(massima n. 2)
Gli atti di parte redatti, notificati o depositati in forma cartacea o sprovvisti di firma digitale dal 1° gennaio 2017, data di entrata in vigore del processo amministrativo telematico (PAT), non danno luogo a inesistenza, abnormità o nullità dei menzionati atti ma solo ad una situazione di irregolarità. Per mantenere intatte le finalità proprie del PAT ed impedirne la pratica elusione - che rischierebbe di tramutarsi in una fuga sistematica dalla forma digitale (con grave pregiudizio per le esigenze di correntezza della gestione informatica del processo amministrativo) - deve tuttavia ritenersi che, se il ricorso e il deposito sono irregolari perché non assistiti, il primo, dalla forma e dalla sottoscrizione digitale, il secondo, dalla modalità telematica, l'irregolarità che si verifica (diversa da quella per così dire "ordinaria") non può essere sanata dalla costituzione degli intimati in base allo schema divisato dalla norma sancita dall'art. 44, c. 3, c.p.a., e dunque il giudice amministrativo - ai sensi del c. 2 dell'art. 44 c.p.a. - deve, sempre e comunque, fissare al ricorrente un termine per la sua regolarizzazione nelle forme di legge. Tale termine, in quanto assegnato dal giudice (e in difetto di diversa previsione) è perentorio (art. 52, c. 1, c.p.a.). Alla sua mancata osservanza segue l'irricevibilità del ricorso. Si evidenzia che le summenzionate considerazioni sono formulate con riguardo agli atti di impulso di parte (ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, ricorso incidentale, motivi aggiunti, appello principale e incidentale, ecc.), ma, con gli adattamenti del caso, sono suscettibili di essere estese a tutte le fattispecie in cui un atto del processo - a partire dagli atti della parte intimata (il che, ad esempio, ha particolare rilievo nell'ipotesi regolata dall'art. 101, c. 2, c.p.a.), delle altre parti del processo, del giudice e dei suoi ausiliari - sia redatto in forma cartacea anziché in forma digitale.