La norma in esame costituisce una sorta di disposizione di chiusura della disciplina, esprimendo un fondamentale principio di protezione del
consumatore.
Essa sancisce la nullità di tutte le clausole contrattuali o patti aggiunti con i quali il consumatore rinunci ai diritti contemplati dal Capo del cod. cons. di cui questa norma fa parte o che comportano una limitazione di
responsabilità dell’operatore.
Sono altresì invalide le clausole, gli accordi o i patti che abbiano per oggetto o per effetto quello di consentire all’operatore di sottrarsi ad uno degli obblighi impostigli dalla disciplina in esame, così limitando le proprie responsabilità.
La previsione del “
Carattere imperativo delle disposizioni”, quale risultante dalla rubrica della norma, si pone perfettamente in aderenza con quanto previsto dall’
art. 143 del codice consumo, rubricato “
Irrinunciabilità dei diritti”, il quale dispone, appunto che “
I diritti attribuiti al consumatore dal codice sono irrinunciabili. È nulla ogni pattuizione in contrasto con le disposizioni del codice”.
Per quanto concerne la natura della nullità qui prevista, va detto che si tratta di c.d.
nullità di protezione, la quale può essere fatta valere esclusivamente dal consumatore.
Inoltre, per essa vale il disposto di cui al secondo comma dell’
art. 1419 del c.c., ovvero la sanzione della nullità è diretta a colpire le singole clausole ovvero i singoli patti aggiunti, non estendendosi all’intero
contratto; le clausole nulle saranno sostituibili di diritto dalla norma “imperativa” contemplata dalla disciplina in esame.
Il secondo comma introduce un criterio di attribuzione della
competenza territoriale speciale.
Si tratta di un’ipotesi di competenza inderogabile, il che comporta che in materia non sarà possibile una diversa pattuizione delle parti né possono valere gli altri criteri previsti dal
Codice di procedura civile.
Condizione essenziale perché la stessa possa farsi valere è che il consumatore abbia
residenza o
domicilio nel
territorio italiano.
Tale norma va posta in correlazione con il comma 2 lett. u) dell’
art. 33 del codice consumo, il quale prevede la vessatorietà di qualsiasi clausola che abbia per oggetto o per effetto quello di “
stabilire come sede del foro competente sulle controversie località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore”, con la differenza che mentre la competenza prevista dalla norma appena citata è derogabile, quella di cui alla presente disposizione non ammette deroghe.