(massima n. 1)
In caso di intervenuta ammissione del debitore al concordato preventivo con cessione dei beni, se il creditore agisce proponendo non solo una domanda di accertamento del proprio diritto, ma anche una domanda di condanna o comunque idonea ad influire sulle operazioni di liquidazione e di riparto del ricavato, alla legittimazione passiva dell'imprenditore si affianca quella del liquidatore giudiziale dei beni, quale contraddittore necessario. Questo principio, che muove dall'esigenza di coordinare la conservazione della legittimazione del debitore con la vigilanza del commissario giudiziale e la direzione del giudice delegato, non può essere esteso alle procedure di arbitrato rituale o irrituale, che si svolgono tra le parti identificate dall'atto negoziale. A tal fine è necessaria l'autorizzazione del giudice delegato per la decisione del debitore di non avvalersi del potere di opporsi alla procedura arbitrale che sia stata assunta dopo l'apertura della procedura di concordato. Infatti l'atto di accettazione della procedura arbitrale configura strumento idoneo a realizzare la ricognizione di diritti di terzi e va ascritto alla categoria degli atti di straordinaria amministrazione, pur costituendo attuazione di impegni assunti con atti negoziali precedenti. (Nella specie la sentenza confermata dalla S.C., che ne ha corretto la motivazione, aveva ritenuto inopponibile alla liquidazione giudiziale un lodo emesso dal collegio arbitrale per i licenziamenti dei dirigenti industriali, in quanto il credito era insorto in epoca successiva alla ammissione della procedura concorsuale e di conseguenza era necessaria l'autorizzazione prevista dall'art. 167 legge fall.).