Il ventaglio delle pronunce della
Corte Costituzionale è ampio e non si arresta alla dicotomia accoglimento-rigetto. Diverse da entrambe, anche logicamente, sono le sentenze di
inammissibilità con le quali si dichiara che non esistono i presupposti per vagliare la questione nel merito. Altra tipologia di pronunce è quella delle
interpretative con la quale la Corte non giudica la disposizione (il testo) bensì la norma (una delle possibili interpretazioni di quel testo) e che possono essere di rigetto o accoglimento a seconda che quella lettura consenta o meno di salvare la disposizione stessa. A volte la Consulta ritiene che solo parte della disposizione sia incostituzionale ed emette una pronuncia di
accoglimento parziale.
Categoria discussa è quella delle
sentenze manipolative con cui la Corte si pone quale fonte di diritto. Tra di esse, in particolare, spiccano le
additive con le quali si statuisce l'incostituzionalità di una disposizione nella parte in cui omette di dire qualcosa che doveva dire ovvero, in modo più blando, si enunciano i principi che il legislatore dovrà seguire per non incorrere in una successiva censura (
additive di principio). Analogamente a queste ultime le sentenze
monito richiamano l'attenzione del legislatore su profili di incostituzionalità e lo sollecitano a porvi rimedio; talvolta esse si configurano come sentenze di
legitimità provvisoria perchè la Corte condiziona il rigetto della questione alla modifica della disposizione.
Altresì, con le sentenze
sostitutive la Consulta censura una disposizione perchè contempla qualcosa di errato in luogo di ciò che dovrebbe prevedere. Infine, è importante considerare questa fondamentale differenza: solo le sentenze di
accoglimento, non quelle di
rigetto, sono vincolanti per ogni giudice. Pertanto, una disposizione dichiarata incostituzionale viene espunta dall'ordinamento mentre se l'istanza è respinta può essere riproposta.
In realtà la sentenza che dichiara il vizio può avere
effetto retroattivo in quanto è più corretto affermare che la disposizione censurata era illegittima sin dall'origine (v. art. 30 l. 11 marzo 1953, n. 87). Tuttavia questa retroattività può trovare la massima (potenziale) espansione solo se il vaglio cade su una
norma penale incriminatrice. Negli altri casi l'incostituzionalità soffre una serie il limite dato dai rapporti già definiti (ad esempio perchè prescritti o in giudicato). Invece la retroattività è importante rispetto al giudizio che ha originato al pronuncia (giudizio
a quo) perchè altrimenti il ricorrente perderebbe interesse a sollevare la questione nonchè per quelli che sono soggetti al vaglio di costituzionalità o possono diventarlo; infatti se così non fosse sarebbe violata l'eguaglianza (
3 Cost.) tra tali situazioni e quella di colui che ha sollevato la questione.
Oltre alle sentenze la Corte pronuncia anche
ordinanze. Di regola le prime vengono adottate ogni volta che viene deciso il giudizio posto alla Corte e, però, ciò non comporta che le ordinanze vengano adottate nelle ipotesi opposte. Sono usate, ad esempio, per decisioni istruttorie o cautelari ma non è possibile tracciare una linea di netta separazione tra i due ambiti. La disposizione di riferimento è l'art. 18 l. 11 marzo 1953, n. 87.