Cass. civ. n. 3657/2020
La rinuncia al compenso da parte dell'amministratore può trovare espressione in un comportamento concludente del titolare che riveli in modo univoco una sua volontà dismissiva del relativo diritto; a tal fine è pertanto necessario che l'atto abdicativo si desuma non dalla semplice mancata richiesta dell'emolumento, quali che ne siano le motivazioni, ma da circostanze esteriori che conferiscano un preciso significato negoziale al contegno tenuto. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO PERUGIA, 30/09/2015).
Cass. civ. n. 28148/2018
L'amministratore di società cui sia demandato lo svolgimento di attività estranee al rapporto di amministrazione ha per queste diritto (ai sensi dell'art. 2389 c.c.) ad una speciale remunerazione sempre che tali prestazioni siano effettuate in ragione di particolari cariche che allo stesso siano state conferite e che esulino dal normale rapporto di amministrazione, ossia dal potere di gestione della società il cui limite deve individuarsi nell'oggetto sociale, talché rientrano tra le prestazioni tipiche dell'amministratore tutte quelle che siano inerenti all'esercizio dell'impresa, senza che rilevi (salvo che sia diversamente previsto dall'atto costitutivo o dallo statuto) la distinzione tra atti di amministrazione straordinaria ed ordinaria.
Cass. civ. n. 23004/2014
In tema di compenso degli amministratori di società di capitali, laddove manchi una disposizione dell'atto costitutivo e l'assemblea si rifiuti o ometta di stabilirlo o lo determini in misura inadeguata, l'amministratore è abilitato a richiederne al giudice la determinazione, anche in via equitativa, purché alleghi e provi la qualità e quantità delle prestazioni concretamente svolte, risultando di per sé sola insufficiente l'indicazione del compenso pattuito in esercizi sociali di anni diversi.
Cass. civ. n. 22046/2014
I compiti che la società affida al suo amministratore riguardano la gestione stessa dell'impresa, costituita da un insieme variegato di atti materiali, negozi giuridici ed operazioni complesse, sicché, quand'anche taluni di questi atti ed operazioni possano compararsi all'attività di un prestatore d'opera, il rapporto che intercorre tra amministratore e società non può essere equiparato, in ragione del rapporto di immedesimazione organica tra essi esistente, a quello derivante dal contratto d'opera, intellettuale o non intellettuale. Ne consegue che, al fine della liquidazione del compenso all'amministratore non determinato dalle parti al momento della nomina, non è consentito alcun riferimento automatico alle tariffe dei dottori commercialisti.
Cass. civ. n. 8897/2014
La pretesa di un amministratore di società per azioni al compenso per l'opera prestata ha natura di diritto soggettivo perfetto, sicché, ove la misura di tale compenso non sia stata stabilita nell'atto costitutivo o dall'assemblea, ne può esserne chiesta al giudice la determinazione.
Cass. civ. n. 19714/2012
Il rapporto tra l'amministratore di una società di capitali e la società medesima va ricondotto nell'ambito di un rapporto professionale autonomo e, quindi, ad esso non si applica l'art. 36, primo comma, Cost., che riguarda il diritto alla retribuzione in senso tecnico, poiché il diverso diritto al compenso professionale dell'amministratore, avendo natura disponibile, può essere oggetto di una dichiarazione unilaterale di disposizione da parte del suo titolare (nella specie, di rinuncia).
Cass. civ. n. 12592/2010
In tema di compenso in favore dell'amministratore di una società di capitali, che abbia agito come organo, legato da un rapporto interno alla società, e non nella veste di mandatario libero professionista, la facoltà dell'amministratore di insorgere avverso una liquidazione effettuata dall'assemblea della società in misura inadeguata, per chiedere al giudice la quantificazione delle proprie spettanze, viene meno, vertendosi in materia di diritti disponibili, qualora detta delibera assembleare sia stata accettata e posta in esecuzione senza riserve.
Cass. civ. n. 28748/2008
... la accertata irragionevolezza della misura del compenso (valutata in base al fatturato ed alla dimensione economica e finanziaria dell'impresa, da rapportare all'impegno chiesto per la sua gestione) può risultare anche quando la delibera attua un patto parasociale, in precedenza stipulato sotto forma di transazione fra i soci, compresi gli impugnanti soci di minoranza, che sono legittimati all'impugnazione in quanto dissenzienti e nonostante la partecipazione al predetto accordo.
Cass. civ. n. 21933/2008
Con riferimento alla determinazione della misura del compenso degli amministratori di società di capitali, ai sensi dell'art. 2389, primo comma c.c., (nel testo vigente prima delle modifiche, non decisive sul punto, di cui al D.L.vo n. 6 del 2003), qualora non sia stabilita nello statuto, è necessaria una esplicita delibera assembleare, che non può considerarsi implicita in quella di approvazione del bilancio, attesa: la natura imperativa e inderogabile della previsione normativa, discendente dall'essere la disciplina del funzionamento delle società dettata, anche, nell'interesse pubblico al regolare svolgimento dell'attività economica, oltre che dalla previsione come delitto della percezione di compensi non previamente deliberati dall'assemblea (art. 2630, secondo comma c.c., abrogato dall'art. 1 del D.L.vo n. 61 del 2002); la distinta previsione delle delibera di approvazione del bilancio e di quella di determinazione dei compensi (art. 2364 n. 1 e 3 c.c.); la mancata liberazione degli amministratori dalla responsabilità di gestione, nel caso di approvazione del bilancio (art. 2434 c.c.); il diretto contrasto delle delibere tacite ed implicite con le regole di formazione della volontà della società (art. 2393, secondo comma, c.c.). Conseguentemente, l'approvazione del bilancio contenente la posta relativa ai compensi degli amministratori non è idonea a configurare la specifica delibera richiesta dall'art. 2389 cit., salvo che un'assemblea convocata solo per l'approvazione del bilancio, essendo totalitaria, non abbia espressamente discusso e approvato la proposta di determinazione dei compensi degli amministratori.
Cass. civ. n. 15942/2007
A fronte dell'attribuzione all'amministratore di compensi sproporzionati o in misura eccedente i limiti della discrezionalità imprenditoriale, è possibile impugnare la delibera dell'assemblea della società di capitali per abuso o eccesso di potere, sotto il profilo della violazione del dovere di buona fede in senso oggettivo o di correttezza, giacché una tale deliberazione si dimostra intesa al perseguimento della prevalenza di interessi personali estranei al rapporto sociale, con ciò danneggiando gli altri partecipi al rapporto stesso. In tal caso al giudice è affidata una valutazione che è diretta non ad accertare, in sostituzione delle scelte istituzionalmente spettanti all'assemblea dei soci, la convenienza o l'opportunità della delibera per l'interesse della società, bensì ad identificare, nell'ambito di un giudizio di carattere relazionale, teso a verificare la pertinenza, la proporzionalità e la congruenza della scelta, un vizio di illegittimità desumibile dalla irragionevolezza della misura del compenso stabilita in favore dell'amministratore, occorrendo a tal fine avere riguardo, in primo luogo, alla natura e alla ampiezza dei compiti dell'amministratore ed al compenso corrente nel mercato per analoghe prestazioni, in relazione a società di analoghe dimensioni, e, ma in funzione complementare, alla situazione patrimoniale e all'andamento economico della società.
Cass. civ. n. 8230/2006
In base al combinato disposto degli artt. 2364, comma primo, n. 3, e 2389, comma primo, c.c. (nel testo anteriore alla riforma attuata dal D.L.vo 17 gennaio 2003, n. 6, applicabile nella specie
ratione temporis), la determinazione del compenso degli amministratori di società per azioni è rimessa in primo luogo all'atto costitutivo e, solo ove esso non provveda, all'assemblea ordinaria. Resta di conseguenza escluso che l'assemblea possa accordare agli amministratori un compenso ulteriore rispetto a quello già previsto dallo statuto sociale, a nulla rilevando che quest'ultimo sia eventualmente stabilito nella forma aleatoria della partecipazione agli utili.
Cass. civ. n. 28243/2005
La deliberazione dell'assemblea di una società di capitali di approvazione del bilancio che includa nel bilancio medesimo, come debito della società, il compenso che l'amministratore si era attributo, ha valore di ratifica dell'operato dell'amministratore posto in essere senza averne il potere, costituendo detta delibera, non mera presa d'atto dell'attività dell'amministratore, ma atto con il quale la società fa proprio il rapporto, idoneo a costituire fonte di obbligazione della società stessa nei confronti del proprio amministratore per ciò che attiene ai compensi in tal modo deliberati.
Cass. civ. n. 11023/2000
L'amministratore di società cui sia demandato lo svolgimento di attività estranee al rapporto di amministrazione ha per queste diritto (ai sensi dell'art. 2389 c.c.) ad una speciale remunerazione sempre che tali prestazioni siano effettuate in ragione di particolari cariche che allo stesso siano state conferite e che esulino dal normale rapporto di amministrazione, ossia dal potere di gestione della società il cui limite deve individuarsi nell'oggetto sociale, talché rientrino tra le prestazioni tipiche dell'amministratore tutte quelle che siano inerenti all'esercizio dell'impresa, senza che rilevi (salvo che sia diversamente previsto dall'atto costitutivo o dallo statuto) la distinzione tra atti di amministrazione straordinaria ed ordinaria.