Cass. civ. n. 502/2017
Il modulo decisorio a trattazione mista, stabilito, per il procedimento di cognizione di primo grado, dall'art. 281 quinquies, comma 2, c.p.c., è stato esteso anche al giudizio di secondo grado, ancorché con una diversa articolazione endoprocedimentale, a seconda che il giudizio si svolga davanti al giudice monocratico (art. 352, comma 5, c.p.c.) o alla corte d'appello (art. 352, comma 2, c.p.c.), laddove la discussione orale - fissata per un’udienza stabilita con decreto presidenziale comunicato alle parti - segue alla concessione del termine sia per il deposito delle comparse conclusionali che per le repliche. In tale ultima ipotesi, nonostante la completezza delle difese scritte che caratterizzano l'assunzione del modello a trattazione mista davanti la corte suddetta, l'equipollenza tra i due moduli decisori e l'irrilevanza, ai fini dell'effettività del diritto di difesa, dell'omessa fissazione d'udienza, deve ritenersi che una volta stabilita con decreto l'udienza di discussione, l'omesso avviso ad una delle parti costituisce un “vulnus” insanabile all'esercizio del diritto di difesa - in quanto produttivo di un'oggettiva alterazione della parità delle armi - con conseguente nullità della sentenza.
Cass. civ. n. 22120/2016
La discussione orale della causa immediatamente dopo la precisazione delle conclusioni, giusta l'art. 281 sexies c.p.c., non è subordinata all'istanza di parte, mentre può risultare inibita qualora una di esse abbia richiesto lo scambio delle comparse conclusionali con fissazione di altra udienza di discussione.
Cass. civ. n. 20859/2009
Nel procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, costituisce corollario dell'art. 281 quinquies c.p.c. la regola dell'immutabilità del giudice davanti al quale vengono precisate le conclusioni, con conseguente necessità di rinnovazione di tale udienza ove vi sia una successiva sostituzione del giudice già designato. Il vizio che deriva dall'inosservanza di tale regola, però, non rientra nella fattispecie di cui all'art. 161, secondo comma, c.p.c., onde la relativa sentenza - ancorché affetta da nullità assoluta ed insanabile - è idonea a passare in giudicato; ne consegue che, ove il giudice d'appello rilevi detta nullità, è tenuto a decidere la causa nel merito, non potendo rimetterla al giudice di primo grado ai sensi dell'art. 354 del codice di rito.
Cass. civ. n. 13226/2005
In tema di deliberazione della sentenza nel procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, i due modelli alternativi di decisione, secondo lo schema della trattazione mista ovvero secondo quello della trattazione completamente scritta (i quali si differenziano perché nel primo, dopo lo scambio delle comparse conclusionali, non è previsto il deposito delle memorie di replica, ma, su richiesta di una delle parti, è possibile la fissazione di un'udienza per la discussione della causa), sono operanti anche nel giudizio di secondo grado avverso una sentenza del giudice di pace, con l'osservanza del maggior termine di sessanta giorni per il deposito delle comparse conclusionali e della sentenza. L'eventuale adozione d'ufficio della trattazione mista, non essendo suscettibile di ledere il principio del contraddittorio o il diritto di difesa, in quanto i due modelli sotto tali profili sono ritenuti del tutto equipollenti dal legislatore, si risolve in una irregolarità, in nessun modo sanzionata dall'ordinamento. (Nella specie la Corte Cass. ha ritenuto immune da vizi la sentenza pronunziata dal tribunale che, in sede di appello, aveva disposto, oltre al deposito delle memorie di replica alle comparse conclusionali, anche l'udienza di discussione, così ampliando, e non riducendo, le opportunità difensive delle parti).
Cass. civ. n. 9698/2003
Quando la decisione sia assunta dal tribunale in composizione monocratica ai sensi degli artt. 281 bis e seguenti c.p.c., difetta un momento deliberativo che assuma autonoma rilevanza, come nel caso della deliberazione collegiale disciplinata dall'art. 276 c.p.c. Ne consegue che, essendo la sentenza formata solo con la sua pubblicazione a seguito del deposito in cancelleria ex art. 133 c.p.c., esclusivamente a tale data, e non anche a quella diversa ed anteriore eventualmente indicata in calce all'atto come data della decisione, può farsi riferimento per stabilire se la causa sia stata decisa prima o dopo la scadenza dei termini previsti dall'art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie in replica e se dunque vi sia stata o no violazione dei diritti della difesa.