La vicenda aveva preso avvio dalla notifica della
cartella esattoriale nei confronti di un imprenditore, con la quale veniva richiesto il pagamento delle somme aggiuntive e delle sanzioni per le
omissioni contributive in riferimento ad un dipendente, la cui
prestazione lavorativa era stata resa a tempo pieno e non part time, come denunciato dal
datore di lavoro.
L’imprenditore aveva proposto
opposizione, ma questa era stata
rigettata sia in
primo grado che dalla Corte di
appello di Caltanissetta. Secondo i giudici di
merito la pretesa contributiva risultava fondata in quanto, in sede di accertamento ispettivo e di raccolta delle
dichiarazioni spontanee del lavoratore operata nell'immediatezza dei fatti da parte dagli
ispettori verbalizzanti, il lavoratore aveva inequivocabilmente confermato di aver svolto la prestazione di addetto al bancone per un tempo pari a cinquantasei ore a settimana. Secondo la Corte, agli effetti del reale assetto del rapporto, a nulla sarebbe rilevato il fatto che dai libri contabili risultasse una diversa articolazione dell'orario di
lavoro.
Avverso tale
sentenza, il datore di lavoro aveva proposto
ricorso in Cassazione.
La Corte di Cassazione si è espressa con l’
ordinanza n. 8445/2020, rigettando il ricorso. La Suprema Corte ha osservato che è già presente un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo il quale
“i verbali ispettivi fanno piena prova, fino a querela di falso, dei fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti, ivi compresa l'esistenza e provenienza delle dichiarazioni raccolte a verbale ma non anche delle valutazioni dell'ispettore o dei fatti non percepiti direttamente ma affermati dall'ispettore in base ad altri fatti”. Tale materiale probatorio è
liberamente valutabile e apprezzabile dal giudice e, qualora il suo specifico contenuto o il concorso di altri elementi renda superfluo l'espletamento di ulteriori mezzi istruttori, il giudice può anche considerarlo prova
sufficiente.
La Cassazione ricorda, inoltre, che, nel
processo di opposizione a cartella esattoriale, l'ente previdenziale, benché
convenuto, riveste la qualità di
attore in senso sostanziale; tuttavia, è sul datore di lavoro che grava l'
onere di
“provare le circostanze eccettuative dell'obbligazione contributiva, cioè le circostanze in base alle quali si ricadrebbe nell'ambito di una deroga dell'onere contributivo ordinariamente previsto”.
Secondo la Suprema Corte, i giudici di merito avevano fatto corretta applicazione dei summenzionati principi. Il fatto che, in sede di appello, fosse intervenuta una sentenza di assoluzione nei confronti del datore di lavoro dal reato ascrittogli di falsa testimonianza non ha alcuna rilevanza, posto che la Corte d’appello, “nell'esercizio di un potere insindacabile in sede di legittimità, ha valorizzato esclusivamente, con dovizia di argomentazioni, le dichiarazioni spontaneamente rese dal lavoratore agli ispettori verbalizzanti”.