L’articolo 178 disciplina la
durata delle concessioni, fissando i principi che regolano la determinazione temporale di tali rapporti. Il
legislatore, nel recepire le direttive europee, pone al centro l’esigenza di limitare la durata contrattuale per evitare la cristallizzazione di posizioni di privilegio e garantire l’accesso concorrenziale al mercato. La durata, pertanto, deve essere strettamente correlata all’oggetto della concessione e, nelle ipotesi di contratti pluriennali, al tempo necessario per consentire al concessionario il recupero degli investimenti e un’adeguata remunerazione del capitale. Viene inoltre previsto che i documenti di gara chiariscano il termine massimo della concessione, con regole specifiche in caso di utilizzo della durata come criterio di aggiudicazione. Particolare attenzione è riservata alle proroghe, ammesse solo in circostanze tassativamente definite, e alle concessioni autostradali, per le quali è stabilito un regime transitorio gestito direttamente dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Il
comma 1 stabilisce che la
durata delle concessioni deve essere
limitata e determinata dall’ente concedente in funzione dei lavori o dei servizi richiesti. Si ribadisce così che la concessione non può essere concepita come un rapporto indefinito o tendenzialmente perpetuo, ma deve avere una durata
congrua e proporzionata, che rifletta le caratteristiche dell’intervento e il livello degli investimenti richiesti. La scelta della durata rientra, dunque, in una valutazione discrezionale dell’amministrazione, che deve tuttavia rispettare criteri di ragionevolezza e proporzionalità.
Il
comma 2 introduce una regola specifica per le concessioni di
durata superiore a 5 anni. In tali casi, la durata massima
non può eccedere il tempo ragionevolmente necessario affinché il concessionario recuperi gli investimenti sostenuti e ottenga un ritorno sul capitale investito. Il legislatore non si limita a un riferimento generico, ma include tra gli elementi da considerare gli investimenti richiesti per perseguire specifici obiettivi contrattuali, quali la qualità del servizio, il contenimento dei prezzi per gli utenti o l’adozione di standard elevati di sostenibilità ambientale.
Il
comma 3 chiarisce che, nel calcolo della durata della concessione, devono essere considerati non solo gli investimenti iniziali, ma anche quelli che il concessionario realizza
in corso di rapporto. Questa precisazione ha una valenza significativa, poiché riconosce che la concessione non è un rapporto statico: nel tempo possono essere richiesti nuovi adeguamenti, migliorie o interventi aggiuntivi che comportano ulteriori costi.
Il
comma 4 impone che la
durata massima della concessione sia
indicata nei documenti di gara, salvo che la durata stessa costituisca criterio di aggiudicazione. In quest’ultima ipotesi, infatti, la competizione tra i concorrenti avviene proprio sulla base della proposta di durata, entro limiti ragionevoli fissati dalla stazione appaltante.
Il
comma 5 introduce il
principio di non prorogabilità delle concessioni. Esse non possono essere estese oltre il termine originariamente stabilito, salvo l’ipotesi eccezionale della revisione prevista dall’
art. 192 del nuovo codice appalti, comma 1, che disciplina i casi di modifica dei contratti in corso di esecuzione. Una deroga assoluta è invece prevista per i contratti aggiudicati senza gara ai sensi dell’
art. 186 del nuovo codice appalti, comma 2, che non possono in nessun caso essere prorogati.
Sempre al comma 5, la norma affronta un caso specifico relativo alle
concessioni autostradali. Alla scadenza del
contratto, nelle more della selezione del nuovo concessionario, la gestione transitoria delle tratte viene affidata al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Quest’ultimo ha il compito di individuare il modello di gestione più idoneo, anche tenendo conto delle condizioni economiche e delle peculiarità della singola tratta, al fine di garantire standard adeguati di sicurezza e di viabilità.