Cass. civ. n. 17088/2008
Nel trasferimento di titoli azionari, l'adempimento delle formalità prescritte dall'art. 2022, primo comma, c.c. (c.d. transfert) non costituisce condizione di perfezionamento dell'acquisto o di produzione dell'effetto reale traslativo della proprietà del titolo, ma attiene alla fase esecutiva, certificativa e pubblicitaria del trasferimento, incidendo soltanto sulla legittimazione del nuovo socio; quest'ultimo, peraltro, pur non potendo esercitare alcun diritto sino a quando non si sia provveduto alle predette formalità (salvo quello di partecipare alle assemblee con le modalità previste dall'art. 4 della legge 29 dicembre 1962, n. 1745), è pur sempre titolare del diritto di proprietà sul titolo, per il cui trasferimento non è quindi necessaria la redazione del c.d. fissato bollato, imposta per ragioni fiscali inerenti alla conclusione dei contratti di borsa, e non avente neppure una funzione .surrogatoria o comp)ementare rispetto all'esecuzione del transfert, ma solo di ulteriore documentazione di una cessione meramente consensuale.
Cass. civ. n. 17030/2008
In tema di prova dei contratti di borsa, il c.d. fissato bollato, che sul piano fiscale assolve ad una funzione probatoria di pagamento dell'imposta, quale dichiarazione che le parti fanno al Fisco in relazione ad atti a forma libera, sul piano civile è suscettibile di apprezzamento come indizio, in quanto, contenendo una dichiarazione resa comunque anche "inter partes", costituisce un documento utile ai fini della ricostruzione del contenuto dell'operazione che le parti hanno inteso compiere. (Rigetta, App. Milano, 27 Febbraio 2004).
Cass. civ. n. 28260/2005
L'ordine di borsa per l'acquisto di azioni nella forma del contratto a premio semplice, denominato "dont" (contratto che conferisce all'acquirente la facoltà di scegliere, entro un determinato termine di scadenza, fra il ritiro dei titoli acquistati, dietro pagamento del prezzo maggiorato del premio, o il recesso dall'acquisto di detti titoli con abbandono del premio), determina per chi lo riceve - quale che si ritenga essere la natura dell'ordine di borsa, e anche se si dubiti trattarsi di un vero e proprio mandato all'acquisto - un dovere di esecuzione connotato da obblighi di diligenza, la quale si riferisce anche all'esercizio della facoltà di scelta sopra richiamata, e di rispetto dei principi di correttezza e buona fede, che presidiano ogni tipo di esecuzione contrattuale e che, in ogni ipotesi di gestione di affari altrui, sono caratterizzati dalla diligenza richiesta in tema di mandato dagli artt. 1710 e ss. cod. civ.; ne consegue che ai medesimi principi si ricollega anche l'obbligo, specificamente previsto dal secondo comma dell'art. 1711 cod. civ., di discostarsi dalla istruzioni ricevute (ancorchè eventualmente queste siano rigide e specifiche) solo quando si profilino circostanze nuove, che non sia possibile comunicare al mandante in tempo utile, ma in presenza delle quali sia ragionevole presumere l'approvazione del medesimo mandante.
Cass. civ. n. 21641/2005
Nel caso di vendita a termine di titoli azionari, il diritto di recesso contemplato dall'art. 2437 c.c. (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal D.L.vo 17 gennaio 2003, n. 6, applicabile nella specie
ratione temporis) -
a differenza del diritto di opzione e degli altri diritti presi in considerazione dagli artt. 1531 ss. c.c. - non passa immediatamente in capo al compratore, ma resta di spettanza del venditore fino al momento in cui, col maturare del termine, questi non abbia perso la titolarità delle azioni. Dai citati artt. 1531 ss. c.c. - destinati a risolvere specifiche situazioni di contrapposizione d'interessi tra compratore e venditore in ipotesi di vendita a termine di titoli di credito - non può infatti dedursi l'esistenza di un regola generale, in forza della quale, nel caso di vendita a termine di titoli azionari, tutti i diritti sociali si trasmettono immediatamente al compratore, con la sola eccezione del diritto di voto menzionato dal secondo comma dell'art. 1531. Né, d'altra parte, è ipotizzabile l'applicazione analogica al diritto di recesso della disciplina prevista per il diritto di opzione - che in pendenza del termine compete al compratore, ai sensi dell'art. 1532 - trattandosi di istituti di fondamento logico ben diverso: giacché l'uno - il diritto di opzione - è destinato ad assicurare a ciascun socio la possibilità di mantenere la preesistente percentuale di partecipazione in caso di aumento del capitale, e dunque esprime una esigenza di stabilità nel rapporto reciproco tra i soci; mentre l'altro - il diritto di recesso - è finalizzato a porre termine alla partecipazione sociale, consentendo al socio che dissente da determinate decisioni della maggioranza, modificative dell'assetto della società, di fuoriuscire dalla compagine societaria.