La
sentenza n. 36392/2019 della VI Sezione Penale della
Corte di Cassazione traccia un solco importante in tema di rapporti patrimoniali tra (ex) coniugi, quale effetto diretto della non configurabilità nel caso di specie del
reato di cui all’art. 12-sexies, L. 898/70, come abrogato e recentemente confluito nella norma di cui all’
art. 570 del c.p..
Nella fattispecie concreta, la Corte di Appello di Brescia, riformando la sentenza di condanna emessa dal giudice
primae curae, assolveva l’
imputato per il capo di imputazione di cui sopra perché il fatto non costituiva reato.
Detto accordo sarebbe stato parte integrante del successivo divorzio tra le parti, sancito con sentenza n. 762/1991 dal Tribunale di Milano.
Alla luce di quanto verificatosi, l’imputato, per il tramite del suo difensore, ricorreva in Cassazione.
In tale sede si deducevano, quali motivi di ricorso, la violazione di legge e il vizio della motivazione, nonché il travisamento della prova. La Corte di Appello, in tale ottica, avrebbe omesso di assolvere con formula più ampia di quella effettivamente utilizzata, atteso che la sentenza di divorzio consensuale nulla prevedeva in tema di obbligazioni alimentari a favore della persona offesa e che le parti avevano provveduto, con due successive scritture private, a regolare le condizioni per il mantenimento della ex coniuge e la loro definitiva risoluzione.
L’imputato, quindi, andava assolto con la formula più favorevole “perché il fatto non sussiste”.
Il ricorso è stato ritenuto fondato dalla Suprema Corte sulla base delle ragioni che seguono.
Si è precisato, anzitutto, che le parti avevano effettivamente inteso regolare i loro rapporti con scrittura privata predisposta a margine della sentenza di divorzio del 1991, ma che questa era stata nuovamente sostituita con altra scrittura privata, con data 16 novembre 1995. In tale data era stata decisa la cessazione dell’obbligazione alimentare a carico dell’imputato qualora fossero state rispettate le seguenti condizioni: l’ex coniuge avrebbe dovuto vendere un immobile acquistato in precedenza dall’imputato e acquistarne uno di minor valore. Successivamente, avrebbe dovuto trattenere la differenza di denaro ottenuta per poi restituire gli importi versati sino ad allora a titolo di obbligazione alimentare.
Le pattuizioni indicate erano state effettivamente estinte, ragion per cui l’imputato veniva assolto, ma con formula meno favorevole. Risultato, questo, che travisava il dato probatorio prodotto in giudizio. Le parti, infatti, avevano manifestato una volontà negoziale (nell’accordo a margine di sentenza) finalizzata a costituire tempi e modalità di esecuzione del rapporto obbligatorio; volontà che poi è stata espressa nuovamente con un successivo accordo modificativo. L’accordo in questione è stato ritenuto pienamente capace di produrre effetti obbligatori e conforme ad ordine pubblico.
La disciplina negoziale era stata elaborata (con le due scritture private) “senza alcuna necessità di modificare o revocare statuizioni che in sede giurisdizionale non risultavano essere state pronunciate, poiché la sentenza di divorzio nulla aveva previsto in tema di obbligazioni alimentari”.
La Suprema Corte, disponendo l’
annullamento senza rinvio, ha precisato il principio secondo cui “
l’accordo transattivo relativo alle attribuzioni patrimoniali, concluso tra le parti ai margini di un giudizio di separazione o di divorzio, ha natura negoziale e produce effetti senza necessità di essere sottoposto al giudice per l’omologazione”.