La presente norma è stata inserita dall’art. 18 del D.lgs. n. 40 del 2 febbraio 2006 e disciplina l’ipotesi in cui, per decidere una delle controversie individuali di lavoro elencate all’
art. 409 del c.p.c., si renda necessario risolvere preliminarmente (
in via pregiudiziale) una questione relativa ad efficacia, validità o interpretazione di clausole di un contratto o accordo collettivo nazionale.
La possibilità di tale accertamento pregiudiziale non rappresenta una novità per l'ordinamento italiano, in quanto costituisce, in un certo senso, la generalizzazione dell'art. 64 del D.Lgs. 30.3.2001, n. 165, norma che, limitatamente al settore pubblico, aveva introdotto una particolare forma di accertamento preventivo sulla validità, efficacia ed interpretazione dei contratti collettivi nazionali, prevedendo l'emanazione di una sentenza non definitiva da parte del giudice di merito, impugnabile solo con
ricorso immediato per cassazione (proponibile anche dall'Aran), con automatica
sospensione del giudizio di merito.
La norma in esame ha, dunque, ripreso e generalizzato la suddetta disciplina, estendendola anche al di fuori del settore pubblico.
Si ritiene opportuno precisare che questa norma trova applicazione solo con riferimento ai contratti collettivi nazionali, con esclusione, quindi, di quelli aziendali o, comunque, di quelli con efficacia territoriale limitata; inoltre, essa non è neppure applicabile nei seguenti casi:
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nel corso di procedimenti arbitrali;
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nel caso di controversie promosse ai sensi dell'art. 28 dello st. lav.;
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ai contratti collettivi relativi al settore pubblico, per i quali vale ancora l'art. 64, D.Lgs. 30.3.2001, n. 165, disposizione che non può ritenersi implicitamente abrogata.
Sulla
questione pregiudiziale sollevata il giudice deve decidere con
sentenza, nella quale dovrà anche dare specifici provvedimenti relativi all’ulteriore
istruzione ovvero alla prosecuzione della causa; a tal fine dovrà anche fissare una successiva udienza, la quale non potrà svolgersi prima di 90 giorni.
E’ il caso di precisare che quella qui prevista non costituisce una pregiudizialità in senso tecnico, come quella delineata dall'
art. 34 del c.p.c., ma rappresenta, piuttosto, un mero antecedente logico alla decisione nel merito.
Per quanto concerne il requisito della
necessità, non è chiaro se il giudice abbia o meno un margine di discrezionalità o se, al contrario, sia obbligato a ricorrere alla decisione in via incidentale.
Si ritiene preferibile la soluzione intermedia, ossia quella secondo cui il giudice sarà tenuto a ricorrere al procedimento di cui alla norma in esame solo allorché la questione interpretativa del contratto collettivo sia "seria".
La sentenza che decide la questione pregiudiziale può essere impugnata soltanto con ricorso immediato per cassazione, il quale va proposto entro il termine di 60 giorni dalla comunicazione dell’avviso di deposito della sentenza.
L’esame della Suprema Corte si avrà anche se la decisione non definisca, neppure in parte, il giudizio sul merito, ciò che si pone in deroga a quanto previsto in linea generale dal nuovo terzo comma dell’
art. 360 del c.p.c., norma che non consente l’immediata ricorribilità per cassazione delle sentenze che decidono questioni insorte senza definire, neppure parzialmente, il giudizio.
Legittimati a proporre il ricorso per cassazione sono solo ed esclusivamente le parti del processo di merito, non essendo del resto configurabile nel settore privato un soggetto assimilabile all'Aran.
La produzione del testo integrale del contratto o dell'accordo su cui si basa il ricorso è considerata condizione di proponibilità del ricorso medesimo.
Il terzo comma disciplina le modalità di proposizione del ricorso per cassazione, sanzionando con l’
inammissibilità del ricorso stesso il loro mancato rispetto.
In particolare, si dispone:
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la notifica del ricorso alle altre parti;
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il deposito dello stesso presso la cancelleria del giudice che ha emesso la sentenza impugnata entro il termine di venti giorni dalla notifica.
E’ stato posto in evidenza che, nel fissare tale modalità a pena di inammissibilità, il legislatore avrebbe trasformato un onere procedimentale relativo al giudizio di primo grado in un motivo di inammissibilità del ricorso introduttivo di una distinta fase del giudizio, ovvero la fase impugnatoria.
Conclude la norma disponendo che dalla data del deposito il processo è sospeso.
L'automaticità della sospensione è motivata dalla particolare delicatezza delle questioni, la quale rende preferibile prevedere la sospensione del giudizio di merito, al fine di garantire sin da subito l'uniformità delle interpretazioni.
Secondo il disposto dell'
art. 146 bis delle disp. att. c.p.c., inoltre, in analogia a quanto già previsto dall'art. 64, D.Lgs. 30.3.2001, n. 165, è prevista la sospensione (facoltativa e non necessaria), dei processi la cui definizione dipende dalla medesima questione su cui è chiamata a pronunciarsi la Corte di Cassazione ai sensi della norma in esame.
Infine, per quanto concerne la
riassunzione del giudizio rimasto sospeso, disciplina applicabile sarà quella dettata dalle norme generali sul ricorso per cassazione.
In particolare, il termine per la riassunzione decorre, anche nei confronti della parte contumace, dalla data di
pubblicazione della sentenza di cassazione.