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Articolo 186 Nuovo Codice Appalti (D. Lgs. 36/2023)

(D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36)

[Aggiornato al 21/05/2025]

Affidamenti dei concessionari

Dispositivo dell'art. 186 Nuovo Codice Appalti (D. Lgs. 36/2023)

1. Agli appalti affidati dai concessionari che siano stazioni appaltanti si applicano le disposizioni del codice in materia di appalti.

2. I titolari di concessioni di lavori e di servizi pubblici, ad esclusione di quelli disciplinati dal Libro III, già in essere alla data di entrata in vigore del codice, di importo pari o superiore alle soglia di rilevanza europea, e non affidate conformemente al diritto dell’Unione europea vigente al momento dell’affidamento o della proroga, affidano mediante procedura ad evidenza pubblica una quota tra il 50 per cento e il 60 per cento dei contratti di lavori, servizi e forniture stabilita convenzionalmente dal concedente e dal concessionario; l’ente concedente tiene conto delle dimensioni economiche e dei caratteri dell’impresa, dell’epoca di assegnazione della concessione, della sua durata residua, del suo oggetto, del suo valore economico e dell’entità degli investimenti effettuati. L’affidamento avviene mediante procedura ad evidenza pubblica, con la previsione di clausole sociali per la stabilità del personale impiegato e per la salvaguardia delle professionalità.

3. In caso di comprovata indivisibilità delle prestazioni di servizi dedotte in concessione, in sostituzione dell’obbligo di esternalizzazione di cui al comma 2, il concessionario corrisponde all’ente concedente un importo compreso tra il minimo del 5 per cento ed il massimo del 10 per cento degli utili previsti dal piano economico-finanziario, tenendo conto dell’epoca di assegnazione della concessione, della sua durata, del suo oggetto, del suo valore economico e dell’entità degli investimenti.

4. Le concessioni di cui ai commi 2 e 3 già in essere sono adeguate alle predette disposizioni entro il termine di sei mesi dall’entrata in vigore del codice.

5. Le modalità di calcolo delle quote di cui comma 2, primo periodo, sono definite dall’ANAC entro il termine di sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del codice. Sull’applicazione del presente articolo vigila l’ANAC anche tenuto conto del valore delle prestazioni eseguite.

6. Per i concessionari autostradali, le quote e i criteri di determinazione di cui al comma 2 sono calcolati sulla base degli importi risultanti dai piani economici finanziari annessi agli atti convenzionali. La verifica del rispetto delle predette soglie è effettata dal concedente con cadenza quinquennale. A tal fine, i concessionari presentano al concedente il piano complessivo dei lavori, servizi e forniture. Ove siano accertate situazioni di squilibrio rispetto alle quote obbligatorie di affidamento indicate dal comma 2, primo periodo, in sede di aggiornamento del rapporto concessorio sono adottate misure di riequilibrio a valere sui relativi piani economici finanziari. Nell’ipotesi di mancato rispetto delle quote di cui al comma 2, l’ente concedente può altresì richiedere al concessionario la presentazione di garanzie fideiussorie. Tali garanzie fideiussorie sono svincolate in sede di aggiornamento del piano economico-finanziario ove sia accertato il rispetto delle quote di cui al comma 2.

7. Le concessioni autostradali relative ad autostrade che interessano una o più regioni possono essere affidate dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti a società in house di altre amministrazioni pubbliche anche appositamente costituite. A tal fine il controllo analogo sulla predetta società in house può essere esercitato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti attraverso un comitato disciplinato da apposito accordo ai sensi dell’articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, che eserciti sulla società in house i relativi poteri.

Spiegazione dell'art. 186 Nuovo Codice Appalti (D. Lgs. 36/2023)

L’articolo 186 disciplina gli obblighi che gravano sui concessionari in materia di affidamento dei contratti, con particolare attenzione a quelli che, pur non essendo stati inizialmente sottoposti alle regole della concorrenza europea, risultano comunque di rilevanza significativa per l’ordinamento. La norma distingue i casi in cui i concessionari assumono anche la veste di stazioni appaltanti, da quelli in cui operano come meri titolari di concessioni già in essere.

Vengono previsti obblighi di gara pubblica su quote rilevanti di appalti e forniture, con possibilità di sostituzione mediante corrispettivo economico all’ente concedente in ipotesi di comprovata indivisibilità delle prestazioni.

Il legislatore si concentra anche sulle concessioni autostradali, introducendo regole specifiche di vigilanza e riequilibrio, nonché la possibilità di affidare direttamente a società in house la gestione di infrastrutture strategiche.

Il legislatore, al comma 1, chiarisce che, quando il concessionario riveste la qualifica di stazione appaltante, trova applicazione il complesso delle regole del Codice in materia di appalti. Si evita così che la posizione di concessionario possa costituire un modo per aggirare i principi di evidenza pubblica e concorrenza.

Il comma 2 si occupa dei titolari di concessioni di lavori e servizi già esistenti alla data di entrata in vigore del Codice, purché non affidate secondo le regole dell’Unione Europea. Per queste concessioni, quando l’importo supera le soglie comunitarie, sorge l’obbligo di affidare con gara pubblica una quota consistente (tra il 50% e il 60%) dei contratti di lavori, servizi e forniture. La misura della quota è determinata di comune accordo tra concedente e concessionario, con valutazione che tiene conto di molteplici fattori: caratteristiche dell’impresa, anzianità della concessione, durata residua, oggetto, valore e investimenti effettuati.

Qualora le prestazioni oggetto della concessione siano indivisibili e non possano essere suddivise per esternalizzazione, il comma 3 prevede che il concessionario non è tenuto a rispettare la quota di affidamento di cui al comma 2. In sostituzione, deve versare al concedente un corrispettivo monetario pari al 5-10% degli utili attesi secondo il piano economico-finanziario. L’obiettivo è riequilibrare la posizione del concessionario, evitando che questi mantenga un vantaggio competitivo indebito.

Il legislatore, al comma 4, impone che le concessioni già in essere e rientranti nell’ambito applicativo dei commi 2 e 3 vengano adeguate entro 6 mesi dall’entrata in vigore del Codice.

Il comma 5 attribuisce all’ANAC un ruolo centrale nella definizione delle modalità di calcolo delle quote di esternalizzazione. L’Autorità deve provvedere entro 60 giorni dall’entrata in vigore del Codice, a conferma del carattere urgente della riforma.
All’ANAC spetta anche la vigilanza sull’applicazione della norma, con particolare riguardo al valore delle prestazioni eseguite.

Il comma 6 prevede una disciplina specifica per i concessionari autostradali. Le quote e i criteri di calcolo tengono conto dei piani economici e finanziari allegati agli atti convenzionali, rafforzando la connessione con i documenti che regolano la concessione. La verifica del rispetto delle soglie è periodica (ogni 5 anni) ed è effettuata dall’ente concedente sulla base del piano complessivo dei lavori, servizi e forniture che i concessionari devono presentare. Se emerge uno squilibrio rispetto alle quote obbligatorie, il riequilibrio deve avvenire in sede di aggiornamento del rapporto concessorio, con incidenza diretta sul piano economico-finanziario. È prevista anche la possibilità che l’ente concedente richieda garanzie fideiussorie, che saranno svincolate una volta verificato il rispetto delle quote.

Infine, il comma 7 introduce una disciplina speciale per le concessioni autostradali che interessano più Regioni. Esse possono essere affidate direttamente dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti a società in house di altre amministrazioni pubbliche, anche appositamente create.
Per garantire la compatibilità con i principi dell’in house providing, è previsto che il controllo analogo sia esercitato dal MIT attraverso un comitato istituito con accordo ex art. 15 della legge sul proc. amministrativo.

Rel. C.d.S. al Codice dei Contratti

(Relazione del Consiglio di Stato al Codice dei Contratti del 7 dicembre 2022)

186 
Com’è noto, l’art. 177 comma 1 - e in via conseguenziale i commi 2 e 3 del vecchio codice - sono stati dichiarati incostituzionali dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 218 del 2021, poiché la stessa disposizione contenuta nella legge delega è stata ritenuta “irragionevole”. Segnatamente, la Corte ha evidenziato che il legislatore (già nella legge delega) non aveva optato per il “mezzo più mite”, fra quelli idonei a raggiungere lo scopo, scegliendo, fra i vari strumenti a disposizione, quello che determina il sacrificio minore.

La disamina dell'evoluzione normativa a livello europeo restituisce l'immagine di una disciplina in costante oscillazione, ma comunque piuttosto stabile nell'escludere un radicale obbligo di affidamento a terzi, finanche per le concessioni già assentite, rinnovate o prorogate (Corte costituzionale, sentenza n. 218 del 2021).

La Corte costituzionale pare suggerire al legislatore l’adozione di una nuova disposizione che sia però ragionevole e proporzionale e che tenga conto di talune indicazioni (qui tradotte in indicatori economici).

La legge delega non offre indicazioni nel senso di eliminare l’obbligo di affidamento a terzi. Anzi. Il legislatore delegante prevede espressamente, tra i criteri direttivi, di disciplinare le concessioni in essere alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1 e non affidate con la formula della finanza di progetto, ovvero con procedure di gara ad evidenza pubblica secondo il diritto dell'Unione europea, «con specifico riguardo alle situazioni nelle quali sussiste l'obbligo, secondo criteri di gradualità e proporzionalità e tenendo conto delle dimensioni e dei caratteri del soggetto concessionario, dell'epoca di assegnazione della concessione, della sua durata, del suo oggetto e del suo valore economico, di affidare a terzi, mediante procedure di evidenza pubblica, parte dei contratti di lavori, servizi e forniture relativi alle medesime concessioni, garantendo la stabilità e la salvaguardia delle professionalità del personale impiegato».

Ebbene, la Corte fornisce al legislatore indicazioni su come eventualmente riscrivere la disposizione:

1) necessità di differenziare o graduare l’obbligo, in ragione dell’interesse alla concorrenza, considerando:

a) le dimensioni della concessione, con la necessità di stabilire una nuova soglia (apparendo a tale fine di scarso rilievo la prevista soglia di applicazione alle concessioni di importo superiore a 150.000 euro, normalmente superata dalla quasi totalità delle concessioni);

b) le dimensioni e i caratteri del soggetto concessionario, con la necessità di distinguere per tipologia di concessionario;

c) l'epoca di assegnazione della concessione;

d) la sua durata;

e) il suo oggetto;

f) il suo valore economico.

2) necessità di considerare l'interesse dei concessionari i quali, per quanto possano godere tuttora di una posizione di favore derivante dalla concessione ottenuta in passato, esercitano nondimeno un'attività di impresa per la quale hanno sostenuto investimenti e fatto programmi, riponendo un relativo affidamento nella stabilità del rapporto instaurato con il concedente;

3) necessità di considerare l’interesse del concedente, degli utenti del servizio, nonché del personale occupato nell’impresa;

4) inammissibilità dell’introduzione di un obbligo radicale e generalizzato di esternalizzazione;

5) necessità di calibrare l'obbligo di affidamento all'esterno sulle varie e alquanto differenziate situazioni concrete.

La Corte evidenzia che gli interessi di cui ai punti 2) e 3), per quanto comprimibili nel bilanciamento con altri ritenuti meritevoli di protezione da parte del legislatore, non possono essere tuttavia completamente pretermessi, come risulta essere accaduto invece nella scelta legislativa in esame.

Gli indicatori chiave di impatto di analisi economica offerti dalla sentenza della Corte costituzionale e che sono stati presi in considerazione nella riscrittura della disposizione normativa sono i seguenti:

1) distinzione sul tipo di concessionario alla luce del ruolo economico;

2) distinzione sul tipo di soglia (sicuramente superiore a 150.000 euro);

3) distinzione sul tipo di percentuale (inferiore all’80%).

Al comma 2, pertanto, nell’ordine, si è proceduto a:

a) sostituire la irrisoria soglia di 150.000 euro nell’importo pari o superiore alle soglie di rilevanza comunitaria;

b) prevedere che sia proprio l’Amministrazione concedente, che meglio conosce la singola concessione, a “modulare” l’obbligo di esternalizzazione, stabilendo però, in via generale, una quota minima e massima (quota massima e minima che sono lasciate in bianco, venendo rimesse al decisore politico), nonché gli elementi che la stessa deve prendere in considerazione, quali:

- epoca di assegnazione della concessione;

- durata residua della concessione;

- oggetto della concessione;

- valore economico della concessione;

- entità degli investimenti effettuati.

Si precisa che, per realizzare le sue finalità ‘compensative’ della violazione del diritto della concorrenza, l’obbligo di esternalizzazione deve andare a vantaggio di operatoti economici ‘terzi’ (in tal senso, l’obbligo in esame non potrebbe ritenersi soddisfatto nel caso di affidamento a una controllata o a una collegata del concessionario).

c) si è prevista la fissazione di una quota minima e massima diversa a seconda che siano contratti di lavori o contratti di servizi e forniture.

Ciò in quanto si è ritenuto che l’applicazione dei principi di cui all’art. 186 non possa – in base ad un principio di realtà - essere uniformemente regolato per i lavori, i servizi e le forniture. Nello specifico, mentre per i lavori è infatti possibile immaginare una regola generale e un mercato di riferimento ampio ed efficiente, non è possibile fare altrettanto per i servizi, che sono riconducibili a realtà profondamente diverse da caso a caso, tanto da sfuggire a qualsiasi forma di regolazione indistinta.

Più nello specifico, si osserva che i servizi possono essere indivisibili e quindi anche nell’ipotesi di percentuali molto basse di obbligo all’esternalizzazione potrebbero ricadere in quella sproporzione già platealmente censurata dalla Corte costituzionale (si consideri, ad esempio, il caso dei servizi di gestione di parcheggi in concessione già costruiti e funzionanti che hanno come possibile esternalizzazione la sola gestione); inoltre, non è possibile presupporre astrattamente in ogni comparto dei servizi l’esistenza di un mercato a valle, ovvero l’esistenza di un mercato efficiente.

L’ultimo periodo del comma reca una disposizione specificamente riguardante le concessioni autostradali; anche in questo caso la determinazione dell’aliquota percentuale è rimessa al decisore politico.

La gestione dei servizi costituisce il principale contributo di efficienza prodotto dagli investimenti effettuati da investitori istituzionali.

Al comma 2 si è conservata la disposizione che prevedeva l’inserimento di clausole sociali per la stabilità del personale impiegato e per la salvaguardia delle professionalità, esigenza evidenziata dalla stessa Corte costituzionale.

Alla luce di tali considerazioni, al comma 3 – per il quale si prospettano due stesure, alternative fra loro o eventualmente anche cumulative - si è ritenuto di precisare che:

• in caso di comprovata indivisibilità delle prestazioni di servizi dedotte in concessione, in sostituzione dell’obbligo di esternalizzazione, il concessionario corrisponda all’ente concedente un importo compreso tra il minimo del 5% ed il massimo del … [dato che non si specifica, rimettendolo al decisore politico] degli utili previsti dal Piano economico-finanziario, tenendo conto dell’epoca di assegnazione della concessione, della sua durata, del suo oggetto, del suo valore economico e dell’entità degli investimenti.

La seconda versione del comma prevede che:

• in caso di comprovata indivisibilità delle prestazioni di servizi dedotte in concessione, in luogo dell’obbligo di esternalizzazione, la durata della concessione è ridotta dall’ente concedente in misura non superiore al 10% rispetto a quella originariamente stabilita, tenendo conto dell’epoca di assegnazione della concessione, della sua durata, del suo oggetto, del suo valore economico e dell’entità degli investimenti.

Al comma 1, invece, per evitare qualunque equivoco, come già previsto all’art. 164, comma 4 del vecchio codice, è precisato che agli appalti affidati dai concessionari che siano stazioni appaltanti si applicano le disposizioni del codice in materia di appalti.

Il comma 4 prevede il termine entro il quale le concessioni di cui ai commi 2 e 3 devono essere adeguate alla nuova disciplina. La determinazione di tale termine, per le concessioni autostradali, è rimessa al decisore politico.

Al comma 5, infine, si precisa che le modalità di calcolo delle quote di cui comma 2 sono definite dall’ANAC entro un termine la cui fissazione è rimessa al decisore politico, evidenziando che sull’applicazione dell’art. 186 vigila l’ANAC, anche tenuto conto del valore delle prestazioni eseguite.

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