Il caso che ha occupato la
Corte di Cassazione, che si è pronunciata con
ordinanza n. 21515 del 20 agosto 2019, riguarda il caso di una
clausola penale inserita, per il solo ritardo, in un
contratto di
appalto. In particolare, la Corte d’appello aveva ritenuto irrogabile la clausola penale soltanto per il ritardo eccedente i cinque mesi rispetto all’iniziale scadenza pattuita.
Come noto, l’art.
art. 1382 del c.c. prevede la possibilità per le parti di inserire nel regolamento contrattuale una clausola penale che liquidi preventivamente l’ammontare del
danno subito, senza necessità di provare il pregiudizio, per i casi di ritardo o di
inadempimento della
prestazione.
Tale clausola, inoltre, può essere
equitativamente ridotta dal
giudice allorché essa risulti “manifestamente eccessiva” con riguardo “all’interesse che il creditore aveva all’adempimento”.
Nel contratto di appalto di cui si tratta, le parti avevano appunto stipulato una clausola penale per il caso di adempimento tardivo della prestazione.
Tuttavia, nel corso dei lavori, è emerso come il committente abbia apportato
diverse modifiche e variazioni rispetto a quello che costituiva il progetto iniziale, dilazionando inevitabilmente l’
esecuzione della prestazione.
I giudici hanno affermato, a tal proposito, che è consolidato in giurisprudenza l’orientamento per cui allorquando il
committente abbia chiesto all’
appaltatore “notevoli ed importanti variazioni nel progetto”
vengono meno sia
il termine inizialmente stabilito, che la
penale pattuita per il ritardo, “per effetto del mutamento dell’originario piano dei lavori”.
Affinché la penale continui a conservare efficacia, affermano i giudici, è necessario che le parti fissino d’accordo un nuovo termine di adempimento.
Aggiunge ancora la Cassazione che, nel caso specifico, corretto è stato il ricorso del giudice allo strumento di cui all’art.
art. 1384 del c.c., ovvero la riduzione della clausola penale, poiché l’utilizzo dello strumento equitativo si rendeva indispensabile per operare un “congruo contemperamento degli interessi contrapposti”.
L’apprezzamento sull’eccessività dell’importo della penale, poi, rientra nella discrezionalità del giudice, il quale lo stabilisce secondo un suo prudente apprezzamento, basato sulle risultanze probatorie e su una "selezione delle fonti di convincimento", e non più censurabile in sede di legittimità.