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Articolo 2630 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Omessa esecuzione di denunce, comunicazioni o depositi

Dispositivo dell'art. 2630 Codice Civile

Chiunque(1), essendovi tenuto per legge a causa delle funzioni rivestite in una società o in un consorzio, omette di eseguire, nei termini prescritti, denunce, comunicazioni o depositi presso il registro delle imprese, ovvero omette di fornire negli atti, nella corrispondenza e nella rete telematica le informazioni prescritte dall'articolo 2250, primo, secondo, terzo e quarto comma, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 103 euro a 1.032 euro. Se la denuncia, la comunicazione o il deposito avvengono nei trenta giorni successivi alla scadenza dei termini prescritti, la sanzione amministrativa pecuniaria è ridotta ad un terzo.

Se si tratta di omesso deposito dei bilanci, la sanzione amministrativa pecuniaria è aumentata di un terzo(2).

Note

(1) L'obbligo di depositare presso l'ufficio del registro imprese il bilancio societario approvato corredato dei documenti inerenti grava su ciascun amministratore. Da ciò discende che, in caso di inadempimento, ognuno di essi risponderà per fatto proprio.
(2) Articolo sostituto dall'art. 9, L. 11 novembre 2011, n. 180.

Massime relative all'art. 2630 Codice Civile

Cass. civ. n. 21503/2012

L'obbligo di depositare presso l'Ufficio del registro delle imprese - entro trenta giorni dall'avvenuta approvazione - una copia del bilancio societario e della documentazione ad esso correlata, sancito dall'art. 2435 c.c. e la cui inosservanza è sanzionata dall'art. 2630 c.c., deve intendersi gravante su ciascun amministratore della società, sicché, ove lo stesso rimanga inadempiuto, ognuno di loro risponde per fatto proprio, prescindendo l'irrogazione della sanzione da qualsiasi rapporto di solidarietà, e derivandone, quindi, che il pagamento della sanzione applicata per una tale inosservanza a carico di uno degli amministratori non può avere effetto estintivo del provvedimento sanzionatorio emesso nei confronti di un altro.

Cass. pen. n. 23730/2006

In tema di reati societari, a seguito della sostituzione dell'art. 2630 c.c. per effetto del D.L.vo n. 61 del 2002, non costituisce illecito penale l'operazione, inquadrabile nel più ampio schema del c.d. leveraged by out con la quale, di una società operativa, sia ceduto a credito parte del pacchetto azionario ad altra società, creata in modo strumentale per effettuare il detto acquisto con previsione di indebitamento e al fine di compiere attività di gestione di interesse della prima, per poi essere destinata alla fusione per incorporazione con la medesima e ripianare il debito con gli utili dell'attività posta in essere. (In motivazione la Corte ha specificato che la condotta descritta potrebbe integrare il diverso reato ex art. 223 comma secondo n. 2 L. fall., quale «operazione dolosa» ove si dia prova che il leveraged by out attuato attraverso il procedimento di fusione non era, al momento del suo avvio, sorretto da un effettivo progetto industriale).

Cass. pen. n. 3285/2000

In tema di notificazione all'imputato, l'irreperibilità non ha valore assoluto ma relativo, in quanto rappresenta una situazione processuale che si verifica tutte le volte in cui, eseguite le ricerche imposte dall'art. 159 c.p.p., l'autorità giudiziaria non sia pervenuta all'individuazione della residenza, del domicilio, del luogo di temporanea dimora o di abituale attività lavorativa del soggetto. Ai fini della validità del decreto d'irreperibilità e del conseguente giudizio contumaciale, rileva soltanto la completezza delle ricerche, con riferimento agli elementi risultanti dagli atti al momento in cui vengono eseguite. Eventuali notizie successive non possono avere incidenza, ex post, sulla legittimità della procedura seguita sulla base delle risultanze conosciute e conoscibili al momento dell'adempimento delle prescritte formalità.

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Consulenze legali
relative all'articolo 2630 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

A. C. chiede
mercoledì 23/10/2024
“Buongiorno,

sono presidente di un consorzio che ha un consiglio direttivo.

Per amministratori si deve intendere tutti i membri del consiglio direttivo anche se da statuto tali membri non hanno nessun ruolo diretto nella gestione, in quanto al presidente sono delegate l'attuazione delle delibere e direttive del direttivo (il presidente ovviamente è anche il legale rappresentante)? Stiamo parlando della sanzione per ritardato deposito nomina presidente, non di bilancio.
Grazie per il suo aiuto.

Consulenza legale i 30/10/2024
Il consiglio direttivo di un consorzio ne costituisce l’organo amministrativo collegiale e i suoi membri sono per certi versi equiparati a quelli di un consiglio di amministrazione di una società.
L’art. 2630 del c.c. dispone che chiunque, essendovi tenuto per legge a causa delle funzioni rivestite in una società o in un consorzio, omette di eseguire, nei termini prescritti, denunce, comunicazioni o depositi presso il registro delle imprese, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 103 euro a 1.032 euro; la sanzione è ridotta di un terzo se la denuncia, la comunicazione o il deposito avvengono nei trenta giorni successivi alla scadenza dei termini prescritti.

L’art. 5 della legge 689/81 disciplina il concorso di persone nella commissione di una violazione amministrativa, disponendo che in tale eventualità ciascuna di esse soggiace alla sanzione per questa disposta, salvo che sia diversamente stabilito dalla legge.
Di conseguenza, nel caso di più rappresentanti della persona giuridica (es. i soci amministratori di una S.n.c., o il Consiglio di amministrazione di una Srl), in linea generale ognuno di essi è obbligato a pagare la propria sanzione per intero.

Per gli organi sociali, tuttavia, è stato precisato che, essendo responsabile di una violazione amministrativa solo la persona fisica a cui è riferibile l’azione materiale o l’omissione che integra la violazione (come disposto dall’art. 3 della legge 689/81), qualora un illecito sia ascrivibile in astratto ad una società, non possono essere automaticamente chiamati a risponderne tutti i soci amministratori, “essendo indispensabile accertare che essi abbiano tenuto una condotta positiva o omissiva che abbia dato luogo all’infrazione, sia pure soltanto sotto il profilo del concorso morale” (Cass., 28/11/2018, Ordinanza n. 30766).
Ne deriva che il soggetto attivo dell’illecito, cui è riferibile l’azione o l’omissione che ha determinato la violazione, deve essere identificato anche in presenza di infrazioni avvenute nell’ambito di organi sociali formati da una pluralità di persone.
Nell’ambito delle violazioni omissive (quale quella di cui al caso di specie), può altresì rilevare il dovere di provvedere incombente personalmente su ciascuno dei soci aventi il potere di amministrare la società, salvo che non si dia prova dell’esistenza di un amministratore preposto in via esclusiva alla gestione dell’adempimento. (Cass., Sez. Lavoro, n. 12459/1998).
Per tali condotte, infatti, anche la c. d. colpa in vigilando per il fatto illecito altrui è fonte di responsabilità, poiché nel caso di amministrazione congiunta (pur se di fatto disgiunta), l’amministratore che deliberatamente si astiene dall’esercizio dei doveri inerenti alla carica (fra i quali rientra anche quello di vigilare sulla correttezza dell’amministrazione non direttamente esercitata) concorre con la propria omissione alla causazione dell’illecito materialmente commesso da un altro amministratore(Cass., n. 10668/1996).

In definitiva, per evitare che la sanzione pesi in capo ad ognuno degli amministratori sarà necessario dimostrare la presenza di un amministratore preposto in via esclusiva all’adempimento in questione, la carenza di legittimazione da parte degli altri amministratori a adempiere personalmente e l’impossibilità di vigilare (tanto da un punto di vista fattuale, quanto giuridico/statutario) sull’effettivo adempimento.

E. C. chiede
giovedì 17/11/2022 - Veneto
“Fatto, in qualità di amministratore di una società di capitali (Alfa s.r.l. con sede in XXX), ne depositavo l'elenco soci ed il bilancio al 31.12.2005 - approvato il 29.5.2006 - il 26.01.2007, con 7 mesi di ritardo dal termine ex art. 2435 c.c.
Con Verbale di accertamento n. 2007/35 notificato il 1.3.2007, la C.C.I.A.A. di YYY, evocata la sanzione amministrativa massima ex art. 2630 c.c., co. 1 per tardivo deposito dell'elenco soci, pari a euro 2.065,00 e la sanzione amministrativa massima ex art. 2630 c.c., co. 2 per tardivo deposito del bilancio, pari a euro 2.753,34, mi invitava a sanare l'illecito mediante il pagamento della sanzione in misura ridotta ex art. 16 L. 689/'81, pari a euro 961,34.

In mancanza del suddetto pagamento, con Ordinanza n. 2009/55 notificatami il 25.6.2009, la C.C.I.A.A. mi ingiungeva il pagamento di euro 4.433,00 (pari alla sommatoria delle sanzioni effettive applicate - risultanti dalla tabella in atti della C.C.I.A.A. - di euro 1.900,00 per tardivo deposito dell'elenco soci e di euro 2.533,00 per tardivo deposito del bilancio).
Nelle more del Verbale 2007/35, la somma di euro 961,34 dovrebbe rappresentare un terzo della sanzione massima ex art. 2630 c.c., co. 2, ne consegue che la sanzione massima ex art. 2630 c.c., co. 2 irrogabile con l'Ordinanza - Ingiunzione corrisponde a euro 2.884,02 (961,34 x 3), viceversa la sanzione irrogata è pari a euro 4.433,00 talché la contraddizione e la mancata relazione e /o proporzione tra gli importi delle sanzioni previste dai due atti collegati sono palesi!
Opponevo l'Ordinanza in giudizio in quanto illegittima (non solo) per errore di calcolo della sanzione e nel contempo ne chiedevo alla C.C.I.A.A l'annullamento in autotutela, dei due procedimenti non ho ancora conseguito alcuna conclusione.
Di seguito, le deduzioni della sottoscritta in ordine alla corretta determinazione delle due sanzioni amministrative:
1. Il deposito contestuale 26.1.2007 dell'elenco soci e del bilancio 31.12.2005 rappresenta la violazione dei commi 1 e 2 dell'art. 2435 c.c. causando più violazioni della stessa disposizione con un'unica azione;
2. ex art. 8, co. 1, L. 689/'81: "chi con una azione od omissione (viola diverse disposizioni che prevedono sanzioni amministrative o) commette più violazioni della stessa disposizione, soggiace alla sanzione prevista per la violazione più grave, aumentata sino al triplo";


3. ex art.10, co.2, L. 689/'81 "(Fuori dei casi espressamente stabiliti dalla legge,) il limite massimo della sanzione
amministrativa pecuniaria non può, per ciascuna violazione superare il decuplo del minimo". Talché, per il combinato disposto degli articoli 2435 c.c., 8 co. 1 e 10 co. 2 L. 689/'81, ad avviso della sottoscritta la sanzione massima applicabile al caso di specie è pari a euro 2.746,60 ossia al decuplo del minimo della sanzione prevista per la violazione più grave ex art. 2630 co. 2, la quale ultima è pari a euro 274,66 (206,00 + 1/3 di 206,00).
Ma vieppiù!
4. Ex art. 16, co. 1, L.689/'81, " È ammesso il pagamento di una somma in misura ridotta pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa, o, se più favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo......"; poiché per l'illecito amministrativo della specie è previsto ex art. 2630 c.c. il minimo della sanzione edittale, pari a euro 274,66 (v. punto 3), ne consegue che la sanzione in misura ridotta applicabile al caso di specie è pari a euro 549,32 (274,66 x 2) contro euro 961,34 del Verbale n. 2007/35.
Per quanto esposto, ritengo gli atti della C.C.I.I.A di YYY illegittimi perciò annullabili; in sintesi, alla sottoscritta risulta:
- che la sanzione amministrativa applicabile dal Verbale n. 2007/35 è pari a euro 549,32 (anziché euro 961,34);
- che la sanzione amministrativa applicabile dall'Ordinanza n. 2009/55 è pari a euro 2.746,60 (anziché euro 4.433,00).
Ferma la disponibilità a produrre gli atti della C.C.I.I.A. qui richiamati (ed eventuali altri), la sottoscritta chiede l'esame da parte Vostra della questione come esposta pertanto il Vostro parere in ordine:
- alla conformità legale dei criteri di ricalcolo delle sanzioni applicati dalla sottoscritta e degli importi conseguenti;
- alla ritenuta illegittimità del Verbale e dell'Ordinanza-Ingiunzione della C.C.I.I.A. di YYY quanto alle sanzioni irrogate.
Priva di un precedente ricorso alla Vostra prestazione, l'aspettativa è per la formulazione di una risposta articolata:
- sulla rappresentazione del fatto, il quale è corrispondente alla descrizione fornita dalla sottoscritta;
- sulla esposizione dei corretti criteri di determinazione delle sanzioni di cui al Verbale e all'Ordinanza e degli importi;
- sul parere di legittimità/illegittimità degli atti della C.C.I.I.A. visti i ritenuti errori di questa nel calcolo delle sanzioni.
Ringrazio della disponibilità, attendo l'esito via mail.

Consulenza legale i 25/11/2022
Le risposte ai suoi seguiti si basano sugli elementi contenuti nel Verbale di accertamento n. 35 del 27 febbraio 2007 e nell’Ordinanza n. 55 del 25 giugno 2009.
Le fattispecie, che le vengono contestate dalla Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Venezia, riguardano la mancata presentazione, quale amministratore unico della società Quantum srl, ai sensi dell’art. 2435 c.c. dell'elenco dei soci e del bilancio. In particolare, tali obblighi avrebbero dovuto essere adempiuti entro il termine di trenta giorni, decorrenti dall’approvazione del bilancio, pena l’applicazione delle sanzioni amministrative previste dall’art. 2630 commi 1 e 2. c.c. Detto articolo, nella versione applicabile ratione temporis, essendo nel frattempo intervenuta una modifica legislativa, prevedeva al comma 1, nel caso in cui fossero stato omesse denunce, comunicazioni o depositi, quali l’elenco soci, l’irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria 206 euro a 2.065 euro. Laddove, invece, fosse stato violato l’obbligo di deposito relativo ai bilanci, il comma 2 dell’art. 2630 c.c. prevedeva, e tutt’ora prevede, l’aumento di un terzo della predetta sanzione
Per quanto attiene il meccanismo di calcolo delle sanzioni, oltre a tali norme, parrebbero esserci delle linee guida, delle quali ci ha allegato un estratto con l’indicazione delle sanzioni applicabili dalla Camera di Commercio di Venezia per le violazioni di cui all’art. 2630 c.c., che nel caso di specie ammonterebbe ad euro 1.900 per la violazione dell’art. 2630 comma 1 c.c. ed aumentata di un terzo per la violazione prevista dal comma 2 del medesimo articolo.
Non è stato, tuttavia, possibile reperire il documento integrale.
Nel caso di specie risulta che il deposito, sia dell’elenco dei soci sia del bilancio, sia stato da lei effettuato in data 26 gennaio 2007 quindi all’incirca sette mesi dopo il termine fissato al 29 maggio 2006 che, come da lei comunicato, era la data in cui scadeva il termine di 30 giorni dall’approvazione del bilancio per effettuare il deposito.
Pertanto, in assenza di altri elementi, appare corretta la duplice violazione accertata dalla Camera di Commercio con il verbale di accertamento del 27 febbraio 2007 che, nella sua richiesta di parere, non risulta peraltro contestate in fatto.
Ciò detto, la disciplina del procedimento sanzionatorio in questione è contenuta nella l. n. 689 del 1981, la quale prevede, all’articolo 14, che gli estremi della violazione – quando non sia possibile la contestazione immediata – debbano essere notificati entro 90 giorni dall’accertamento.
Dalla notificazione del verbale di accertamento decorrono poi 60 giorni per il pagamento in misura ridotta previsto dall’art. 16 della l. n. 689 del 1981, della sanzione pecuniaria comminata che, potrà essere fissata, senza margine di discrezionalità da parte dell’ente, in misura pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa o, se più favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo
Nel caso di specie, la sanzione in misura ridotta era stata calcolata in euro 961,34.
In mancanza di pagamento entro quel termine, il procedimento prosegue ordinariamente e può avere come esito o l’archiviazione o l’emissione dell’ordinanza – ingiunzione con la determinazione della somma dovuta. Nel determinare l’importo, l’amministrazione deve tener conto dei seguenti criteri: gravità della violazione; opera svolta dall’agente per l’eliminazione o attenuazione delle conseguenze dannose della violazione, personalità del trasgressore e delle sue condizioni economiche (art. 11, L. n. 689 del 1981).
Nel suo caso la sanzione irrogata è pari ad euro 4.433,00.
Venendo al quesito posto, ci si chiede di ricevere un parere in merito al corretto ammontare delle sanzioni irrogate e, quindi, se gli atti adottati dalla Camera di Commercio siano o meno legittimi.
Sul punto, occorre precisare preliminarmente che non risulta applicabile al suo caso la previsione di cui all’art. 8 della l. n. 689 del 1981, recante la disciplina del c.d. cumulo giuridico in quanto, come ha avuto modo di precisare la giurisprudenza “In tema di sanzioni amministrative, ai fini dell'applicazione dell'art. 8 della l. n. 689 del 1981 - che prevede l'applicazione della sanzione nella misura massima del triplo di quella prevista per la violazione più grave in ordine a plurime trasgressioni (n.d.r. il c.d. “cumulo giuridico”) di diverse disposizioni o della medesima disposizione - è necessario che la pluralità delle violazioni derivi da un'unica azione od omissione e dunque va esclusa nel caso di condotte distinte.(Tribunale Salerno sez. I, 11 agosto 2022, n.2807; in termini Cassazione civile sez. II, 21 maggio 2020, n.9385).

Invero, nel caso di specie, la violazione dell’art. 2630 comma 1 e comma 2 c.c. deriva da due condotte distinte.

Tali condotte, sia pur contestuali in quanto il Codice Civile, all’art. 2435 c.c., ne prevede, per l’adempimento, il medesimo termine di trenta giorni decorrenti dall’approvazione del bilancio, hanno portato alla violazione di due distinte norme di legge: una concernente il mancato deposito nel termine dell’elenco dei soci e l’altra l’omessa denuncia del bilancio d’esercizio. Pertanto, non opera nel suo caso il trattamento giuridico più favorevole, dato dall’irrogazione della sanzione prevista per la violazione più grave aumentata fino al triplo, dovendosi, invece, procedere al c.d. cumulo materiale, vale a dire all’applicazione delle sanzioni indicate da ogni singola disposizione violata.
Per tale ragione, quindi, non opera neppure il limite previsto dall’art. 10 della l. n. 689 del 1981.
Alla luce di quanto detto, tornando alla legittimità delle sanzioni irrogate dalla Camera di Commercio di Venezia, si osserva che:
  • Per quanto attiene alla sanzione irrogata con il Verbale di accertamento n. 35 del 27 febbraio 2007, ossia il pagamento in misura ridotta, si rileva che la somma irrogata risulta legittima in quanto consiste nel cumulo derivante dal doppio della sanzione minima prevista dall’art. 2630 comma 1 c.c. (206 x 2= 412) e dal doppio della sanzione minima prevista per la violazione dell’art. 2630 comma 2 c.c. (206 + 1/3= 274,66 x 2 = 549,34) e dunque per un totale di 961,34 euro (412 + 549,34).
  • Per quanto concerne, invece, la sanzione stabilita nell’ordinanza ingiunzione n. 55 del 25 giugno 2009, le è stata irrogata la sanzione che, dalle linee guida della Camera di Commercio, si ritiene applicabile al ritardo nel deposito che va da 6 a 12 mesi, fissato nella forbice ex art. 2630 comma 1 c.c., ad euro 1.900. A tale importo è stato poi aggiunto l’aumento di 1/3 previsto dal comma 2 della art. 2630 c.c. ossia 2.533 euro (1.900 + 1/3= 2.533) per un totale di 4.433 euro (1.900 + 2.533).
Ora, posto che entrambe le sanzioni irrogate appaiono legittime, occorre precisare che:
-quanto al pagamento in misura ridotta, non sussiste alcun margine di discrezionalità dell’ente nell’irrogare la sanzione, essendo previsto per legge che debba essere applicato il doppio del minimo che, nel caso di specie, come sopra chiarito, risulta correttamente calcolato.
- quanto invece alla sanzione irrogata nell’ordinanza ingiunzione, si osserva che avrebbe potuto interloquire con l’ente chiedendo, anziché l’annullamento degli atti, una revisione dell’importo irrogato argomentando in ordine ai criteri di determinazione della sanzione che, come sopra richiamati e previsti dall’art. 11, L. n. 689 del 1981, l’ente avrebbe potuto valorizzare per determinare una somma inferiore e quindi a lei più favorevole.
In conclusione, si ritiene che ad oggi, appaiono ormai scaduti i termini sia per poter presentare memorie difensive (30 giorni dalla notifica del Verbale di accertamento del 27 febbraio 2007) sia il ricorso all’Autorità giudiziaria competente averso l’ordinanza – ingiunzione che avrebbe dovuto esser presentato nel termine di trenta giorni dalla notifica dell’ordinanza avvenuta il 22 giugno 2009, con i quali avrebbe potuto chiedere la rideterminazione, all’ente o al Giudice, dell’ammontare della somma irrogata.