Fallimento del compratore
Il fallimento del compratore autorizza il venditore a non consegnare la cosa venduta: ma può il curatore assumere il contratto per la massa se lo ritiene vantaggioso, e se vi è autorizzato dal giudice delegato. Deve il curatore adempiere integralmente l'obbligo di pagare il prezzo, se non preferisce sciogliersi dal contratto. Per non restare a lungo in un fastidioso stato d'incertezza, il venditore può mettere in mora il curatore, facendo fissare dal giudice delegato un termine di otto giorni, decorso il quale il contratto si intende sciolto.
La cosa mobile spedita al compratore fallito prima della dichiarazione di fallimento, benché non ancora a sua disposizione nel luogo di destinazione, è divenuta di sua proprietà, perché specificata mediante consegna al vettore. Tuttavia al venditore è consentito rivendicazione perché anche in questo caso il sopravvenire del fallimento è assunto dalla legge come condizione risolutiva della vendita. Non può rivendicare il venditore se la cosa è già a disposizione del compratore, o se questi ha girato ad altri la lettera di vettura o la polizza di carico.
Spese di trasporto
Attesa la natura equitativa della rivendicazione del venditore (gli si consente rivendicare pur essendo divenuto già proprietario il compratore) egli deve assumere a suo carico le spese di trasporto (che sono di regola a carico del compratore) e deve restituire gli acconti ricevuti, mentre a rigore dovrebbe poterli trattenere in conto dei danni recatigli dall'inadempimento del compratore: danni che di regola non si possono insinuare nel passivo del fallimento.
Ma il venditore può avere anche interesse a dar corso al contratto perché ad es. è debitore del fallito ed intende compensare, in tal caso il venditore può far valere nel passivo il credito del prezzo.
Prevale in ogni caso il diritto del curatore che intenda farsi consegnare la cosa pagandone il prezzo integrale. È il principio generale della facoltà della massa di subentrare nei contratti del fallito dandovi integrale adempimento, facoltà che, quando è esercitata, non lede alcun interesse della controparte in bonis. Un solo vantaggio ha la massa: di poter optare fra l'adempimento integrale e lo scioglimento, senza dovere in quest'ultimo caso risarcire i danni per l'inadempimento.
Ripresa del possesso
Il venditore che non ha consentito dilazione al pagamento del prezzo e tuttavia ha consegnato la cosa al compratore non ha inteso fargli credito: ha voluto dargli bensì la cosa, ma nella sicurezza di immediato pagamento.
Di qui la tutela della legge che consente al venditore di chiedere la restituzione di cose non pagate.
Ma poiché per le cose mobili (anche indipendentemente dal possesso val titolo per chi ha acquistato in buona fede) sarebbe pericoloso un lungo periodo di incertezza, la ripresa del possesso è consentita al venditore solo nei quindici giorni dalla consegna e se le cose si trovino nello stato in cui erano al tempo della consegna stessa.
Se le cose presso il compratore risultano trasformate (ed è facile identificare che sono proprio le cose di cui il venditore chiede restituzione: il grano trasformato in farina o addirittura in paste alimentari) non vi dovrebbe essere difficoltà, o almeno non v'è nessuna difficoltà logica a far accogliere la richiesta di restituzione da parte del venditore: tuttavia non è senza ragione la limitazione posta dalla legge.
La stessa minor facilità di identificazione, l'opportunità di evitare contestazioni sull'identita della cosa ormai trasformata e sulla sua derivazione proprio dalla cosa reclamata dal venditore, il fatto innegabile che la trasformazione ha accresciuto il valore della cosa (vi si è aggiunto l'opera manifatturiera che è costata una certa quota di ammortamento degli impianti, e spese generali e salari ed altre materie prime, ecc.) hanno indotto il legislatore a negare al venditore la ripresa di possesso anche quando la cosa si trovi presso il compratore, ma trasformata.
Privilegio del locatore d'immobili
Inoltre il diritto di riprendere il possesso delle cose non pagate non si può esercitare in pregiudizio del privilegio del locatore di immobili (articoli 2764 e 2765 cod. civ.) poiché l'antichissimo privilegio del locatore sugli invecta et illata del conduttore o del mezzadro è un' esigenza secolare del credito, generalmente il locatore, non avendo ragione di dubitare che le cose portate dal conduttore nella casa o nel fondo siano di proprietà del conduttore.
Il privilegio del locatore vien meno soltanto se si provi che al tempo della loro introduzione nella casa o nel fondo locato egli conosceva che il prezzo era ancora dovuto.
Il locatore, in quanto esercita un vero diritto reale erga omnes col privilegio che la legge gli consente sugli invecta et illata (un vero pegno ex lege: un pegno pur senza possesso) va considerato come un acquirente in buona fede. Ad escludere la sua buona fede basta che egli sappia non ancora pagato il prezzo: sappia cioè che il venditore non aveva voluto rinunziare alla ripresa di possesso.
Perciò ad evitare che il locatore eserciti il privilegio taluni che vendono a credito al conduttore ne avvertono appositamente il locatore.