Cass. civ. n. 21748/2007
In tema di attività medico-sanitaria, il diritto alla autodeterminazione terapeutica del paziente non incontra un limite allorché da esso consegua il sacrificio del bene della vita. Di fronte al rifiuto della cura da parte del diretto interessato, c'è spazio - nel quadro dell'«alleanza terapeutica» che tiene uniti il malato ed il medico nella ricerca, insieme, di ciò che è bene rispettando i percorsi culturali di ciascuno - per una strategia della persuasione, perché il compito dell'ordinamento è anche quello di offrire il supporto della massima solidarietà concreta nelle situazioni di debolezza e di sofferenza; e c'è, prima ancora, il dovere di verificare che quel rifiuto sia informato, autentico ed attuale. Ma allorché il rifiuto abbia tali connotati non c'è possibilità di disattenderlo in nome di un dovere di curarsi come principio di ordine pubblico. Né il rifiuto delle terapie medico-chirurgiche, anche quando conduce alla morte, può essere scambiato per un'ipotesi di eutanasia, ossia per un comportamento che intende abbreviare la vita, causando positivamente la morte, giacché tale rifiuto esprime piuttosto un atteggiamento di scelta, da parte del malato, che la malattia segua il suo corso naturale.
Cass. civ. n. 10886/2004
Non essendo configurabile un intervento necessario o un parere obbligatorio del Pubblico Ministero nel procedimento, che si svolge nei modi di cui agli artt. 737 c.c. e ss., conseguente al ricorso dello straniero, titolare di permesso di soggiorno, avverso il provvedimento della Pubblica Amministrazione di diniego al nulla osta al ricongiungimento familiare (artt. 29 e 30, comma 6, del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, e succ. modif.), ed essendo del pari da escludere che l'impugnativa "de qua" riguardi lo stato e la capacità delle persone, deve negarsi al Procuratore Generale presso la Corte d'Appello la legittimazione a proporre ricorso per Cassazione avverso il decreto reso, in sede di reclamo, dalla Corte d'Appello.
Cass. civ. n. 2619/1973
Il principio del contraddittorio sancito dall'art. 101 c.p.c. è valido anche nei procedimenti di volontaria giurisdizione, ogni volta che sia identificabile un controinteressato. Pertanto il reclamo del P.M. diretto ad ottenere la sostituzione del tutore nominato all'interdetto dal giudice tutelare, deve essere proposto in contraddittorio col tutore stesso.
Cass. civ. n. 2239/1964
La comunicazione formale al P.M. del decreto del tribunale, autorizzante l'esercizio di una impresa da parte di un minore (art. 397 c.c.), ai sensi e per gli effetti degli artt. 740 e 741 c.p.c. può essere sostituita da equipollenti. Costituisce idoneo equipollente il fatto che il P.M. in occasione di altro provvedimento conseguenziale e successivo (di autorizzazione a contrarre mutuo) sia venuto a conoscenza ufficiale e certa (attraverso copia inviatagli di ufficio) anche del precedente decreto che autorizzava il minore allo esercizio dell'impresa, con la conseguente possibilità di impugnarlo nel termine dei dieci giorni successivi, decorsi i quali il decreto stesso, in precedenza non comunicato, è diventato efficace ai sensi dell'art. 741 c.p.c.