AUTORE:
Gloria Biundo
ANNO ACCADEMICO: 2015
TIPOLOGIA: Tesi di Laurea Magistrale
ATENEO: Universitą degli Studi del Piemonte Orientale A. Avogadro
FACOLTÀ: Giurisprudenza
ABSTRACT
È noto che il sistema cautelare costituisce, nella trama di un ordinamento processuale, una fra le chiavi di lettura più sensibili: valori, ideologia, funzioni del rito penale vengono da esso portati alla luce con particolare evidenza, non fosse altro perché le limitazioni alla libertà personale del minore imputato sono il primo, il più clamoroso e il più aspro terreno di scontro fra le ragioni dello Stato e quelle del singolo. Cosi, anche nel procedimento a carico di minorenni, lo strumentario precautelare e cautelare è portatore delle istanze più coraggiosamente innovative del rito minorile e, al contempo, delle contraddizioni e ambiguità che di esse sono conseguenza. Lo scopo di questa tesi è quello di analizzare la disciplina, ricostruirne punti di forza e debolezza e individuare direttrici di evoluzione del sistema e prospettive di riforma da coltivare.
Il nostro paese si è contraddistinto per una normativa processuale specifica per i minori varata nel 1988 con il d.P.R. 448 che prevede una serie di istituti innovativi tendenti ad evitare la detenzione per il minore autore di reato. In nome del principio di minima offensività e dell’individualizzazione dei provvedimenti processuali a beneficio dell’imputato minorenne, il d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 ha introdotto “nuove” misure specifiche sia precautelari che cautelari ridisegnandone i presupposti operativi. Inoltre, tra le pieghe del sistema cautelare minorile, traspare lo sforzo di non compromettere i percorsi educativi in atto nell’esistenza del minorenne imputato, cercando di concepire risposte non sterilmente punitive ma rispettose delle peculiarità e delle potenzialità elevatissime di cui i minori sono portatori. Nella prospettiva del legislatore minorile, in altri termini, è palese come i provvedimenti cautelari e precautelari vengono visti, se non come strumenti, almeno come occasioni di intervento risocializzante.
Altro problema di fondo è l’entusiasmo pedagogico del legislatore minorile che rischia sovente di inquinare obiettivi, procedimenti e garanzie del sistema cautelare, si pensi al ruolo non sempre chiaro dei servizi sociali anche nei rapporti con gli inquirenti e con l’organo giudicante. Gli impulsi al cambiamento sono arrivati anche dalla dottrina che ha indicato con precisione quale dovrebbe essere l’oggetto di una riforma a favore dei minori ristretti e che, in particolare, ha espresso la necessità di rivedere le sanzioni nei confronti dei minori autori di reato prevedendo la possibilità di comminare sanzioni alternative al carcere già in sede di condanna. Da questa attenta analisi ne emerge l'idea che si continui a ravvisare in questo sistema non una giurisdizione specializzata "per i minori" - che aggiunge a tutte le complessità di quella per adulti la difficoltà di rivolgersi ad una realtà umana vulnerabilissima - bensì una "giurisdizione minore", che vive di luce riflessa, nell'ambito della quale talvolta non si considerano importanti conseguenze sistematiche.
Il nostro paese si è contraddistinto per una normativa processuale specifica per i minori varata nel 1988 con il d.P.R. 448 che prevede una serie di istituti innovativi tendenti ad evitare la detenzione per il minore autore di reato. In nome del principio di minima offensività e dell’individualizzazione dei provvedimenti processuali a beneficio dell’imputato minorenne, il d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 ha introdotto “nuove” misure specifiche sia precautelari che cautelari ridisegnandone i presupposti operativi. Inoltre, tra le pieghe del sistema cautelare minorile, traspare lo sforzo di non compromettere i percorsi educativi in atto nell’esistenza del minorenne imputato, cercando di concepire risposte non sterilmente punitive ma rispettose delle peculiarità e delle potenzialità elevatissime di cui i minori sono portatori. Nella prospettiva del legislatore minorile, in altri termini, è palese come i provvedimenti cautelari e precautelari vengono visti, se non come strumenti, almeno come occasioni di intervento risocializzante.
Altro problema di fondo è l’entusiasmo pedagogico del legislatore minorile che rischia sovente di inquinare obiettivi, procedimenti e garanzie del sistema cautelare, si pensi al ruolo non sempre chiaro dei servizi sociali anche nei rapporti con gli inquirenti e con l’organo giudicante. Gli impulsi al cambiamento sono arrivati anche dalla dottrina che ha indicato con precisione quale dovrebbe essere l’oggetto di una riforma a favore dei minori ristretti e che, in particolare, ha espresso la necessità di rivedere le sanzioni nei confronti dei minori autori di reato prevedendo la possibilità di comminare sanzioni alternative al carcere già in sede di condanna. Da questa attenta analisi ne emerge l'idea che si continui a ravvisare in questo sistema non una giurisdizione specializzata "per i minori" - che aggiunge a tutte le complessità di quella per adulti la difficoltà di rivolgersi ad una realtà umana vulnerabilissima - bensì una "giurisdizione minore", che vive di luce riflessa, nell'ambito della quale talvolta non si considerano importanti conseguenze sistematiche.