Responsabilità del creditore che rinuncia a un’ipoteca o si astiene dall’intervento in giudizio di espropriazione per favorire un creditore o un terzo acquirente a danno di altro creditore con ipoteca anteriore o di altro terzo acquirente con titolo anteriormente trascritto
Questo articolo costituisce una norma complementare della surrogazione ipotecaria. Esso ha lo scopo di impedire che possa eludersi la norma di cui all’
art. 2856 del c.c..
Il creditore ipotecario che ha ipoteca sui beni del debitore può rinunciare a una o a tutte le sue ipoteche che, per effetto della rinuncia, si estinguono pur ricevendone i creditori posteriori uno svantaggio indiretto, perdendo il diritto della surroga. Ma la legge ha posto un limite a questo diritto, che può liberamente esercitarsi solo uni diritti dei creditori ipotecari sono allo stato di potenza, non già pure allorché debitore non soddisfi le sue obbligazioni. Se, per effetto di tale impedimento, con la notificazione di cui nell'art. 2 890, per l'apertura del giudizio di purgazione o con la notificazione del provvedimento dispone la vendita in caso di espropriazione forzata, giudizio si è che comune a tutti i creditori e non è lecito, di regola, variare la loro condizione giuridica rispetto alla massa. 1
4a rinunzia del creditore che ha posto ipoteca su vani immobili può giovare ad alcuni creditori e nuocere ad altri che dovrebbero essere preferiti.
Facciamo un esempio : A ha iscritto ipoteca nel 1930 sugli immobil
i X ed Y del debitore ; B ha iscritta ipoteca nel 1931 sull'immobile x C ha iscritta ipoteca nel 1923 sull'immobile Y ; D ha acquistato l’immobile Y con contratto trascritto nel 1933 ed istituisce il giudizio di purgazione per liberarlo dall'ipoteca di A e di C e procede alla notificazione di cui all'art. 2890. A rinunzia alla sua ipoteca sull'immobile Y, in modo che C si paga sul prezzo e l'immobile resta libero e franco da ogni vincolo. Allora A fa valere la sua ipoteca sull'immobile X, sul quale ha preso ipoteca B, il quale non potrà più surrogarsi sull'ipoteca che A aveva sull'immobile Y, cui aveva quegli rinunziato. Il risultato, sarà che il creditore B potrà rimanere in tutto o in parte perdente, mentre, per effetto della rinunzia di A alla ipoteca sul fondo Y, sarà avvantaggiato C, nonostante che la sua iscrizione ipotecaria sia posteriore di data a quella di B.
Lo stesso si dica nell'ipotesi che il creditore C inizia la espropriazione sull'immobile Y, acquistato da B, e procede alla notificazione del provvedimento che ordina la vendita. A si astiene dall'interessarsi nel giudizio di espropriazione sempre per favorire C a danno di B.
Al fine di evitare questo inconveniente, che può essere anche l’effetto di un accordo doloso, l'articolo in esame vieta, dalla data della notificazione anzidetta, sia la rinunzia personale all'ipoteca sia l'astensione del creditore, che ha un'ipoteca cumulativa.
Sotto l'impero del codice preesistente si dubitava se lo stesso divieto dovesse ritenersi esistente quando la rinunzia o l'astensione da parte del creditore, che ha ipoteca su vani immobili del debitore, favorisse un terzo acquirente a danno di un creditore con ipoteca anteriore di un altro terzo acquirente, che avesse un titolo anteriormente trascritto. La ragione del dubbio stava nel fatto che l’art. 2087 di quel codice non comprendeva espressamente nel divieto anche questa ipotesi. L’articolo in esame, con il suo secondo comma, ha tolto ogni dubbio, applicando ad essa la stessa norma posta nel primo comma dell’ipotesi di più creditori ipotecari. E non poteva stabilire diversamente. Se il subingresso ipotecario è stato ammesso, sia fra creditori che fra terzi acquirenti, era logico e necessario mantenere un’uguaglianza di trattamento fra gli uni e gli altri nell’ipotesi che si sia iniziato il giudizio di purgazione o quello di espropriazione.
Anche qui può giovare un esempio.
A ha iscritto ipoteca nel 1930 sugli immobili X ed Y del debitore ; B ha acquistato l'immobile X con contratto trascritto il 1931 ; C ha iscritta ipoteca sull'immobile Y nel 1932 ; D ha acquistato l'immobile y con contratto trascritto nel 1933 ed istituisce giudizio di purgazione per liberare l'immobile Y dalle ipoteche di A e di C e procede alla notificazione di cui all'art. 2890. A rinuncia all'ipoteca sull'immobile Y, in guisa che C si paga sul prezzo e l'immobile resta libero. Allora A si rivolge contro l'acquirente B per far valere la sua ipoteca sull'immobile X da costui acquistato. Se B purga o è evitto dell'immobile non potrà più surrogarsi sull'immobile Y per aver A rinunziato alla sua ipoteca. Il risultato sarà che B, che ha trascritto il suo titolo di acquisto prima della trascrizione del titolo di D, si vedrà costretto a pagare o ad essere evitto a tutto vantaggio di C, che ha iscritta la sua ipoteca dopo la trascrizione del titolo di acquisto di A.
Lo stesso si dica in quest'altra ipotesi : A ha iscritta ipoteca nel 1930 sugli immobili X ed Y del debitore ; B ha iscritta ipoteca sull'immobile Y nel 1931 ; C ha acquistato l'immobile Y nel 1932 ed istituisce giudizio di purgazione, procedendo alla notifica di cui all'art. 2890. A rinunzia alla sua ipoteca sull'immobile X e si paga sul prezzo dell'immobile Y, impedendo, perciò, a B di surrogarsi a lui nell'ipoteca di X. Il risultato sarà che, sebbene B avesse iscritto la sua ipoteca prima che C avesse trascritto il suo acquisto, sarà danneggiato a vantaggio di costui.
La legge non poteva restare indifferente di fronte a questo arbitrario procedimento del creditore primo iscritto e vi ha provveduto, assai completamente, contemplando tutte le ipotesi con l'articolo esame.
Si noti, però, che il divieto della rinuncia o dell’astensione non ha per sanzione la nullità dell’una o dell’altra con la conseguenza che il creditore evitto potesse ugualmente surrogarsi malgrado la rinuncia o l’astensione, come si proponeva dal Mortara, ma solo l’obbligo del risarcimento dei danni, mantenendo il sistema adottato dal codice preesistente, il che è stato un bene perché, come fu giustamente osservato, assai dubbia si presentava l’attendibilitá di proposta.
Invece il nuovo codice si è discostato dal precedente in un altro punto. Quello dava come presupposto dell'applicazione della norma che la rinuncia o l'astensione fossero state determinate
dall'intento di favorire un creditore a detrimento di altro creditore anteriormente iscritto sicchè l'attore doveva provare l'esistenza della frode, il che, per la difficoltà della prova, rendeva illusorio il risarcimento dei danni. Invece, il nuovo codice, adottando il criterio suggerito dal Mortara e dal Coviello, ha detto il creditore rinunziante anteriormente responsabile dei danni verso il creditore anteriormente iscritto o verso il terzo acquirente che abbia un titolo anteriormente trascritto a meno che vi siano giusti motivi, perciò è il convenuto (creditore rinunziante o astensionista), che deve giustificare la sua rinunzia, per es. dimostrando di non aver ricevuto la notificazione di cui all'art. 2890, o del provvedimento che dispone la vendita.