Cass. civ. n. 9400/2023
In tema di "esterovestizione", al fine di accertare se una società estera sia soggetta al controllo da parte di una società italiana, il controllo sulla sussistenza della fattispecie di cui all'art. 2359, comma 1, n. 1, c.c. (cd. controllo interno di diritto) impone di verificare che la maggioranza delle quote della società estera sia concentrata in capo alla sola società italiana, senza che rilevi la possibile titolarità di altre quote da parte dei soci di quest'ultima, a ciò ostando il disposto di cui all'art. 2359, comma 2, c.c., il quale esclude, al riguardo, il computo di voti spettanti per conto di terzi.
Cass. civ. n. 26346/2016
Il collegamento economico-funzionale tra imprese gestite da società del medesimo gruppo non è, di per sé solo, sufficiente a far ritenere che gli obblighi inerenti ad un rapporto di lavoro subordinato, formalmente intercorso fra un lavoratore ed una di esse, si debbano estendere anche all'altra, a meno che non sussista una situazione che consenta di ravvisare - anche al fine della sussistenza del requisito numerico per l'applicabilità della cd. tutela reale del lavoratore licenziato - un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro. Tale situazione ricorre ogni volta vi sia una simulazione o una preordinazione in frode alla legge del frazionamento di un'unica attività fra i vari soggetti del collegamento economico-funzionale e ciò venga rivelato dai seguenti requisiti: a) unicità della struttura organizzativa e produttiva; b) integrazione tra le attività esercitate dalle varie imprese del gruppo ed il correlativo interesse comune; c) coordinamento tecnico ed amministrativo-finanziario tale da individuare un unico soggetto direttivo che faccia confluire le diverse attività delle singole imprese verso uno scopo comune; d) utilizzazione contemporanea della prestazione lavorativa da parte delle varie società titolari delle distinte imprese, nel senso che la stessa sia svolta in modo indifferenziato e contemporaneamente in favore dei vari imprenditori. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva desunto l'unicità del centro di imputazione di un rapporto di lavoro dall'utilizzo promiscuo dei dipendenti ad opera del titolare di una ditta individuale e di una serie di società riconducibili a lui ed alla moglie, aventi tutte la medesima sede).
Cass. civ. n. 7554/2011
A norma dell'art. 2359, terzo comma, c.c., si considerano collegate le società sulle quali un'altra società esercita un'influenza notevole; tale situazione - che la norma considera presunta ove nell'assemblea ordinaria possa essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo, se si tratta di società quotate in borsa - può sussistere anche in presenza di società a ristretta base azionaria e familiare, in virtù del vincolo di complicità che - secondo l"id quod plerumque accidit" - connota i rapporti dei parenti di primo e secondo grado, facendone derivare intese dirette a realizzare finalità comuni. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva escluso tale collegamento in presenza di due società, appartenenti a soggetti legati da vincolo di parentela entro il secondo grado, nelle quali uno stesso componente era titolare di un quinto del capitale di una delle società e, assieme al proprio padre, del novantacinque per cento del capitale dell'altra).
Cass. civ. n. 15879/2007
L'esistenza di un gruppo di società o di imprese, pur se privo di soggettività giuridica e non coincidente con un centro d'interessi autonomo rispetto alle società collegate, esige la prova di un accordo fra le varie entità, diretto a creare un'impresa unica, con direzione unitaria e patrimoni tutti destinati al conseguimento di una finalità comune e ulteriore. (Nella fattispecie, regolata dalle disposizioni anteriori al D.L.vo 17 gennaio 2003, n. 6, la S.C. ha statuito che, con riguardo al collegamento societario, anche la norma di cui all'art. 2359 comma terzo c.c. — secondo cui occorre l'esercizio da parte di altra società di un'influenza notevole, presunta se nell'assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società è quota in borsa – attiene á regola estesa a tutte le società di capitali e richiede in più l'esistenza di un rapporto fra società o imprese, per cui l'influenza notevole sia il riflesso di intese dirette al realizzo di finalità comuni, mediante una politica societaria convergente e l'utilizzo di risorse patrimoniall attinte da ciascuna delle società partecipanti al gruppo; pertanto la posizione dominante pur accertata con riguardo ad un socio — partecipe in misura quasi totalitaria al capitale delle società e unico amministratore delle stesse — non è elemento di per sé sufficiente per la prova del coordinamento e dell'interdipendenza degli enti).
Cass. civ. n. 26325/2006
L'atto compiuto dagli amministratori in nome della società è estraneo all'oggetto sociale se non è idoneo in concreto a soddisfare un interesse economico, sia pure mediato ed indiretto, ma giuridicamente rilevante della società. Sebbene l'appartenenza al medesimo gruppo societario consenta, in linea di principio, di riconoscere connessioni economiche rilevanti tra gli interessi, formalmente distinti, dei vari soggetti giuridici che compongono il gruppo (sì da giustificare attività dirette al perseguimento di un interesse che esula da quello proprio e specifico delle singole società, inteso in senso stretto, ma vi è ricompreso in senso mediato), tuttavia la mera ipotesi della sussistenza di vantaggi compensativi non è sufficiente al fine di affermare la legittimità dell'atto sul piano dei limiti imposti dall'oggetto sociale, ma l'amministratore ha l'onere di allegare e provare gli ipotizzati benefici indiretti, connessi al vantaggio complessivo del gruppo, e la loro idoneità a compensare efficacemente gli effetti immediatamente negativi dell'operazione compiuta. (Enunciando il principio di cui in massima, in fattispecie di costituzione di ipoteca volontaria vincolante l'intero patrimonio immobiliare, formalmente estranea all'oggetto sociale, in favore di società appartenente al medesimo gruppo, la Corte ha confermato la sentenza impugnata, la quale era pervenuta a riconoscere il carattere ultra vires dell'atto, sottolineando che l'accertamento della legittimità dell'atto, formalmente estraneo allo scopo sociale, in nome dell'interesse di gruppo e del vantaggio che dal perseguimento di tale interesse può derivare alla società partecipata, deve essere particolarmente rigoroso quando non vi sia rapporto di controllo, ma semplice rapporto di collegamento, l'atto sia formalmente privo di corrispettivo per là società che eroghi la garanzia, e il presunto interesse di gruppo non sia stato neppure enunciato al momento della costituzione della garanzia e non emerga
aliunde).
Cass. civ. n. 25275/2006
È configurabile una
holding di tipo personale allorquando una persona fisica, che sia a capo di più società di capitali in veste di titolare di quote o partecipazioni azionarie, svolga professionalmente, con stabile organizzazione, l'indirizzo, il controllo ed il coordinamento delle società medesime, non limitandosi, così, al mero esercizio dei poteri inerenti alla qualità di socio. A tal fine è necessario che la suddetta attività, di sola gestione del gruppo (cosiddetta
holding pura), ovvero anche di natura ausiliaria o finanziaria (cosiddetta
holding operativa), si esplichi in atti, anche negoziali, posti in essere in nome proprio, fonte, quindi, di responsabilità diretta del loro autore, e presenti altresì obiettiva attitudine a perseguire utili risultati economici, per il gruppo e le sue componenti, causalmente ricollegabili all'attività medesima. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che la corte territoriale avesse correttamente applicato il principio di cui in massima riconoscendo, in controversia per differenze retributive per lo svolgimento di mansioni dirigenziali, la legittimazione passiva del datore di lavoro, convenuto in un giudizio in proprio e quale rappresentante delle società che ad esso facevano capo e che egli sostanzialmente controllava influenzandone le decisioni e le scelte gestionali).
Cass. civ. n. 17696/2006
In tema di «gruppi» di società collegate tra loro in senso economico e dirigenziale (ma non anche sotto il profilo giuridico), la validità di atti compiuti dall'organo amministrativo di una di esse in favore di altra ad essa collegata è condizionata all'esistenza di un interesse economicamente e giuridicamente apprezzabile in capo alla società agente, non potendosi, per converso, predicare la legittimità di atti che, favorendo le società collegate, non rivestano alcun interesse, fuoriescano completamente dall'oggetto sociale o addirittura pregiudichino la società operante; sicché, al fine di verificare se un'operazione abbia comportato o meno per la società che l'ha posta in essere un ingiustificato depauperamento occorre tener conto della complessiva situazione che, nell'ambito del gruppo, a quella società fa capo, potendo l'eventuale pregiudizio economico che da essa sia direttamente derivato aver trovato la sua contropartita in un altro rapporto e l'atto presentarsi come preordinato al soddisfacimento di un ben preciso interesse economico, sia pure mediato e indiretto. (Nella fattispecie la S.C. ha quindi ritenuto legittimo il contratto di mutuo, stipulato da una delle società del gruppo, destinato a procurare la liquidità necessaria alla sistemazione dei debiti dell'intero gruppo, sistemazione che condizionava la realizzazione dei progetti imprenditoriali della società mutuataria).
Cass. civ. n. 5496/2006
Qualora tra più società vi sia un collegamento economico-funzionale è da ravvisare un unico centro di imputazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti quando si accerti l'utilizzazione contemporanea delle prestazioni lavorative da parte delle varie società titolari delle distinte imprese. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto la logicità e l'adeguatezza della motivazione della sentenza impugnata con la quale era stata rilevata la sussistenza di un caso di collegamento societario desumibile dall'unicità della gestione aziendale e della coincidenza del centro di imputazione, risultanti da molteplici e concorrenti elementi probatori congruamente valutati, fra i quali l'inserimento del lavoratore ricorrente nelle poste economiche passive delle due società e la congiunta gestione delle sorti del rapporto di lavoro del medesimo, oltre che sulla scorta della considerazione delle due società — all'esterno — come un unico datore di lavoro).
Cass. civ. n. 24834/2005
Il vincolo di controllo, derivante dalla spettanza ad una società della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea di un'altra società, non determina di per sè la responsabilità della partecipante per le obbligazioni assunte dalla partecipata, all'uopo occorrendo un quid pluris come quando risulti la mera apparenza o comunque il superamento della distinta soggettività dei due enti, con la sostanziale unicità della conduzione dell'attività imprenditoriale nel suo complesso o dello specifico rapporto produttivo di quelle obbligazioni.
Cass. civ. n. 12094/2001
La configurabilità del controllo esterno di una società su di un'altra (quale disciplinata dal primo comma, n. 3, dell'art. 2359 c.c. nella formulazione risultante a seguito della modifica apportata dal D.L.vo n. 127 del 1991 e consistente nella influenza dominante che la controllante esercita sulla controllata in virtù di particolari vincoli contrattuali), postula la esistenza di determinati rapporti contrattuali la cui costituzione ed il cui perdurare rappresentino la condizione di esistenza e di sopravvivenza della capacità di impresa della società controllata; l'accertamento della esistenza di tali rapporti, così come l'accertamento dell'esistenza di comportamenti nei quali possa ravvisarsi un abuso della posizione di controllo tale da convertire una situazione di per sé non illecita nel contesto della vigente disciplina codicistica in una condotta illecita causativa di danno risarcibile, costituisce indagine di fatto, rimessa, come tale, all'apprezzamento del giudice del merito e sindacabile in sede di legittimità solo per aspetti di contraddizione interna all'iter logico formale della decisione, ovvero per omissione di esame di elementi determinanti per la decisione stessa. (Nella specie, la Suprema Corte ha confermato la decisione di merito che aveva respinto la domanda di risarcimento dei danni proposta, nei confronti di una società facente capo ad un noto stilista e dello stesso in proprio, da alcune società, asseritamente controllate dalla prima, che, su licenza di questa, producevano capi di abbigliamento con la griffe di detto stilista, al fine di far valere la responsabilità aquiliana della società pretesa controllante e del suo amministratore per avere, con il recesso dai contratti stipulati con le attrici, asseritamente concretante un abuso di posizione di controllo, provocando il dissesto delle stesse).
Cass. civ. n. 8159/2000
In tema di «gruppi» di società collegate tra loro in senso economico e dirigenziale (ma non anche sotto il profilo giuridico), la validità di atti (nella specie, fideiussione) compiuti dall'organo amministrativo di una di esse in favore di altra ad essa collegata è condizionata all'esistenza di un interesse economicamente e giuridicamente apprezzabile in capo alla società agente, non potendosi, per converso, predicare la legittimità di atti che, favorendo le società collegate, non rivestano alcun interesse, fuoriescano completamente dall'oggetto sociale, o addirittura pregiudichino la società operante. (Nell'affermare il principio di diritto che precede, la S.C. ha così confermato la sentenza del giudice di merito che aveva sancito la validità di una fideiussione concessa da una società a responsabilità limitata in favore di società ad essa collegata, rinvenendo, nell'atto fideiussorio, gli estremi dell'interesse giuridicamente apprezzabile e della congruenza con gli scopi sociali della concedente).
Cass. civ. n. 8532/1991
Il collegamento economico-funzionale tra imprese gestite da società di un medesimo gruppo non comporta il venir meno dell'autonomia delle singole società dotate di personalità giuridica distinta, alle quali continuano a far capo i rapporti di lavoro del personale in servizio presso le distinte e rispettive imprese; pertanto, non è di per sé solo sufficiente a far ritenere che gli obblighi inerenti ad un rapporto di lavoro subordinato, intercorso fra un lavoratore ed una di tali società, si estendano ad altre dello stesso gruppo, salva, peraltro, la possibilità di ravvisare un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro — anche ai fini della sussistenza o meno del requisito numerico necessario per l'applicabilità della cosiddetta tutela reale del lavoratore licenziato (artt. 18 e 35 della L. 20 maggio 1970, n. 300) — ogni volta che vi sia una simulazione o una preordinazione in frode alla legge del frazionamento di un'unica attività fra vari soggetti e ciò venga accertato in modo adeguato, attraverso l'esame dell'attività delle singole imprese, da parte del giudice del merito, per mezzo degli ampi poteri che a quest'ultimo sono conferiti nel rito del lavoro.
Cass. civ. n. 5123/1991
Il gruppo di imprese non costituisce un soggetto giuridico o comunque un centro di interessi autonomo rispetto alle società collegate e, pertanto, anche ai fini della responsabilità degli amministratori — quando manchi la prova di un accordo fra le varie società, diretto a creare un'impresa unica, con direzione unitaria e patrimoni tutti destinati al conseguimento di una finalità comune e ulteriore — va valutato il comportamento che la legge e l' atto costitutivo impongono rispetto alla società di appartenenza, talché essi rispondono verso la medesima società dell'inosservanza dei loro doveri, senza che sia possibile compensare, in una valutazione globale del loro comportamento, il pregiudizio cagionato a quest'ultima, per effetto di mala gestio, col corrispondente vantaggio di altra società del gruppo.