La norma consente di riportare le informazioni relative ad un prodotto sia direttamente sull’esterno della confezione del prodotto (è questo, ad esempio, il caso dei prodotto in scatola) che su apposite e separate etichette (è questo, invece, il caso dei prodotti freschi, i quali possono essere confezionati in diversi modi).
La precisazione che le indicazioni prescritte devono figurare nel momento in cui i prodotti sono posti in vendita al
consumatore deve intendersi nel senso che fino a quando non si giunge alla fase della vendita al consumatore i prodotti possono circolare in Italia anche con la confezione predisposta nel Paese d’origine e, dunque, priva dei requisiti previsti dal Codice del Consumo.
Pertanto, quelle etichette che dapprima avevano la sola finalità di distinguere un determinato prodotto dagli altri, con il codice del consumo hanno assunto una importanza non indifferente per la
tutela dei singoli consumatori e nel rapporto tra consumatore e
professionista.
Una conferma di quanto appena detto nonché dell’importanza che oggi assumono le indicazioni da riportare obbligatoriamente sui prodotti si desume anche dalle pronunce giurisprudenziali registratesi al riguardo.
In particolare, in diverse occasioni sia la giurisprudenza di merito che quella di legittimità ha riconosciuto il diritto del consumatore a chiedere ed ottenere il risarcimento del danno, patrimoniale e non, facendo valere come elemento costitutivo dell'illecito la pubblicità ingannevole del prodotto, recante sulla confezione un'indicazione diretta a prospettarlo come diverso da come realmente è.
Al riguardo occorre porre in evidenza come la disciplina comunitaria relativa ai consumatori, pur avendo all'origine lo scopo di proteggere il corretto funzionamento del mercato, si sia gradualmente orientata verso la protezione di specifici interessi del consumatore (in particolare la
salute: si pensi alla direttiva comunitaria in materia di sicurezza dei prodotti e prodotti difettosi), fino ad individuarne i diritti e ad attribuire ad alcuni di essi natura fondamentale.
Il messaggio ingannevole risultante dalle indicazioni riportate su un prodotto lede, appunto, il diritto del consumatore alla libera determinazione intorno alla scelta ed all'uso del prodotto, in altri termini "ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso" (cfr. art.
21 codice del consumo, comma 2,).
In alcuni casi, poi, siffatta pubblicità può incidere sul diritto alla salute, costituzionalmente protetto e specificamente menzionato dal Codice del consumo tra i diritti fondamentali del consumatore.
Tant'è che "è considerata scorretta la pratica commerciale che, riguardando prodotti suscettibili di porre in pericolo la salute e la sicurezza dei consumatori, omette di darne notizia in modo da indurre i consumatori a trascurare le normali regole di prudenza e vigilanza".
Al di fuori dei casi di danno alla salute, in cui la tutela è piena ed incomprimibile, possono poi individuarsi dei casi in cui il consumatore ha diritto a lamentare anche una generica lesione del diritto all'autodeterminazione consumieristica, diritto che può essere tratto dallo stesso Codice del consumo che, all'art.
2, riconosce come fondamentali i diritti del consumatore ad una adeguata informazione e ad una corretta pubblicità, nonchè all'esercizio delle pratiche commerciali secondo principi di
buona fede, correttezza e lealtà.