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Articolo 1519 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Restituzione di cose non pagate

Dispositivo dell'art. 1519 Codice Civile

Se la vendita è stata fatta senza dilazione per il pagamento del prezzo, il venditore, in mancanza di pagamento, può riprendere il possesso delle cose vendute, finché queste si trovano presso il compratore, purché la domanda sia proposta entro quindici giorni dalla consegna e le cose si trovino nello stato in cui erano al tempo della consegna stessa(1).

Il diritto di riprendere il possesso delle cose non si può esercitare in pregiudizio dei privilegi previsti dagli articoli 2764 e 2765(2), salvo che si provi che il creditore, al tempo dell'introduzione di esse nella casa o nel fondo locato ovvero nel fondo concesso a mezzadria o a colonia [2164], conosceva che il prezzo era ancora dovuto.

La disposizione del comma precedente si applica anche a favore dei creditori del compratore che abbiano sequestrato o pignorato le cose, a meno che si provi che essi, al momento del sequestro o del pignoramento, conoscevano che il prezzo era ancora dovuto [75].

Note

(1) I presupposti per l'esercizio del potere di autotuela sono la mancanza di pagamento (1498 c.c.), che non siano state concesse proroghe, che le cose siano nel possesso dell'acquirente e siano nello stato in cui erano al momento della vendita, che, al contempo, venga proposta domanda giudiziale entro quindici giorni dalla consegna del bene.
(2) Si tratta dei privilegi previsti per i crediti delle pigioni e degli affitti degli immobili (2764 c.c.) e dei crediti a favore di chi concede un fondo a mezzadria o a colonia per i crediti derivanti dal contratto (2765 c.c.).

Ratio Legis

La norma attribuisce al venditore uno strumento di autotutela per l'ipotesi in cui l'acquirente sia inadempiente nell'obbligo di pagare il prezzo (1498 c.c.).

Spiegazione dell'art. 1519 Codice Civile

Fallimento del compratore

Il fallimento del compratore autorizza il venditore a non consegnare la cosa venduta: ma può il curatore assumere il contratto per la massa se lo ritiene vantaggioso, e se vi è autorizzato dal giudice delegato. Deve il curatore adempiere integralmente l'obbligo di pagare il prezzo, se non preferisce sciogliersi dal contratto. Per non restare a lungo in un fastidioso stato d'incertezza, il venditore può mettere in mora il curatore, facendo fissare dal giudice delegato un termine di otto giorni, decorso il quale il contratto si intende sciolto.

La cosa mobile spedita al compratore fallito prima della dichiarazione di fallimento, benché non ancora a sua disposizione nel luogo di destinazione, è divenuta di sua proprietà, perché specificata mediante consegna al vettore. Tuttavia al venditore è consentito rivendicazione perché anche in questo caso il sopravvenire del fallimento è assunto dalla legge come condizione risolutiva della vendita. Non può rivendicare il venditore se la cosa è già a disposizione del compratore, o se questi ha girato ad altri la lettera di vettura o la polizza di carico.


Spese di trasporto

Attesa la natura equitativa della rivendicazione del venditore (gli si consente rivendicare pur essendo divenuto già proprietario il compratore) egli deve assumere a suo carico le spese di trasporto (che sono di regola a carico del compratore) e deve restituire gli acconti ricevuti, mentre a rigore dovrebbe poterli trattenere in conto dei danni recatigli dall'inadempimento del compratore: danni che di regola non si possono insinuare nel passivo del fallimento.
Ma il venditore può avere anche interesse a dar corso al contratto perché ad es. è debitore del fallito ed intende compensare, in tal caso il venditore può far valere nel passivo il credito del prezzo.
Prevale in ogni caso il diritto del curatore che intenda farsi consegnare la cosa pagandone il prezzo integrale. È il principio generale della facoltà della massa di subentrare nei contratti del fallito dandovi integrale adempimento, facoltà che, quando è esercitata, non lede alcun interesse della controparte in bonis. Un solo vantaggio ha la massa: di poter optare fra l'adempimento integrale e lo scioglimento, senza dovere in quest'ultimo caso risarcire i danni per l'inadempimento.


Ripresa del possesso

Il venditore che non ha consentito dilazione al pagamento del prezzo e tuttavia ha consegnato la cosa al compratore non ha inteso fargli credito: ha voluto dargli bensì la cosa, ma nella sicurezza di immediato pagamento.
Di qui la tutela della legge che consente al venditore di chiedere la restituzione di cose non pagate.
Ma poiché per le cose mobili (anche indipendentemente dal possesso val titolo per chi ha acquistato in buona fede) sarebbe pericoloso un lungo periodo di incertezza, la ripresa del possesso è consentita al venditore solo nei quindici giorni dalla consegna e se le cose si trovino nello stato in cui erano al tempo della consegna stessa.

Se le cose presso il compratore risultano trasformate (ed è facile identificare che sono proprio le cose di cui il venditore chiede restituzione: il grano trasformato in farina o addirittura in paste alimentari) non vi dovrebbe essere difficoltà, o almeno non v'è nessuna difficoltà logica a far accogliere la richiesta di restituzione da parte del venditore: tuttavia non è senza ragione la limitazione posta dalla legge.
La stessa minor facilità di identificazione, l'opportunità di evitare contestazioni sull'identita della cosa ormai trasformata e sulla sua derivazione proprio dalla cosa reclamata dal venditore, il fatto innegabile che la trasformazione ha accresciuto il valore della cosa (vi si è aggiunto l'opera manifatturiera che è costata una certa quota di ammortamento degli impianti, e spese generali e salari ed altre materie prime, ecc.) hanno indotto il legislatore a negare al venditore la ripresa di possesso anche quando la cosa si trovi presso il compratore, ma trasformata.


Privilegio del locatore d'immobili

Inoltre il diritto di riprendere il possesso delle cose non pagate non si può esercitare in pregiudizio del privilegio del locatore di immobili (articoli 2764 e 2765 cod. civ.) poiché l'antichissimo privilegio del locatore sugli invecta et illata del conduttore o del mezzadro è un' esigenza secolare del credito, generalmente il locatore, non avendo ragione di dubitare che le cose portate dal conduttore nella casa o nel fondo siano di proprietà del conduttore.
Il privilegio del locatore vien meno soltanto se si provi che al tempo della loro introduzione nella casa o nel fondo locato egli conosceva che il prezzo era ancora dovuto.

Il locatore, in quanto esercita un vero diritto reale erga omnes col privilegio che la legge gli consente sugli invecta et illata (un vero pegno ex lege: un pegno pur senza possesso) va considerato come un acquirente in buona fede. Ad escludere la sua buona fede basta che egli sappia non ancora pagato il prezzo: sappia cioè che il venditore non aveva voluto rinunziare alla ripresa di possesso.
Perciò ad evitare che il locatore eserciti il privilegio taluni che vendono a credito al conduttore ne avvertono appositamente il locatore.

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

373 L'art. 401 riproduce nella sostanza l'art. 1513 del codice vigente (381 del progetto del 1936) che consente al venditore di recuperare il possesso delle cose vendute e non pagate, finché si trovano presso il compratore nello stato in cui erano al tempo della consegna.
Qualunque sia per essere l'esatta costruzione giuridica di questo speciale rimedio accordato al venditore (il che rientra nei compiti della dottrina), è certo che non può qualificarsi rivendicatoria l'azione del venditore diretta al recupero delle cose vendute, essendosi egli spogliato della proprietà. Perciò ho abbandonato la dizione tecnicamente imprecisa del codice e del progetto precedente, limitandomi a descrivere l'effetto pratico dell'azione, senza qualificarla.
Il conflitto tra il diritto del venditore e il privilegio del locatore è risoluto in base al sistema adottato dal codice, che non era stato completamente riferito nell'art. 381 del progetto del 1936: cioè a dire prevale il diritto del venditore solo se il locatore conosceva, al tempo della introduzione dei mobili nella casa o nel fondo locato, che il prezzo ne fosse ancora dovuto.
Sulla scorta dello stesso criterio ho risolto anche il conflitto tra il venditore e i creditori pignoranti o sequestranti. Naturalmente in questo caso la scienza del mancato pagamento del prezzo, che fa prevalere il diritto del venditore su quello dei creditori del compratore, deve sussistere al momento del pignoramento o del sequestro.

Massime relative all'art. 1519 Codice Civile

Cass. civ. n. 22146/2020

In tema di vendita di beni di consumo affetti da vizio di conformità, ove l'acquirente abbia inizialmente richiesto la riparazione del bene, non è preclusa la possibilità di agire successivamente per la risoluzione del contratto quando sia scaduto il termine ritenuto congruo per la riparazione, senza che il venditore vi abbia tempestivamente provveduto, ovvero se la stessa abbia arrecato un notevole inconveniente.

Cass. civ. n. 4432/1977

In tema di compravendita di cose mobili, la domanda con la quale il venditore, in caso di mancato pagamento del prezzo, fa valere il proprio diritto alla restituzione delle cose medesime, ai sensi dell'art. 1519 c.c., postula una volontà diretta al mantenimento in vita del contratto, mediante una riacquisizione del possesso (non della proprietà) di quanto alienato, che serva a stimolare l'adempimento del compratore ed a garantire le ragioni creditorie del venditore stesso. In detta domanda, pertanto, non è ravvisabile un'implicita richiesta di pronuncia dichiarativa o costitutiva della risoluzione del contratto per inadempimento.

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