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Articolo 232 Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza

(D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14)

[Aggiornato al 31/01/2024]

Ripartizione finale

Dispositivo dell'art. 232 Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza

1. Approvato il conto e liquidato il compenso del curatore, il giudice delegato, sentite le proposte del curatore, ordina il riparto finale secondo le norme precedenti.

2. Nel riparto finale vengono distribuiti anche gli accantonamenti precedentemente fatti. Tuttavia, se la condizione non si è ancora verificata ovvero se il provvedimento non è ancora passato in giudicato, la somma è depositata nei modi stabiliti dal giudice delegato, perché, verificatisi gli eventi indicati, possa essere versata ai creditori cui spetta o fatta oggetto di riparto supplementare fra gli altri creditori. Gli accantonamenti non impediscono la chiusura della procedura.

3. Il giudice delegato, nel rispetto delle cause di prelazione, può disporre che a singoli creditori che vi consentono siano assegnati, in luogo delle somme agli stessi spettanti, crediti di imposta del debitore non ancora rimborsati.

4. Per i creditori che non si presentano o sono irreperibili le somme dovute sono nuovamente depositate presso l'ufficio postale o la banca già indicati ai sensi dell'articolo 131. Decorsi cinque anni dal deposito, le somme non riscosse dagli aventi diritto e i relativi interessi, se non richieste da altri creditori, rimasti insoddisfatti, sono versate a cura del depositario all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, allo stato di previsione del Ministero della giustizia.

5. Il giudice, anche se è intervenuta l'esdebitazione del debitore, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, su ricorso dei creditori rimasti insoddisfatti che abbiano presentato la richiesta di cui al comma 4, dispone la distribuzione delle somme non riscosse fra i soli richiedenti e in base all'articolo 221.

Ratio Legis

La norma disciplina la fase finale della procedura di liquidazione giudiziale, coincidente con la ripartizione finale dell'attivo, ed è pensata dal legislatore in modo tale da rendere più snella e veloce la chiusura della procedura concorsuale.

Spiegazione dell'art. 232 Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza

Il riparto finale dell'attivo costituisce la parte conclusiva della liquidazione giudiziale e costituisce anche il momento in cui i creditori concorrenti ricevono la distribuzione del residuo attivo, al netto di tutti gli oneri sostenuti.

In sede di riparto finale devono essere distribuiti gli accantonamenti precedentemente eseguiti, salvo che si tratti dei crediti sotto condizione oppure che siano stati accertati con un provvedimento non ancora definitivo; in tali ipotesi, le somme devono essere depositate fino al momento in cui si siano verificati i presupposti, su ordine del g.d.
Quando si registri l'avveramento della condizione o il riconoscimento (giudiziale) del credito, le somme che erano state accantonate vengono svincolate in favore dei creditori.

Il mancato verificarsi di una condizione o la mancata definitività del provvedimento relativo ad un giudizio pendente non impediscono la chiusura della procedura a condizione (comma 2°), ma le somme sono oggetto di un accantonamento apposito secondo le modalità stabilite dal giudice delegato, perché, verificatisi gli eventi indicati, possano essere versate ai creditori cui spetta o fatte oggetto di riparto supplementare fra gli altri creditori.

La seconda parte del secondo comma della norma in esame postula, quindi, un'inversione gerarchica delle regole in tema di ripartizione finale, consentendo quindi di pervenire alla ripartizione finale dell'attivo, anche se non siano stati distribuiti tutti gli accantonamenti precedentemente effettuati.

Per favorire la snellezza della procedura, il giudice, previo consenso dei creditori, può assegnare a quest'ultimi i crediti di imposta del debitore non ancora rimborsati, in luogo delle somme loro spettanti (comma 3°).

Le somme assegnate dal curatore ai creditori che non si presentano alla convocazione o sono irreperibili, devono essere depositate presso la filiale bancaria in cui è stato aperto il conto della procedura o presso l'ufficio postale stabiliti ai sensi dell'art. 131 c.c.i. e, vengono poi distribuite ai creditori rimasti parzialmente soddisfatti in sede di riparto finale, che abbiano fatto richiesta attraverso la presentazione della domanda di ammissione al passivo.

Qualora non vengano presentate richieste da parte dei creditori insoddisfatti, le somme restano nel deposito per 5 anni; poi, trascorsi i 5 anni, vengono versate allo Stato da parte della filiale bancaria o dell'ufficio postale depositario.

Se i creditori non hanno provveduto, nei 5 anni successivi al deposito, alla riscossione delle somme accantonate, la norma prevede due ipotesi:
  1. una nuova distribuzione, che presuppone la preventiva richiesta da parte dei creditori con apposita istanza, nelle forma di un ricorso indirizzato al Tribunale;
  2. il versamento della somma all'entrata del bilancio dello Stato.

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