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Articolo 1412 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Prestazione al terzo dopo la morte dello stipulante

Dispositivo dell'art. 1412 Codice Civile

Se la prestazione deve essere fatta al terzo dopo la morte dello stipulante(1), questi può revocare il beneficio anche con una disposizione testamentaria [587] e quantunque il terzo abbia dichiarato di volerne profittare, salvo che, in quest'ultimo caso, lo stipulante abbia rinunciato per iscritto al potere di revoca(2).

La prestazione deve essere eseguita a favore degli eredi del terzo se questi premuore allo stipulante, purché il beneficio non sia stato revocato o lo stipulante non abbia disposto diversamente.

Note

(1) Esempio tipico è quello dell'assicurazione sulla vita (v. 1919 ss. c.c.).
(2) Tale rinuncia preventiva comporta il rischio che la fattispecie eluda il divieto di patti successori (v. 458 c.c.). Si ritiene che la differenza consista nel fatto che con il contratto a favore di terzo quest'ultimo acquista immediatamente il diritto e come acquisto tra vivi, rappresentando la morte dello stipulante solo il momento a partire dal quale la prestazione potrà essere eseguita.

Ratio Legis

La stipula a favore del terzo normalmente non è onerosa e ciò giustifica la scelta legislativa di consentire allo stipulante di revocarla.
Il secondo comma si spiega considerando che lo stipulante può, alla morte del terzo, revocare la stipula in suo favore e, pertanto, se ciò non accade egli accetta che il diritto si trasmetta agli eredi del terzo.

Spiegazione dell'art. 1412 Codice Civile

L'eccezione nel caso di .prestazione in favore del terzo dopo la morte dello stipulante
Una disposizione eccezionale è quella sancita nel primo comma dell'articolo in esame. Mentre, infatti, la dichiarazione del terzo tronca il diritto dello stipulante alla revoca od alla modifica (art. 1411), eccezionalmente, se la prestazione dev'esser fatta al terzo dopo la morte dello stipulante, è concesso a costui (salvo sua rinunzia per iscritto a tal diritto) di revocare il beneficio pur dopo l'accettazione del terzo, ed anche con una disposizione testamentaria.

Viceversa, va da sè che la prestazione debba essere eseguita pure in favore degli eredi del terzo, nel caso di premorienza di costui allo stipulante; salvo, ben s'intende, che il beneficio non sia stato già revocato, o che esista diversa disposizione dello stipulante, ovvero, può aggiungersi, che non si tratti di prestazioni di carattere personale.

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

252 La frequenza dei contratti di assicurazione sulla vita a beneficio di un terzo mi ha indotto a disciplinare la revocabilità della stipulazione che ha per oggetto una prestazione al terzo dopo la morte dello stipulante e il diritto degli eredi del terzo che premuore allo stipulante (art. 270).
Mi è sembrato di potere affermare la persistenza del potere di revoca da parte dello stipulante nonostante la dichiarazione del terzo di volere profittare della stipulazione, dato il carattere di quest'ultima, che normalmente, non ha causa onerosa, e quindi non implica alcun obbligo di mantenere ferma l'attribuzione patrimoniale compresa nella stipulazione.
L'art. 270 lascia, tuttavia, salva la ipotesi di irrevocabilità del beneficio risultante da patto espresso o (nel caso di stipulazione credendi o solvendi causa) dall'essenza stessa della stipulazione; e soggiunge che la revoca del beneficiò puo darsi mediante disposizione testamentaria perché, pur essendo il testamento destinato a contenere dichiarazioni dispositive del patrimonio del testatore, tuttavia può servire ad esprimere una volontà diretta a diversi effetti giuridici. Se può contenere il riconoscimento di un debito, la rinunzia ad un diritto, il riconoscimento della paternità, ecc., può anche comprendere una dichiarazione di revoca di benefici attribuiti ad un terzo.
La premorienza del terzo allo stipulante trasmette agli eredi del primo il diritto alla prestazione che è oggetto di una stipulazione non ancora revocata, perché il solo fatto che non interviene la revoca del beneficio alla morte del terzo fa intendere la volontà dello stipulante di estendere il beneficio agli eredi del defunto: ciò è ovvio se la stipulazione è intervenuta in corrispettivo di una prestazione data o promessa dal terzo, oppure per estinguere un debito preesistente tra terzo e stipulante.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

645 Figura particolare di contratto a favore di terzi e quella in cui la prestazione deve eseguirsi posteriormente alla morte dello stipulante. Essa ha precipuo riguardo ai contratti di assicurazione sulla vita a beneficio di terzi, ma estende il suo ambito anche fuori del contratto d'assicurazione. La stipulazione in tal caso deve potersi revocare pur quando il terzo ha dichiarato di volerne profittare (art. 1412 del c.c.); questo in omaggio alla presunta volontà del promittente che non intende dare carattere definitivo alla destinazione del beneficio. Però lo stipulante può rinunziare validamente al potere di revoca, esprimendo così l'intenzione di attribuire in modo definitivo il beneficio; il che in particolar modo si verifica, quando l'attribuzione scaturente dalla stipulazione rappresenta l'adempimento di un obbligo preesistente. Se il terzo premuore allo stipulante, appare meglio rispondente alla presumibile volontà di questo ritenere che egli abbia voluto estendere il beneficio agli eredi del terzo; se non avesse voluto tale effetto avrebbe manifestato una diversa volontà revocando il beneficio o limitandone l'attribuzione alla persona del terzo medesimo (art. 1412, secondo comma).

Massime relative all'art. 1412 Codice Civile

Cass. civ. n. 29583/2021

Nell'assicurazione sulla vita "per il caso di vita", l'assicuratore è obbligato a pagare se, ad un determinato momento, una data persona è ancora in vita; per converso, ove l'assicurazione sulla vita sia stipulata "per il caso di morte", l'assicuratore è obbligato a pagare se, in un dato momento, una certa persona sia deceduta. La polizza può essere peraltro stipulata anche nella forma cd. mista sulla vita di un terzo e, cioè, tanto "per il caso di vita", quanto "per il caso di morte".

Cass. civ. n. 9948/2021

Al contratto di assicurazione sulla vita si applica l'art. 1412, comma 2, c.c., disposizione relativa al contratto a favore di terzo secondo cui, dopo la morte dello stipulante, la prestazione deve essere eseguita a favore degli eredi del terzo se questi premuore allo stipulante, purché il beneficio non sia stato revocato o lo stipulante non abbia disposto diversamente; ne consegue che, non ricorrendo le ipotesi di revoca o di differente regolamentazione, in caso di premorienza al disponente del terzo beneficiario, l'insorgenza del diritto a favore di quest'ultimo non è condizionata alla morte del disponente, evento che non incide sulla nascita del diritto alla prestazione, ma solo sulla sua esigibilità, a prescindere dal motivo "intuitu personae" o previdenziale sottostante alla designazione del beneficiario. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la decisione del giudice di merito che, reputando il diritto alla prestazione dell'assicuratore come insorto soltanto alla morte del disponente, aveva erroneamente considerato la premorienza della beneficiaria alla stregua di causa di esclusione del diritto al beneficio preteso dai suoi eredi).

Cass. civ. n. 29636/2017

In tema di contratto di assicurazione a favore di terzo, il diritto di quest'ultimo di rendere non revocabile la stipulazione nei propri confronti è condizionato dalla conoscenza che il terzo stesso abbia della stipulazione in suo favore, conoscenza che deve essere resa attuale perché egli possa esercitare il diritto di profittare di tale stipulazione. (Nella specie, relativa ad una richiesta risarcitoria per l'intervenuta prescrizione del diritto all'indennizzo in relazione ad una polizza assicurativa stipulata da un Comune a copertura degli infortuni dei propri dipendenti, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che aveva escluso la responsabilità del Comune sul rilievo che il diritto all'indennizzo era entrato nel patrimonio dei beneficiari e che la mancata conoscenza della polizza da parte di questi ultimi costituiva un mero impedimento di fatto all'esercizio di tale diritto, senza tuttavia valutare il comportamento omissivo dello stesso Comune, il quale non aveva comunicato ai beneficiari l'esistenza della polizza, né aveva compiuto atti interruttivi, così provocando l'utile esercizio dell'eccezione di prescrizione da parte della compagnia di assicurazione).

Cass. civ. n. 8335/1990

Il contratto, con cui una parte deposita presso un'altra una determinata somma ed attribuisce ad un terzo, che prende parte all'atto, il diritto a pretenderne la restituzione dopo la propria morte, non configura un contratto a favore di terzi, con esecuzione dopo la morte dello stipulante, a norma dell'art. 1412 c.c., avendo il terzo assunto la qualità di parte dell'atto e lo stipulante obbligandosi in suo diretto confronto a mantenere ferma la disposizione in suo favore, bensì rientra nell'ambito di applicazione del divieto dei patti successori sancito dall'art. 458 c.c., ed è perciò nulla, giacché dà luogo ad una complessa convenzione costituita da un deposito irregolare e da una vietata donazione mortis causa.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1412 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

A. S. chiede
sabato 24/08/2024
“Salve, devo riscuotere una polizza vita caso morte e sono uno degli eredi di una beneficiaria premorta al contraente.
Dato che negli ultimi anni abbiamo un contenzioso legale per la spartizione dell’eredità, l’istituto di credito nonostante abbia già in mano tutti i documenti necessari per liquidare,mi ha richiesto di confermare che non ci siano delle integrazioni alla dichiarazione di successione che è del 2015(ovviamente tutto già prodotta)dato che siamo in causa per lo scioglimento della comunione (di cui ovviamente non c’è menzione alcuna della polizza, dato che non rientra in successione),che è del 2021, vogliono sapere se c’è stata una sentenza che ha cambiato le quote e se c’è una integrazione alla dichiarazione di successione.
Anzitutto mi domando per quale motivo io debba produrre un’autocertificazione sotto mia piena responsabilità e nella quale dichiaro che non siamo ancora arrivati a sentenza e che non ci siano integrazioni alla dichiarazione di successione, non capisco quali motivi portano l’istituto a interessarsi ad un contenzioso legale.
Poi,se si arrivasse in cassazione potrebbero cambiare altre situazioni e quote, quindi per quale motivo io devo autocertificare di fatto che non ci sono state integrazioni alla dichiarazione di successione e modifiche alle quote?
Trovo singolare liquidare centinaia di migliaia di euro sulla parola di un beneficiario.
Vi chiedo se è lecito che mi vengano poste queste richieste a fronte del fatto che l’ istituto di credito ha in mano tutti i documenti che per legge vengono richiesti, le loro richieste tra l’altro vengono create da me sotto mia piena responsabilità e sono inerenti una causa.
Cosa c’entra l’istituto di credito in un contenzioso legale?
Posso oppormi a questa richiesta perché non lecita?
Questo è il quesito che vorrei porvi perché se dovessero poi liquidare, dopo avermi preannunciato che saranno liquidate per diritto successorio, secondo me certificazioni di questo tipo mi impediranno ogni azione legale in futuro nei confronti dell’istituto di credito, Quindi vorrei evitare di auto produrre, non documenti ma certificazioni che potrei evitare.
Grazie”
Consulenza legale i 31/08/2024
La richiesta dell’istituto di credito è legittima, così come corretto è il riferimento ad una integrazione alla dichiarazione di successione.
In questa vicenda probabilmente sfugge un passaggio relativo alla polizza vita da riscuotere, ovvero la circostanza che le somme che l’istituto di credito andrà ad erogare entrano in realtà nell’asse ereditario della beneficiaria premorta al contraente e, dunque, fanno parte della massa ereditaria della de cuius, in relazione alla quale risulta tuttora pendente una controversia giudiziaria.

La questione della premorienza del beneficiario nel contratto di polizza vita caso morte è stata in diverse occasioni presa in esame dalla Corte di Cassazione, la quale con sentenza n. 9948 del 15.04.2021 ha affermato che, per effetto di quanto disposto dal terzo comma dell’art. 1920 del c.c., il beneficiario acquista un diritto che trova la propria origine nel contratto e che, in quanto tale, esce dalla disponibilità dello stipulante per entrare nel patrimonio del terzo nel momento stesso della designazione.
Tale impostazione, del resto, risulta conforme allo schema del contratto a favore di terzo, dovendo farsi applicazione del disposto di cui al secondo comma dell’art. 1412 c.c., con la conseguenza che, una volta verificatosi l’evento condizionale previsto (ovvero la morte dello stipulante), la prestazione del contratto oggetto di assicurazione dovrà essere eseguita in favore degli eredi del beneficiario morto.

In tal senso si è anche pronunciata Cass. SS. UU. Sentenza n. 11421 del 30.04.2021, nel corpo della quale tra l’altro si legge che “Quando uno dei beneficiari del contratto di assicurazione sulla vita premuore al contraente, la prestazione deve essere eseguita a favore degli eredi del premorto in proporzione della quota che sarebbe spettata a quest’ultimo”.

In altri termini, è corretto dire, come sostenuto nel quesito, che la polizza non cade in successione, ma ciò vale con riferimento alla successione del contraente della polizza ed alle somme che il beneficiario riscuote per effetto di essa, in quanto, come si è prima accennato, nel momento stesso della stipulazione, il diritto di credito esce dal patrimonio dello stipulante per entrare in quello del beneficiario (salva eventuale revoca successiva).

Diversa è la situazione, invece, per il beneficiario della polizza, in quanto quel diritto di credito fa parte del suo patrimonio, come qualunque altro diritto, e come tale entra a far parte della massa ereditaria, a cui avranno diritto i chiamati all’eredità, secondo le quote volute dalla legge o disposte con testamento dal beneficiario deceduto.

Pertanto, la richiesta di integrazione della successione della banca deve considerarsi del tutto legittima, in quanto dell’asse ereditario fa parte anche il diritto di credito scaturente dalla polizza di cui la defunta era beneficiaria.
Del pari legittima deve ritenersi la richiesta di rendere una dichiarazione, sotto forma di autocertificazione, dalla quale far risultare le quote a cui ha diritto ciascun erede della beneficiaria, in quanto è sulla base di tale dichiarazione che l’istituto di credito potrà liquidare le somme scaturenti dalla polizza vita, senza rischiare in futuro di incorrere in eventuali responsabilità per aver ripartito erroneamente quelle somme.


Anonimo chiede
giovedì 04/05/2023
“Buongiorno,
espongo il mio problema, S.F. è sia contraente che assicurato di una polizza assicurativa sulla vita, ed indica come beneficiario in caso morte il coniuge.
il beneficiario/coniuge, premuore al contraente/assicurato e la polizza non è scaduta.
Il contraente, può dopo la premorienza del coniuge variare il beneficiario?
Gli eredi del beneficiario possono vantare l'esigibilità della polizza assicurativa oppure subentrare in rappresentanza del beneficiario premorto?
Ringrazio e rimango in attesa di un vs. riscontro.”
Consulenza legale i 11/05/2023
La situazione qui descritta trova soluzione nel combinato disposto degli artt. 1920 e 1412 c.c. e di essa se ne è occupata in diverse occasioni la Corte di Cassazione.
In particolare, si vuole qui segnalare la sentenza della Cass. SS.UU. n. 11421 del 30.04.2021, nella quale tra l’altro si legge che “Quando uno dei beneficiari del contratto di assicurazione sulla vita premuore al contraente, la prestazione deve essere eseguita a favore degli eredi del premorto in proporzione della quota che sarebbe spettata a quest’ultimo” (in senso conforme Cass. 10.11.1994 n. 9388, Cass. 14.05.1996 n. 4484, Cass. 23.03.2006 n. 6531, Cass. 21.12.2016 n. 26606, Cass. 15.10.2018 n. 25635. In senso contrario Cass. 29.09.2015 n. 19210).

Sul particolare tema della premorienza ebbe modo di esprimersi, pochi giorni prima della citata sentenza a SS.UU., la stessa S.C. con sentenza n. 9948 del 15.04.2021, rilevando che, per effetto di quanto disposto dal terzo comma dell’art. 1920 c.c., il beneficiario acquista un diritto che trova la propria origine nel contratto e che, in quanto tale, esce dalla disponibilità dello stipulante per entrare nel patrimonio del terzo nel momento stesso della designazione.
Tale impostazione segue lo schema del contratto a favore di terzo, trovando applicazione il secondo comma dell’art. 1412 c.c., con la conseguenza che, dopo la morte dello stipulante, la prestazione oggetto del contratto di assicurazione deve essere eseguita in favore degli eredi del beneficiario premorto.

Tuttavia occorre prestare attenzione a quanto previsto dall’ultima parte dello stesso art. 1412 c.c., ove viene precisato che la prestazione dovrà essere eseguita a favore degli eredi del terzo beneficiario a condizione che lo stipulante sopravvissuto non abbia revocato il beneficio o non abbia disposto diversamente.
Da ciò ne discende che lo stipulante perde il potere di revoca soltanto se vi rinuncia per iscritto, dimostrando in questo modo di aver voluto attribuire il beneficio in maniera definitiva.
Tale rinuncia si configura, generalmente, come atto unilaterale inter vivos e recettizio nei confronti del solo promittente.

Pertanto, se il contraente non ha finora manifestato alcuna volontà di rinunciare al potere di revoca, potrà benissimo, anche dopo la morte del beneficiario, indicarne uno nuovo e gli eredi del beneficiario premorto non potranno vantare alcun diritto in dipendenza di quella polizza.
Per avere certezza di ciò è indispensabile leggere con attenzione il contratto assicurativo sottoscritto.

D. B. chiede
domenica 16/04/2023
“POLIZZA ASSICURATIVA CON BENEFICIARIO PREMORTO
Dopo la morte di mio padre nel 06/2022 io e mia sorella veniamo a conoscenza di 2 polizze vita stipulate nel 2014 da mio padre nominando beneficiaria mia madre.
Mia madre (che non accetto' né rifiuto' mai la nomina) mori' nel 06/2018 e nulla ci fu detto dalla assicurazione. Pertanto la polizza non fu menzionata nella successione di mia madre (ma del resto, mio padre -che era stipulante e assicurato- avrebbe potuto liberamente modificare i beneficiari). Mia sorella e mio padre rinunciarono alla eredità legittima di mia madre e io fui l'unico erede.
Ora, vorrei evitare di fare una integrativa alla successione di mia madre, come ora mi richiede l'assicurazione (dovrei nuovamente pagare un commercialista e le tasse per l'integrativa per un bene che è esente da tassazione).
Gli eredi legittimi di mio padre siamo io e mia sorella (e non abbiamo figli). Posso rinunciare ad essere beneficiario di quelle sole due polizze emerse ora, evitando che entrino nell'asse ereditario di mia madre? in caso affermativo, una polizza senza beneficiario ritorna in capo allo stipulante, quindi mio padre defunto e pertanto a me e mia sorella de iure proprio?”
Consulenza legale i 20/04/2023
Il caso che si prospetta trova soluzione nel combinato disposto degli artt. 1920 e 1412 c.c. ed è stato sottoposto all’esame della Corte di Cassazione in diverse occasioni.
In particolare, va segnalata al riguardo la sentenza della Cass. SS.UU. n. 11421 del 30.04.2021, nella quale tra l’altro si legge che “Quando uno dei beneficiari del contratto di assicurazione sulla vita premuore al contraente, la prestazione deve essere eseguita a favore degli eredi del premorto in proporzione della quota che sarebbe spettata a quest’ultimo” (in senso conforme Cass. 10.11.1994 n. 9388, Cass. 14.05.1996 n. 4484, Cass. 23.03.2006 n. 6531, Cass. 21.12.2016 n. 26606, Cass. 15.10.2018 n. 25635. In senso contrario Cass. 29.09.2015 n. 19210).

Sul particolare tema della premorienza ebbe modo di esprimersi, pochi giorni prima della citata sentenza a SS.UU., la stessa S.C. con sentenza n. 9948 del 15.04.2021, rilevando che, per effetto di quanto disposto dal terzo comma dell’art. 1920 c.c., il beneficiario acquista un diritto che trova la propria origine nel contratto e che, in quanto tale, esce dalla disponibilità dello stipulante per entrare nel patrimonio del terzo nel momento stesso della designazione.
Tale impostazione segue lo schema del contratto a favore di terzo, trovando applicazione il secondo comma dell’art. 1412 c.c., con la conseguenza che, dopo la morte dello stipulante, la prestazione oggetto del contratto di assicurazione deve essere eseguita in favore degli eredi del beneficiario premorto, purchè, ovviamente, il beneficio non sia stato nel frattempo revocato o lo stipulante non abbia diversamente disposto (anche in caso di commorienza del portatore del rischio/stipulante e del beneficiario detto principio porta al trasferimento del diritto in favore degli eredi di quest’ultimo).

In applicazione di quanto sopra detto si avrà che, mentre il beneficiario acquista il diritto alla prestazione assicurativa iure proprio, l’acquisto del medesimo diritto da parte degli eredi del beneficiario premorto allo stipulante opera iure hereditatis, trattandosi di successione nel diritto contrattuale all’indennizzo entrato a far parte del patrimonio del designato prima della sua morte.
Pertanto, corretta deve ritenersi la richiesta avanzata dall’impresa di assicurazione che deve provvedere alla liquidazione del capitale assicurato e volta ad acquisire la denuncia di successione dalla quale risultano i successibili ex lege del beneficiario.
La circostanza, poi, che uno solo degli eredi legittimi del beneficiario abbia accettato l’eredità per avervi gli altri rinunciato, determina l’applicabilità degli artt. 521 e 522 c.c., con la conseguenza che i rinunzianti si considerano come se non fossero mai stati chiamati all’eredità e che la loro quota si accrescerà in favore di coloro che avrebbero concorso con i medesimi, salvo il diritto di rappresentazione di cui agli artt. 467 e ss. c.c.

Deve anche escludersi la possibilità di rinunciare alla riscossione del capitale che la compagnia di assicurazione liquiderà in forza di quelle due polizze, in quanto, trattandosi di diritto già maturato a seguito della morte dello stipulante e facente ormai parte del patrimonio ereditario della defunta beneficiaria, si finirebbe per ricadere nel divieto di cui all’art. 520 del c.c., norma che sanziona con la nullità la rinunzia fatta sotto condizione o a termine o “solo per parte”.