Cass. pen. n. 32173/2018
In tema di impugnazioni, a seguito dell'annullamento con rinvio della sentenza di condanna emessa all'esito del giudizio abbreviato per omessa applicazione della misura di sicurezza della confisca obbligatoria, il giudice di rinvio deve essere individuato, non nel tribunale di sorveglianza, ai sensi dell'art. 680, comma 2, cod. proc. pen., bensì nel giudice che ha pronunciato il provvedimento impugnato, secondo la previsione dell'art. 623, comma 1, lett.d), cod. proc. pen., attesa la non appellabilità della sentenza di condanna emessa all'esito del giudizio abbreviato.
Cass. pen. n. 50456/2017
In tema di impugnazione di misure di sicurezza, la richiesta di partecipazione all'udienza camerale d'appello dinanzi al Tribunale di Sorveglianza deve essere formulata personalmente dall'interessato, non potendo essere proposta solo dal suo difensore. (Fattispecie relativa a condannato straniero, raggiunto dalla misura di sicurezza dell'espulsione dal territorio dello Stato ex art. 16 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, che si era limitato ad avanzare richiesta di autorizzazione a rientrare in Italia per esercitare il proprio diritto di difesa ai sensi dell'art. 17 del medesimo d.lgs., poi rigettata dal Questore, mentre la richiesta di partecipazione all'udienza era stata presentata solo dal suo difensore).
Cass. pen. n. 9421/2010
Debbono ritenersi appellabili davanti al tribunale di sorveglianza, ai sensi dell’art. 680, comma 1, c.p.p., i provvedimenti in materia di licenze agli internati adottati dal magistrato di sorveglianza.
Cass. pen. n. 7641/2010
La sentenza di patteggiamento, che abbia omesso di statuire in ordine all'applicazione di una misura di sicurezza, non è appellabile al tribunale di sorveglianza ex art. 680 c.p.p., ma è ricorribile per cassazione. (Nella specie l'omessa applicazione riguardava la misura di sicurezza obbligatoria dell'espulsione dello straniero dal territorio dello Stato, prevista dall'art. 86 del T.U. Stup.).
Cass. pen. n. 6371/2006
L'attribuzione della competenza funzionale alla magistratura di sorveglianza in materia di misure di sicurezza personali e di accertamento della pericolosità sociale presuppone che l'impugnazione sia limitata alle sole disposizioni che riguardano le misure di sicurezza, mentre quando l'impugnazione riguarda anche altri «capi» penali della sentenza, ovvero altri «punti» della decisione pur afferenti allo stesso capo, riprende vigore la regola generale che attribuisce la competenza al giudice della cognizione sul merito. (Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto competente la Corte di appello a decidere in merito all'impugnazione che investiva integralmente i contenuti decisori della sentenza di proscioglimento, in riferimento ad un'istigazione a delinquere non accolta, con la quale era stata altresì applicata la misura di sicurezza).
Cass. pen. n. 3450/1996
In tema di misure di sicurezza personali la decisione pronunziata al riguardo dal giudice della cognizione, è impugnabile, ai sensi degli artt. 579 e 680 c.p.p., davanti al tribunale di sorveglianza quando la sentenza sia impugnata per la sola disposizione riguardante la misura di sicurezza personale ovvero quando l'impugnazione comprenda anche altri capi penali, davanti al tribunale del riesame, per le ordinanze ex artt. 312 e 313 c.p.p. (applicazione provvisoria di misure di sicurezza), e davanti alla corte d'appello per le sentenze.
Cass. pen. n. 948/1994
In tema di impugnazioni avverso provvedimenti in materia di misure di prevenzione, il richiamo, contenuto nell'ultimo comma dell'art. 4 della L. 27 dicembre 1956 n. 1423, alle norme del codice di procedura penale riguardanti la proposizione e la decisione dei ricorsi relativi all'applicazione delle misure di sicurezza va ora inteso come riferito all'art. 680 del codice vigente; e poiché detto ultimo articolo, al terzo comma, richiama a sua volta le disposizioni generali sulle impugnazioni, ne consegue che, in osservanza degli artt. 582 e 583 c.p.p., il ricorso in appello avverso provvedimenti in materia di misure di prevenzione va presentato e spedito non alla cancelleria della corte d'appello ma a quella del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato; e ciò a pena di inammissibilità, ai sensi dell'art. 591, primo comma, lett. c) c.p.p
Cass. pen. n. 266/1994
Il ricorso in appello avverso i provvedimenti in materia di misure di prevenzione deve, a pena di inammissibilità, presentarsi non alla cancelleria della corte d'appello (art. 640, terzo comma, c.p.p. abrogato) ma alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato (art. 582, primo comma, c.p.p. vigente); invero, l'indicazione di rinvio alle norme sulla proposizione e decisione dei ricorsi in materia di applicazione delle misure di sicurezza contenuta nell'art. 4, undicesimo comma, L. 27 dicembre 1956, n. 1423, va rapportata, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, alla disciplina contenuta nel nuovo codice di procedura penale la quale ha unificato il sistema delle impugnazioni (art. 680), opportunamente eliminando le peculiarità già imposte per i gravami in tema di misure di sicurezza (e di prevenzione) e stabilendo che pure in tali ipotesi vanno osservate le regole generali sulle impugnazioni.
Cass. pen. n. 4508/1992
In tema di impugnazioni avverso provvedimenti in materia di misure di prevenzione, il richiamo, contenuto nell'art. 4 comma undicesimo della L. 27 dicembre 1956, n. 1423, alle norme del codice di procedura penale riguardanti i ricorsi relativi all'applicazione delle misure di sicurezza è da intendersi ora riferito all'art. 680 del vigente codice di procedura. Ne consegue che, richiamando a sua volta, la detta ultima norma, al comma terzo, «le disposizioni generali sulle impugnazioni», deve ritenersi che, anche nella materia in questione, operi la regola secondo cui l'atto di impugnazione va presentato o fatto pervenire, a pena di inammissibilità, alla cancelleria del giudice a quo, ai sensi del combinato disposto dagli artt. 582 e 591 comma primo lett. c) c.p.p. e non, quindi, come avveniva in precedenza, in base all'art. 640 del codice abrogato, alla cancelleria del giudice ad quem.
Cass. pen. n. 2934/1992
In tema di misure di prevenzione, il richiamo contenuto nell'art. 4, undicesimo comma, L. 27 dicembre 1956, n. 1423 alle norme stabilite per la proposizione e la decisione dei ricorsi relativi all'applicazione delle misure di sicurezza va rapportato, a decorrere dal 24 ottobre 1989 — data della sua entrata in vigore — al codice di procedura penale vigente non potendosi far sopravvivere le disposizioni del codice di rito abrogato per effetto di norme di richiamo che, in relazione al sistema di nuova introduzione, hanno esse stesse subito modificazioni di oggetto e di riferimento. Il rinvio effettuato dal citato undicesimo comma dell'art. 4, L. n. 1423/1956 ora opera, perciò, non nei confronti del disposto di cui all'art. 640 c.p.p. abrogato, bensì nei confronti del disposto di cui all'art. 680 c.p.p. vigente; e, poichè siffatta disposizione ha inteso unificare il sistema delle impugnazioni eliminando le peculiarità già imposte per i gravami in tema di misure di sicurezza (e di prevenzione) e stabilendo che anche in tali ipotesi (ed in quelle di richiamo) vanno osservate le norme generali sulle impugnazioni, consegue che il ricorso in appello avverso i provvedimenti in materia di misure di prevenzione deve, a pena di inammissibilità, non più presentarsi alla cancelleria della corte di appello (art. 640, terzo comma, c.p.p. abrogato), ma alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato (art. 582, primo comma, c.p.p. vigente).
Cass. pen. n. 2552/1990
Ai fini dell'individuazione del giudice competente sulle impugnazioni in tema di misure di sicurezza, la distinzione va fatta non tra misure di sicurezza provvisorie e definitive (trattandosi di provvedimenti per loro natura provvisori e legati alla personale condizione del sottoposto), bensì tra misure di sicurezza disposte con sentenza o con ordinanza quali mezzi di provvisoria applicazione equiparati dal codice di rito alle misure cautelari personali. Se l'applicazione è disposta con sentenza, la competenza per il riesame spetta al tribunale di sorveglianza; se, invece, le misure non sono disposte con sentenza, competente è il tribunale della libertà, attesa l'equiparazione dell'applicazione provvisoria di esse alle misure cautelari personali.