Nel caso esaminato dalla Cassazione, la Corte d’appello di Venezia, aveva confermato la decisione di primo grado, con la quale era stata rigettata la domanda di annullamento di un testamento per dolo (artt. 591 e 624 cod. civ.).
L’interessato, ritenendo la decisione ingiusta, decideva di rivolgersi, quindi, alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.
Secondo il ricorrente, infatti, la Corte d’appello non aveva adeguatamente tenuto in considerazione il fatto che il testatore (nato nel 1906), dopo un’operazione chirurgica subita alcuni anni prima, aveva perso le proprie facoltà mentali e che il cugino - nominato erede esclusivo nel testamento - non aveva mai frequentato il testatore prima dell’operazione dalla quale erano scaturite tali conseguenze, cominciando a stargli intorno solo successivamente, proprio nella speranza di essere nominato erede.
Evidenziava il ricorrente, inoltre, che la Corte d’appello non aveva considerato nemmeno che il testatore, nell’ultimo periodo in cui era in vita, era soggetto ad allucinazioni ed era “facilmente suggestionabile e aggirabile”.
Secondo il ricorrente, inoltre, il testatore avrebbe avuto certamente bisogno di un aiuto fisico per scrivere materialmente il testamento, come si poteva rilevare guardando la scrittura.
Di conseguenza, secondo il ricorrente, le circostanze emerse in corso di causa e le condizioni fisiche e mentali del testatore dimostravano inequivocabilmente che il cugino nominato erede era presente al momento della redazione del testamento e aveva guidato la mano e la volontà del testatore stesso.
Il testamento, pertanto, doveva considerarsi radicalmente nullo.
La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter aderire alle argomentazioni svolte dal ricorrente, rigettando il relativo ricorso, in quanto infondato.
Osservava la Cassazione, infatti, che per poter affermare che una disposizione testamentaria è affetta da dolo e, dunque, nulla, non è sufficiente dimostrare una semplice influenza psicologica esercitata sul testatore, essendo necessario dimostrare la sussistenza di “veri propri mezzi fraudolenti” che, “avuto riguardo all'età, allo stato di salute, alle condizioni di spirito” del testatore, siano stati in grado di trarlo in inganno, inducendolo a disporre in un certo modo del proprio patrimonio ereditario.
Ebbene, nel caso di specie, secondo la Cassazione, la Corte d’appello aveva adeguatamente valutato il materiale probatorio a propria disposizione, giungendo correttamente alla conclusione di dover escludere la nullità del testamento, “mancando la prova del mezzo fraudolento”.
Il cugino ricorrente, infatti, aveva dimostrato solo le precarie condizioni fisiche e psichiche del testatore, ma non che questi fosse stato ingannato da colui che poi era stato nominato erede esclusivo.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dal ricorrente, confermando integralmente la sentenza emessa dalla Corte d’appello di Venezia e condannando il ricorrente anche al pagamento delle spese processuali.