Cass. civ. n. 3820/2013
In tema di fusione per incorporazione, l'art. 2504 bis c.c. nel testo modificato dal d.l.vo n. 6 del 2003, nel prevedere la prosecuzione dei rapporti giuridici, anche processuali, in capo al soggetto unificato quale centro unitario di imputazione di tutti i rapporti preesistenti, risolve la fusione in una vicenda evolutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico, che, pur in presenza di un nuovo assetto organizzativo, conserva la propria identità. Ove, peraltro, la società incorporata abbia ottenuto, in epoca successiva all'entrata in vigore dell'art. 4 del d.l.vo n. 6 del 2003, la cancellazione dal registro delle imprese, si determina, attesa l'efficacia costitutiva del suddetto provvedimento di cancellazione, l'immediata estinzione della società stessa, che non può più mantenere la propria individualità, né può far valere la persistenza di una propria autonoma legittimazione attiva. (In applicazione dell'anzidetto principio, la S.C., nel rigettare il ricorso, ha ritenuto che, correttamente, il giudice d'appello avesse dichiarato inammissibile l'impugnazione proposta direttamente dalla società incorporata in epoca successiva all'avvenuta cancellazione dal registro delle imprese).
Cass. civ. n. 28035/2011
In tema di sanzioni amministrative, risponde della violazione di cui all'art. 2631, comma primo, c.c., l'amministratore che viola l'obbligo di convocare l'assemblea dei soci per l'approvazione del bilancio entro quattro mesi dalla chiusura dell'esercizio sociale, ove la prima convocazione vada deserta e non provveda, ai sensi degli artt. 2364 e 2369 c.c., a far svolgere effettivamente l'assemblea in seconda convocazione entro trenta giorni decorrenti dalla precedente adunanza, non potendo ritenersi adempiuta la prescrizione normativa con la mera fissazione di un'ulteriore convocazione.
Cass. pen. n. 8673/2004
La fattispecie previgente dell'art. 2631 c.c. che disciplinava il conflitto di interessi non è stata riprodotta, a seguito dell'introduzione del D.L.vo n. 61 del 2002, nel vigente art. 2631 c.c. che prevede la violazione amministrativa di omessa convocazione dell'assemblea, ed è solo in parte riprodotta dal vigente art. 2634 c.c. che disciplina l'infedeltà patrimoniale; ne consegue — nell'ipotesi in cui il reato contestato all'imputato sia quello previsto dal previgente art. 2631 c.c. e non siano ravvisabili gli estremi della fattispecie criminosa di cui al vigente art. 2634 c.c. — che il giudice ha il dovere di assolvere l'imputato e non può ordinare la trasmissione degli atti all'Autorità amministrativa.
Cass. pen. n. 36343/2002
In tema di omessa convocazione dell'assemblea, la nuova formulazione dell'art. 2631 c.c. introdotta dall'art. 1 del decreto legislativo 11 aprile 2002, n. 61, in sostituzione dell'art. 2630, comma secondo, n. 2, c.c., ha trasformato la fattispecie di reato in illecito amministrativo. La nuova e più favorevole disciplina non pone alcuna distinzione con riferimento al tipo di società cui appartengano gli amministratori o i sindaci cui l'omissione sia imputata e deve, pertanto, trovare immediata applicazione anche nell'ipotesi di sindaci di società cooperativa che abbiano omesso di convocare l'assemblea dei soci nei casi previsti dalla legge o dallo statuto. (Nel caso di specie, riguardante l'omessa convocazione dell'assemblea dei soci di una cooperativa a r.l. per l'approvazione del bilancio di esercizio, la Suprema Corte ha annullato l'impugnata sentenza senza rinvio perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato).