Corte cost. n. 50/2013
Per quanto riguarda le Autorità d'ambito, preposte alla programmazione ed alla gestione del servizio idrico integrato nel territorio delle Regioni, l'art. 2, c. 186-bis, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (L. finanziaria 2010), nel sopprimere le Autorità d'ambito territoriale, di cui agli artt. 148 e 201 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Codice dell'ambiente), ha stabilito che "le regioni attribuiscono con legge le funzioni già esercitate dalle Autorità, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza". Con la modifica del 2009, la legislazione statale ha inteso realizzare, mediante l'attuazione dei principi di cui sopra, una razionalizzazione nella programmazione e nella gestione del servizio idrico integrato, superando la precedente frammentazione. Perché ciò avvenga, è innanzitutto necessario che i soggetti cui sono affidate le funzioni abbiano una consistenza territoriale adeguata, ma è anche indispensabile che i piani d'ambito abbiano natura integrata e unitaria, in modo da realizzare l'efficienza, l'efficacia e l'economicità del servizio. Il rispetto dei principi di sussidiarietà, di differenziazione e di adeguatezza, richiamati dal sopra citato art. 2, c. 186-bis, della legge n. 191/2009, implica che non possa essere trascurato, nella prefigurazione normativa regionale della struttura e delle funzioni dei soggetti attributari dei servizi, il ruolo degli enti locali e che debba essere prevista la loro cooperazione in vista del raggiungimento di fini unitari nello spazio territoriale che il legislatore regionale reputa ottimale. Si deve ritenere, pertanto, che un organismo come l'assemblea dei sindaci (ASSI) ben si inserisca nell'organizzazione dell'ente regionale unitario, allo scopo di mantenere un costante rapporto tra programmazione e gestione del servizio su scala regionale ed esigenze dei singoli territori compresi nell'ambito complessivo dell'ERSI. Per tale ragione, la questione di legittimità costituzionale del c. 10 dell'art. 1 della L.R. n. 9 del 2011 (Abruzzo) non è fondata.
Corte cost. n. 128/2011
Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1-quinquies, del D.L. 25 gennaio 2010, n. 2 (introdotto dalla legge di conversione 26 marzo 2010, n. 42), sollevata in relazione agli artt. 117, terzo comma, e 119 della Costituzione, perché, prevedendo la soppressione delle Autorità territoriali d'ambito nel servizio idrico integrato (art. 148 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 - Codice dell'ambiente) e nel servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani (art. 201 del D.Lgs. n. 152 del 2006) per mere esigenze di risparmio di spesa, porrebbe un limite puntuale a una voce specifica di spesa che non rappresenta un rilevante aggregato della spesa di parte corrente. Infatti, la ricorrente muove dall'erroneo assunto che la disposizione censurata sia riconducibile alla materia del coordinamento della finanza pubblica, mentre invece la disciplina delle Autorità d'ambito territoriale ottimale rientra nelle materie della tutela della concorrenza e della tutela dell'ambiente, di competenza legislativa esclusiva statale. Tale disciplina attiene alla tutela della concorrenza, perché l'individuazione di un'unica Autorità d'ambito consente la razionalizzazione del mercato; attiene, allo stesso tempo, alla tutela dell'ambiente, perché l'allocazione delle competenze sulla gestione all'Autorità d'ambito territoriale ottimale serve a razionalizzare l'uso delle risorse e le interazioni e gli equilibri fra le diverse componenti della "biosfera" intesa "come "sistema" [...] nel suo aspetto dinamico". Lo Stato ha, pertanto, piena facoltà di disporre - come ha fatto con la norma impugnata - la soppressione delle Autorità d'ambito.
Corte cost. n. 249/2009
È inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 201, comma 6, e 203, comma 2, lettera c), del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, nella parte in cui imponendo una durata non inferiore a quindici anni per la gestione del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani da parte dei soggetti affidatari, si porrebbero in contrasto con l'obiettivo comunitario di tenere conto delle tecnologie più aggiornate e di utilizzare i metodi più idonei a garantire un alto grado di protezione ambientale e della salute pubblica. I ricorsi non danno conto dell'incidenza di tale violazione sulle sfere di competenza regionali. È inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. da 199 a 207 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, in quanto, nella parte in cui intervengono a disciplinare il servizio di gestione integrata dei rifiuti, non risulterebbero essere stati approvati a seguito di un coinvolgimento degli enti territoriali infra-statuali e dunque in violazione del principio di leale collaborazione. È, infatti, evidente la genericità della questione, non essendo individuate, nel coacervo delle disposizioni richiamate, le singole norme che incidono sulle competenze legislative regionali in riferimento alle quali sarebbe stata necessaria l'intesa.
Cass. civ. n. 17829/2007
La controversia relativa al pagamento dei corrispettivi di un contratto di appalto di pubblici servizi non rientra nella previsione di cui all'art. 33 del D.Lgs. n. 80 del 1998 come successivamente modificato, che attiene solo alle concessioni e agli affidamenti di pubblici servizi, ovvero ad attività provvedimentali relative al servizio stesso; al contrario, deve ritenersi applicabile il principio generale di cui all'art. 113 della Cost., per il quale la tutela dei diritti soggettivi va chiesta al giudice ordinario. (Fattispecie in cui la S.C. ha qualificato come appalto e non come concessione di pubblico servizio, il rapporto tra una società affidataria del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani ed assimilati ed il Comune dalla stessa convenuto in giudizio per accertare la illegittimità delle decurtazioni operate in suo danno; a detta qualifica la S.C. è pervenuta sia per il contenuto delle clausole convenzionali, sia per la considerazione che non si era realizzata alcuna delega traslativa di poteri dal Comune al privato, il quale non poteva pretendere alcun prezzo dagli utenti per il servizio prestato, sia, infine, facendo leva sulla definizione normativa delle concessioni di pubblico servizio di cui all'art. 30 D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163). (Regola giurisdizione).