato, è quello di accertare la sussistenza del “nesso causale”: occorre, quindi, accertare, se il danno si sia prodotto a causa del fattore dedotto dalla parte danneggiata. Se si accerta che il danno è conseguenza di quel determinato evento, può dirsi accertato il nesso di causalità, con conseguente fondatezza della pretesa risarcitoria.
Se, al contrario, il danno deve ritenersi riconducibili ad altri fattori esterni, la domanda risarcitoria andrà rigettata, venendo a mancare quel rapporto di causalità che la legge richiede ai fini risarcitori.
A seguito dell’istruttoria effettuata nel corso del processo era emerso che la donna, mentre stava scendendo le scale, stava chiacchierando col marito, con la conseguenza che non appariva scontato che il danno subito fosse da ricondurre alla scarsa illuminazione, piuttosto che alla disattenzione della condomina stessa.
La Corte di Cassazione, infatti, non riteneva di accogliere la domanda in quanto, dagli accertamenti effettuati in sede istruttoria nei precedenti gradi di giudizio, era emerso come la causa della condotta fosse da ricercarsi nel comportamento poco attento della donna, con conseguente assenza di colpa in capo al condominio.
Secondo la Corte, quindi, la disattenzione della condomina non giustificava il risarcimento del danno subito a seguito della caduta: la medesima, infatti, proprio a causa della scarsa illuminazione delle scale condominiali, avrebbe dovuto prestare maggiore attenzione, anziché distrarsi.
Nell’argomentazione della Corte, dunque, la disattenzione della donna avrebbe fatto venir meno il nesso di causalità tra scarsa illuminazione delle scale condominiali e danno subito dalla vittima, necessario al fine di poter affermare una responsabilità del condominio nei confronti della danneggiata.
Osserva la Corte, infatti, come il nesso di causalità nella causazione del danno non possa essere valutato in termini di mera probabilità statistica, dovendo lo stesso essere verificato in base ad un giudizio di “alta probabilità logica”, con la conseguenza che lo stesso potrebbe essere considerato esistente solo se si possa affermare che, in mancanza del comportamento che avrebbe dovuto essere tenuto, l’evento non si sarebbe verificato o si sarebbe verificato in un altro momento o, comunque, con conseguenze lesive di minore gravità.
Ricorda la Cassazione, inoltre, come in ambito civilistico il parametro per accertare la sussistenza del nesso di causalità sia diverso rispetto all’ambito penale, in quanto, mentre per quanto riguarda il diritto penale, il nesso di causalità può ritenersi sussistente quando si riesca a dimostrare che l’evento dannoso si è verificato a causa della condotta del soggetto con probabilità che si avvicina alla certezza (la causazione dell’evento a seguito di un determinato evento deve essere provata “oltre ogni ragionevole dubbio”), per quanto riguarda il diritto civile, il criterio è meno rigido, in quanto la riconducibilità dell’evento ad un determinato comportamento deve risultare in modo “più probabile che non”: quindi, deve risultare “più probabile che non” che il danno sia da ricondursi ad un determinato fattore.
In base a queste considerazioni, quindi, la Cassazione ritiene che il danno subito dalla condomina sia stato più probabilmente causato dalla disattenzione della medesima, piuttosto che dalla scarsa illuminazione delle scale condominiali, con la conseguenza che la medesima giunge alla conclusione di non ritenere sussistente la responsabilità del condominio e il diritto al risarcimento del danno nei confronti della danneggiata.
La disattenzione dimostrata dalla donna, infatti, si sarebbe configurata come fatto interruttivo del nesso causale nella determinazione del danno, in applicazione del criterio di accertamento della sussistenza del nesso causale, rappresentato, come detto, dalla regola del “più probabile che non”.