L’articolo in commento pone sul titolare del permesso di costruire, sul committente e sul costruttore, la responsabilità sul piano sanzionatorio amministrativo e penale per la conformità delle opere alla normativa urbanistica ed alle previsioni di piano, nonché a quelle del permesso e alle modalità esecutive in esso stabilite.
Prima di passare all’analisi dei caratteri di tale responsabilità, si nota che essa è stabilita “
ai fini e per gli effetti delle norme contenute nel presente capo”, che è relativo alla “
Vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia e responsabilità”, senza però richiamare il Capo II recante le sanzioni.
La ragione di tale apparente stranezza consiste in un mancato coordinamento con la precedente legislazione confluita nel Testo Unico.
Infatti, nella L. n. 47/1985, che è il diretto antecedente della norma in esame, le disposizioni concernenti la responsabilità e le sanzioni erano contenute nel medesimo Capo e non due Capi distinti.
Pertanto, la formulazione dell’inciso viene ritenuta dalla dottrina un mero refuso, che non inficia la funzione di limitare il campo di applicazione dell’articolo 29 alle sanzioni sancite dal Testo Unico in conseguenza delle violazioni urbanistico-edilizie, escludendo tutti i profili di responsabilità civile eventualmente collegati a tali violazioni.
Le tre categorie di soggetti indicate dal primo comma dell’articolo in esame rispondono del pagamento delle sanzioni pecuniarie, nonché in solido delle spese derivanti dall’esecuzione coattiva della demolizione delle opere abusive.
La mancata menzione della responsabilità solidale in relazione alle sanzioni pecuniarie trova la sua giustificazione nel fatto che la sanzione relativa ad un singolo abuso è unica e non può essere duplicata ed applicata in misura piena nei confronti di ogni singolo soggetto responsabile.
Ne consegue che il pagamento da parte di uno dei responsabili estingue l’obbligazione anche nei confronti degli altri.
Va chiarito che la responsabilità di cui alla norma in commento sussiste anche nell’ipotesi di SCIA sostitutiva del permesso di costruire di cui all’art.
23 del Testo Unico, stante l’identità della disciplina sostanziale applicabile a tali categorie di interventi edilizi.
Secondo la giurisprudenza penale, inoltre, la responsabilità per abuso edilizio non è esclusa dall'avvenuto rilascio del titolo abilitativo in violazione di legge o degli strumenti urbanistici, ovvero nell'ipotesi di intervento realizzato direttamente in base ad una SCIA illegittima.
Quanto alle singole figure citate dall’art. 29 si precisa che
il titolare del permesso di costruire non è necessariamente il
proprietario; infatti, ai sensi dell’art.
11 del Testo Unico, sono legittimati a chiedere il rilascio del titolo edilizio tutti i soggetti che vantino una relazione giuridica qualificata con il bene che consenta loro di porre in essere l’attività edificatoria.
Il
committente è, invece, colui che affida la realizzazione dei lavori e viene citato distintamente dal titolare del permesso, in quanto nella pratica non sempre i due soggetti coincidono.
Il
costruttore, infine, è l’imprenditore edile-
appaltatore che assume l’incarico di realizzare le opere edilizie.
La responsabilità del proprietario
Come si può notare, la norma in commento non menziona espressamente il proprietario tra i responsabili degli abusi edilizi.
Soprattutto sul piano penale si è, dunque, posto il problema di stabilire se anche tale soggetto possa essere chiamato a rispondere degli abusi, nell’ipotesi in cui egli non sia né il titolare del permesso, né il committente, e non abbia, comunque, preso parte all’esecuzione delle opere abusive.
Un primo orientamento, argomentando sulla base dell’art.
42 Cost. e dell’art.
40, comma 2, c.p., riconosceva una responsabilità omissiva in capo al soggetto che fosse consapevole della realizzazione di interventi abusivi da parte di terzi sull’immobile di sua proprietà e che non fosse intervenuto per evitare la commissione dell’illecito.
Altre decisioni, invece, avevano ritenuto sussistente un concorso morale con gli autori materiali dell’abuso, sottolineando che, proprio grazie alla tolleranza del proprietario, l'autore dell'illecito è lasciato nella disponibilità del terreno che gli consente di costruire l'opera priva di titolo.
La più recente e maggioritaria giurisprudenza, invece, ritiene che il proprietario rimasto completamente estraneo all’attività edificatoria abusiva non possa essere chiamato a risponderne, non sussistendo alcuna norma di legge che gli imponga l'obbligo giuridico di impedire o di denunciare la condotta illecita posta in essere da terzi.
In assenza di qualsiasi contributo di natura materiale o morale all'attività di illecita trasformazione del territorio effettuata da terzi, quindi, la mera inerzia del proprietario non assume alcun rilievo di carattere penale.
La responsabilità del Direttore dei lavori
Una ulteriore figura qualificata come responsabile, in aggiunta ai soggetti sopra menzionati, per l'attività edificatoria non conforme alle prescrizioni del permesso di costruire è il Direttore dei lavori.
Egli riveste, infatti, un ruolo di garanzia derivante dal concreto ed effettivo obbligo di vigilanza sull'esecuzione delle opere edilizie poste sotto la sua direzione tecnica.
Ai fini dell’esclusione della responsabilità, l’articolo in commento impone al Direttore dei lavori di dissociarsi esplicitamente dalla condotta illecita altrui, contestando la violazione delle prescrizioni del permesso di costruire, con esclusione delle varianti in corso d'opera, fornendo al dirigente o responsabile del competente ufficio comunale contemporanea e motivata comunicazione della violazione.
Nelle ipotesi più gravi di abuso, ossia in caso di totale difformità o di variazione essenziale rispetto al permesso di costruire, il direttore dei lavori deve anche rinunciare all'incarico contestualmente alla comunicazione resa al dirigente comunale.
La mancata rinuncia all’incarico, infine, dà luogo anche ad una sanzione di natura disciplinare a carico del professionista.
La responsabilità del progettista per gli interventi oggetto di SCIA
L’ultimo comma tratta della responsabilità del progettista che rende la dichiarazione asseverata che accompagna la presentazione della SCIA e che attesta che l’intervento è conforme agli strumenti urbanistici approvati e non in contrasto con quelli approvati e ai regolamenti edilizi vigenti, oltre al rispetto delle norme di sicurezza ed igienico-sanitarie.
Il professionista in tal caso riveste la qualità di persona esercente un servizio di pubblica necessità e la relativa responsabilità costituisce una sorta di contrappeso alla facoltà concessa al privato di sottoporre le opere ad un controllo successivo da parte dell’Ente pubblico, a differenza di quanto accade invece nell’ipotesi di richiesta di rilascio del permesso di costruire.