In particolare, la Suprema Corte ha affrontato la questione nell’ordinanza n. 20507, emessa a luglio scorso. La questione riguardava l’idoneità di un matrimonio di breve durata a giustificare l’erogazione di un assegno di mantenimento all’ex coniuge.
Nell’ordinanza, la Cassazione ha fissato i criteri che i Tribunali devono seguire per decidere se sussista o meno il diritto a godere di questo sostegno economico, evidenziando altresì che la brevità del matrimonio potrebbe, in alcune situazioni, escludere il diritto all’assegno di mantenimento.
La questione su cui si è pronunciata la Cassazione trae origine da un giudizio di separazione, all’esito del quale il giudice di primo grado aveva disposto che il marito dovesse pagare un assegno di 3.000 euro alla moglie.
Dinanzi a questa pronuncia, il marito ricorreva in appello, evidenziando che la durata del matrimonio era stata piuttosto breve, ovvero poco più di un anno. Inoltre, l’appellante lamentava che la moglie aveva lasciato la casa coniugale dopo pochi mesi di convivenza, ossia già nella primavera del 2017.
Tuttavia, nonostante tali circostanze, la decisione di primo grado veniva confermata anche dalla Corte di Appello, la quale fondava la propria decisione sulla disparità economica tra i due coniugi, considerata quindi come un fattore decisivo per la concessione dell’assegno. Infatti, mentre il marito possedeva un considerevole patrimonio immobiliare e un reddito elevato, la moglie aveva entrate ridotte.
Alla luce di ciò, l’uomo decideva di proporre ricorso in Cassazione. In particolare, il suo difensore argomentava che la breve durata del matrimonio non giustificava il pagamento dell’assegno di mantenimento. Inoltre, elemento essenziale - secondo la difesa del ricorrente - era la mancanza di una reale comunione di vita e di intenti tra i coniugi, dovuta proprio alla breve durata della convivenza. Ne derivava, quindi, l’assenza dei presupposti per l’erogazione dell’assegno di mantenimento.
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 20507, ha affermato che la durata limitata del matrimonio costituisce elemento idoneo ad influenzare la sussistenza o meno del diritto al mantenimento.
Precedentemente, la durata del matrimonio era un criterio impiegato soltanto per definire l’ammontare dell’assegno di mantenimento. Tale interpretazione però è stata superata negli ultimi anni, con riferimento ai casi in cui non si sia formata una effettiva comunione materiale e spirituale tra i coniugi. Tale elemento infatti costituisce, secondo la Cassazione, un requisito imprescindibile affinché uno dei coniugi possa richiedere e ottenere l’assegno di mantenimento.
Tanto premesso, secondo tale interpretazione, è chiaro che, in un matrimonio di breve durata come nel caso di specie, accompagnato altresì da una brevissima convivenza, non si può affermare che si sia sviluppato un legame affettivo e progettuale tra i coniugi. Ne discende l’impossibilità di ipotizzare la sussistenza di un diritto automatico all’assegno, in caso di separazione.
Ebbene, i giudici di legittimità hanno affermato che, affinché venga attribuito il diritto all’assegno di mantenimento, è necessario che tra i coniugi si sia formata una comunione di intenti, la c.d. affectio coniugalis. In altre parole, l’erogazione dell’assegno è subordinata alla nascita e al mantenimento di un legame affettivo solido e duraturo, basato su stima reciproca, fiducia e su un progetto di vita comune.
È chiaro, quindi, che l’orientamento della giurisprudenza è notevolmente cambiato. Infatti, precedentemente i giudici non consideravano la durata del matrimonio come un elemento essenziale per il riconoscimento o la negazione del diritto all’assegno di mantenimento. Negli ultimi anni, invece, l’approccio è cambiato, come dimostra proprio l’ordinanza in commento. Questo cambiamento si inserisce in un contesto giurisprudenziale più ampio, che tiene conto non solo degli aspetti economici del matrimonio, ma anche di quelli affettivi e relazionali.
Ne discende che non si guarda più soltanto alla situazione economica dei coniugi, cercando di agevolare quella del coniuge economicamente sfavorito, ma è necessario tenere conto anche della sussistenza di una affectio coniugalis, ossia un rapporto affettivo profondo e duraturo.
In mancanza di questo elemento, può essere negato il diritto all’assegno di mantenimento, come avvenuto nel caso di specie, ove la Suprema Corte ha ritenuto che proprio la breve durata del matrimonio e la brevissima convivenza tra i coniugi fossero elementi sufficienti a non riconoscere il diritto al mantenimento.