Con questa norma viene stabilito quali devono essere le indicazioni minime e fondamentali da riportare sui prodotti destinati al
consumatore e messi in vendita sul
territorio italiano, tali da consentire allo stesso consumatore di valutare e scegliere in maniera consapevole (in assenza di chiarezza nelle indicazioni espressamente richieste, la vendita si considera impossibile).
Più precisamente, secondo quanto viene qui specificamente disposto, prodotti e confezioni devono almeno contenere i seguenti elementi essenziali:
- la categoria di
merce a cui appartiene il prodotto, dovendosi evitare di creare incertezze e fraintendimenti;
- nome,
ragione sociale o
marchio e sede legale del
produttore o di un importatore stabilito nell’
Unione europea (attraverso questi dati è possibile, ad esempio, contattarli in caso di reclami o azioni legali);
- il Paese di origine, qualora questo sia situato fuori dall’Unione Europea. In caso di prodotti che non siano di origine italiana, ma riportanti marchio, logo o dati del fabbricante o dell’importatore italiano, è necessario che il prodotto rechi un’appendice informativa (l’appendice consiste generalmente in un cartellino o in una targhetta applicata, la quale deve contenere una delle seguenti diciture:
prodotto fabbricato in ….; prodotto fabbricato in paesi extra UE; prodotto di provenienza extra UE; prodotto non fabbricato in Italia; prodotto importato da…);
- l’eventuale presenza di materiali o sostanze che possono arrecare danno all’uomo, alle cose o all’ambiente;
- i materiali impiegati ed i metodi di lavorazione ove questi siano determinanti per la qualità o le caratteristiche merceologiche del prodotto;
- le istruzioni, le necessarie precauzioni e la destinazione d’uso che un determinato prodotto deve avere, se utili per la sua fruizione e sicurezza.
Si intende così assicurare l’utilizzo corretto e sicuro di un prodotto, anche se in sé non pericoloso (un esempio che può farsi è quello del settore degli alimenti, ove tale obbligo si intende rispettato indicando la data di scadenza del prodotto).
Come si è detto prima, la norma in esame ha portata generale, essendo volta a garantire una “trasparenza” minima a favore dei consumatori, il che comporta che deve riconoscersi prevalenza ad ulteriori disposizioni più specifiche dettate per categorie di prodotti dalla normativa nazionale od europea (gli obblighi qui previsti vanno considerati come degli
standards di carattere generale, nel senso che sono richiesti per tutte quelle tipologie di prodotti per i quali non sono previste apposite disposizioni nazionali o comunitarie complementari o sostitutive).
Un esempio di disposizioni specifiche è quello che riguarda l’etichettatura dei prodotti alimentari, la quale è appunto regolata sia in ambito comunitario che italiano con norme specifiche.
Quando si parla di etichettatura alimentare ci si riferisce all’insieme delle menzioni, delle indicazioni, dei marchi di fabbrica o di commercio, delle immagini o dei simboli che si riferiscono al prodotto e che devono essere riportate direttamente sull’imballaggio o su un’etichetta o sul dispositivo di chiusura o su cartelli, anelli o fascette legati al prodotto stesso.
Sull’etichetta occorre obbligatoriamente elencare tutti gli ingredienti che compongono un determinato prodotto, i quali devono essere ben individuabili e devono essere elencati in ordine decrescente (ciò significa che al primo posto va indicato quello presente in quantità maggiore, per finire con quello presente in quantità minore, in modo da dare un’idea chiara della composizione del prodotto); naturalmente, nel caso di alimenti composti da un solo ingrediente non è necessaria alcuna specificazione, in quanto si può chiaramente desumere dalla stessa denominazione del prodotto (è questo il caso del latte o dell’olio).
Altro elemento che deve contenere l’etichetta di un prodotto è la quantità netta, al netto della tara, mentre nel caso di prodotto alimentare solido ma che viene venduto immerso in liquido, deve essere indicata anche la quantità di prodotto sgocciolato.
Infine, per ciò che concerne la durata del prodotto, è obbligatoria l’indicazione del termine minimo di conservazione e della data di scadenza; si tenga presente che il termine minimo di conservazione non impedisce la commerciabilità del prodotto anche dopo il suo superamento, purchè il commerciante fornisca una esplicita informazione al riguardo, ad esempio con un apposito cartello.
Assolto tale obbligo di informazione, si realizza un passaggio di
responsabilità dal fabbricante al rivenditore commerciale circa l’attuale commestibilità e validità nutrizionale del prodotto alimentare.
A differenza del “termine minimo di conservazione”, la “data di scadenza” deve intendersi come termine ultimo di “commerciabilità” del prodotto.
L’obbligo di indicare la scadenza non sussiste per specifiche categorie di prodotti, quali ad esempio gli ortofrutticoli freschi, i vini, le bevande con contenuto di alcool pari o superiore al 10% in volume, le bevande analcoliche, i succhi ed i nettari di frutta, i prodotti di panetteria e pasticceria che vengono consumati entro le 24 ore dal momento della fabbricazione, ecc.
Solo su pochi prodotti, invece, viene riportata la data di produzione, e ciò perché la legge non la richiede espressamente.