La vicenda riguardava l’accordo concluso in sede di divorzio tra due ex coniugi, attraverso il quale l’ex marito si obbligava a versare le spese per il
mantenimento delle due figlie maggiorenni per un ammontare di 700,00 e 500,00 euro mensili.
Successivamente, l’ex moglie aveva contratto un
nuovo matrimonio ed il nuovo marito aveva
adottato le figlie, provvedendo regolarmente al loro mantenimento. Per questo motivo, l’ex marito aveva proposto
ricorso al
tribunale chiedendo la revoca del contributo in favore di una delle due figlie e la riduzione dell’
assegno mensile dovuto all’altra, ottenendone l’accoglimento.
Avverso tale decisione veniva proposto
reclamo dinnanzi alla Corte d’
appello di Perugia, la quale lo accoglieva osservando che l’intervenuta
adozione ai sensi degli artt.
291 c.c. e seguenti non eliminava l'obbligo di mantenimento in capo al padre. L’ex marito proponeva perciò ricorso in Cassazione.
La Corte di Cassazione si è pronunciata con la sentenza n. 7555/2020, accogliendo il ricorso e cassando con rinvio il decreto impugnato. La Suprema Corte, in particolare, ha osservato che l’istituto dell’
adozione di persone maggiori di età, di cui agli artt.
291 ss. c.c., a causa soprattutto dell’evolversi della coscienza sociale, ha subito nel tempo molteplici interventi di riforma.
Vi è chi tende ad assimilare l’istituto dell’adozione di maggiorenni a quello dell’
adozione di minori, sul presupposto che la funzione dell’adozione, in generale, è quella di costituire oppure di riconoscere l’esistenza di una
famiglia; un altro indirizzo, invece, non ritiene assimilabili i due istituti, in quanto solo il secondo avrebbe lo scopo di ovviare a situazioni di
abbandono dei minori ed a fornirgli un’adeguata protezione: per questo motivo, sarebbe impossibile un’applicazione estensiva delle norme che lo regolano per disciplinare anche i casi di adozione di persone maggiorenni.
La Cassazione, nel caso in esame, ha deciso di accogliere l’indirizzo meno rigido, nell’intento di
privilegiare la formazione di nuovi nuclei familiari stabili e, soprattutto nei casi in cui l’
adottato sia già di fatto inserito in un contesto familiare, assicurare una piena legittimazione ad una realtà già esistente sul piano relazionale.
Chiaramente, non è possibile affermare che il nuovo marito,
adottante, abbia l'obbligo giuridico di mantenere i figli del nuovo coniuge, perché manca una norma impositiva in tal senso (infatti, non sempre può applicarsi l’art.
436 c.c., relativo all'obbligo agli
alimenti, che postula l'esistenza di uno
stato di bisogno). Allo stesso modo, non si può dire che il padre, ex coniuge, non sia più tenuto al mantenimento, poiché l’art.
300 c.c. prevede che l’adottato conservi tutti i diritti e i doveri verso la sua famiglia di origine, salve le eccezioni stabilite dalla
legge.
Tuttavia, laddove l’adottato maggiorenne si trovi inserito in un nuovo contesto familiare in cui l’adottante, nuovo coniuge del genitore, provvede continuativamente e regolarmente alle spese necessarie a far fronte alle sue necessità, questa situazione di fatto, sopravvenuta rispetto alla conclusione degli accordi intercorsi tra i genitori circa il suo mantenimento, non può essere sottratta all’esame del giudice nel momento in cui questi è chiamato a decidere sulla revisione delle condizioni di quel mantenimento.
Dunque, il
nuovo apporto economico offerto dall’adottante sicuramente andrà ad influire sulla determinazione (e sulla possibile variazione) dell’entità del mantenimento dovuto dall’ex marito, ma quest’ultimo sarà sempre per legge tenuto al mantenimento delle figlie, malgrado la loro
maggiore età e la loro successiva adozione.
Per questi motivi, in un caso come quello in esame, in cui sussiste, in capo all’ex marito, un obbligo di mantenimento nei confronti di
figli maggiorenni e non autosufficienti e questi siano stati adottati dal nuovo marito, che provvede continuativamente alle loro esigenze e necessità quotidiane, l’entità del mantenimento dovuto dall’ex marito può essere soggetta a
variazione in ragione del nuovo apporto economico fornito dall’adottante. Lo stabile inserimento dei figli nel nuovo contesto familiare costituisce, comunque, una circostanza di fatto che il giudice deve valutare ai fini della modificazione o meno della sola
entità del mantenimento, non della sussistenza in sé dell’obbligo.